Colata di cemento sul fossato di Brunelleschi: «sgomento e indignazione»

Colata di cemento sul fossato di Brunelleschi: «sgomento e indignazione»

Fanno il giro dell'Italia e dell'Europa le immagini di piazza Malatesta ricoperta da un pesante strato di cemento. Lì sotto ci sono 15 metri di piani inclinati, detti tecnicamente “scarpe” e “controscarpe” e una ricca stratificazione archeologica.

Nella foto d’apertura, l’enorme vasca di cemento per le fontane nell’invaso del fossato a ridosso della “controscarpa”, costruita malgrado i decreti ministeriali del 1915 e del 1991.

Le immagini della immensa cementata sul fossato di Castel Sismondo, opera di Filippo Brunelleschi, quello della grande cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze, fanno il giro dell’Italia e dell’Europa suscitando indignazione e sgomento.

Filippo Brunelleschi, la Cupola di Santa Maria del Fiore, Firenze.

Sotto la cementata selvaggia ci sono 15 metri di piani inclinati, detti tecnicamente “scarpe” e “controscarpe”, l’equivalente di un palazzo a due piani sopra quello terreno, un canyon, o come scrive Roberto Valturio, che l’aveva visto scavare e murare, il fossato era “come le piramidi” o “come le sponde di un fiume”. Era il fossato la novità vera di Castel Sismondo, come scrive ancora il Valturio: “magnae mentis et prraeccelentis ingenii opus”, opera di una grande mente e di un ingegno straordinario. A chi apparteneva la grande mente e l’ingegno straordinario? Ce lo dice Antonio di Tuccio Manetti, architetto fiorentino, giovane amico del vecchio architetto dell’immensa cupola di Santa Maria del Fiore: “[Filippo Brunelleschi] fece uno castello, fortezza mirabile al Signor Gismondo di Rimino”.

La cementificazione sopra il fossato di Filippo Brunelleschi (1437).

Gli esperti di architettura del Rinascimento dall’inizio del ‘900 hanno messo Castel Sismondo nel regesto delle opere del Brunelleschi, ma a Rimini la scarsa intelligenza critica degli storici locali ha snobbato questa fortuna. Pensate che significa dire: Rimini città del Rinascimento: tre generazioni di artisti prospettici, Filippo Brunelleschi il Castello, Leon Battista Alberti il Tempio e Piero della Francesca, qui la prospettiva è diventata balistica. E poi anche: Rimini città di Dante Alighieri, di Francesca e Paolo, di Parisina e Byron, delle donne di casa malatesta patrone dei pittori della scuola riminese del ‘300, di Sigismondo e Isotta, di D’Annunzio, di Ezra Pound.
Certamente, Rimini città di Fellini ma perché calare il cemento del “parco tematico Fellini” sul centro storico, su piazza San Martino, su piazza Malatesta, sul fossato e creare lo squallore che Rimini ha visto nell’immediato dopoguerra?

Piazza Malatesta avrà come “segno architettonico” una panchina circolare. Che trovata! Che invenzione!

In mezzo a piazza Malatesta cementata cosa hanno messo? Una panchina circolare. Che trovata! Che idea creativa! Che bella pensata sciatta da architetti mediocri degli anni ’50. Una panchina anonima di nessun posto in cambio di una ricca stratificazione archeologica di Rimini – le terme dei canonici, alcuni palazzi del Duecento, la città antica con i butti e sotto i mosaici romani -. Non per pretendere anche qui la soluzione di piazza Fellini, ma cementare che senso ha?
L’ossessione felliniana del sindaco arriva al punto di impersonare il motociclista di Amarcord posteggiando la moto nell’atrio del palazzo comunale, secondo la logica: “Io son io, e voi non siete un c…o”.

Sotto il cemento una selva di tubi funzionali ai vari servizi, che hanno coinvolto anche gli apparati radicali dei platani centenari.

Ma il Rex non ha potuto costruirlo a ridosso del castello per la grande serata dell’inaugurazione del Fellini Museum nel castello; pare che gli industriali non abbiano sborsato i soldi necessari.
Aveva lasciato intendere che non c’era il permesso della Soprintendenza. Ci chiediamo se anche questa cementata non abbia avuto il permesso della Sovrintendenza o se l’ha avuto era previsto un intervento tanto devastante.

Tutte le associazioni culturali di Rimini hanno criticato l’opera del sindaco, da Italia Nostra che si è rivolta al ministro Franceschini, al FAI, a Rimini Città d’Arte Renata Tebaldi, all’associazione Tempio Malatestiano di Alessandro La Motta.
La sera dei sons et lumières dell’inaugurazione i Riminesi veri, che non si lasciano incantare dalla politica ludica ed edonistica dell’effimero e del fellinismo d’accatto, si troveranno all’Arco dove si comincerà a discutere dei tempi e dei modi della de-fellinizzazione.

Giovanni Rimondini dell’associazione Rimini Città d’Arte Renata Tebaldi. Alla quale, Riminesi, dovete la ricostruzione filologica del Teatro di Luigi Poletti, usurpata dal sindaco e dall’Ufficio Tecnico.

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