Nell’anno orribile del turismo in provincia Rimini chiude la fila

Nell’anno orribile del turismo in provincia Rimini chiude la fila

I dati peggiori sul 2020 riguardano il capoluogo: presenze in calo del 47,7%.

L’avevamo già evidenziato avendo in mano solo i dati parziali di inizio stagione, ma adesso che il 2020 è completo, si ha la conferma: in un generalizzato calo di presenze da Bellaria a Cattolica, Rimini ha fatto segnare -47,7%. Il comune di Riccione si è fermato a -37,5%, -45,3% Bellaria-Igea Marina, -45,1% Cattolica, -41,4% Misano Adriatico. I comuni collinari -39,9%.
I numeri sono quelli ufficiali della Regione Emilia Romagna-fonte Istat e fanno riflettere perché in controtendenza rispetto a chi dipinge un capoluogo di provincia lanciato verso un presente e un avvenire turistico radiosi. I bilanci di fine anno dicono altro.

«I dati provvisori relativi al movimento turistico nell’anno 2020, per l’area Romagna (Forlì-Cesena e Rimini), rilevano una forte diminuzione annua degli arrivi (2.719.756 unità) del 44,9% e delle presenze (12.253.505 unità) del 43,5%: la clientela straniera è quella che ne risente maggiormente, facendo segnare un -67,3% negli arrivi e un -67,9% nelle presenze, mentre risulta più ridotto il calo del turismo nazionale (-39,3% di arrivi, -36,4% di presenze)», riepiloga la Camera di Commercio.
Se si passa alla provincia di Rimini la situazione è questa: «Forte diminuzione annua degli arrivi (2.052.571 unità) del 45,9% e delle presenze (9.030.695 unità) del 44,4%», quindi un calo superiore a quello della Romagna nel suo insieme. «La clientela straniera è quella che ne risente maggiormente, facendo segnare un -66,7% negli arrivi e un -67,3% nelle presenze, mentre risulta più ridotto il calo del turismo nazionale (-40,3% di arrivi, -37,2% di presenze). Eccetto gennaio e febbraio, dove gli effetti della pandemia non si erano ancora manifestati, tutti i mesi registrano risultati negativi; nel periodo estivo si riscontrano le perdite minori, con agosto che fa segnare “solo” un -5,8% degli arrivi e un -16,0% delle presenze, settembre che chiude con un -27,8% di arrivi e -28,3% di presenze e luglio con un -25,0% negli arrivi e un -40,1% nelle presenze».

Nel suo commento il presidente della Camera di commercio della Romagna, Alberto Zambianchi, parte da lontano ma non si spinge ad analizzare le performance dei territori: “Secondo l’Organizzazione Mondiale del Turismo, a causa della pandemia da Covid-19, nel 2020 il settore ha perso, a livello globale, 1.300 miliardi di dollari e, rispetto al 2019, il 74% degli arrivi internazionali. Dati questi che fanno dello scorso anno il peggiore nella storia del “turismo moderno”. Un anno che rappresenta anche un vero e proprio punto di “caduta” perché interrompe una crescita che durava da decenni, se si eccettua il rallentamento dovuto alla crisi globale del 2008-2009».
Sul versante romagnolo, aggiunge che i «nostri territori fanno registrare forti diminuzioni negli “arrivi” e nelle “presenze”, con ricadute molto pesanti sugli operatori del settore, sulle filiere a monte e a valle e su gran parte dell’economia territoriale».
Il tema ripresa passa, secondo Zambianchi, attraverso la capacità di «ridare impulso alla realizzazione delle infrastrutture materiali e immateriali di supporto, a partire da quelle che migliorano la capacità di apertura e scambio e, di fatto, rendono più competitivi e attrattivi i nostri territori. Va anche, poi, ricordato che la scorsa estate, appena gli effetti della pandemia hanno iniziato a rallentare, i turisti italiani sono tornati a premiare le nostre località con una crescita sensibile di arrivi, che ha rappresentato un segnale particolarmente incoraggiante. Ovviamente la capacità di risposta contingente non basta». Ma anche qui va segnalato che non tutte le località sono state premiate allo stesso modo.
«Il “rilancio”, che dobbiamo essere in grado di innescare e di consolidare anche nel prolungarsi della crisi sanitaria, passa attraverso ogni forma di innovazione e, soprattutto, forti iniziative di valorizzazione del Made in Italy. Aggiungo che tutto il settore turistico deve potersi giovare delle nostre specializzazioni strategiche, a partire dalle filiere più collegate e tradizionali, che rappresentano uno degli assi portanti del nostro mix economico. Detto con parole semplici e chiare, occorrono nuovi investimenti e nuove politiche di utilizzo dei Fondi Europei, che sono funzionali ad una visione sinergica. Penso, per esempio, a una “Ristorazione” e a un’“Industria dell’Alimentazione” che siano concretamente integrabili con “Cultura” e “Sostenibilità ambientale”».

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