No Fertility Day: quant’è scontata Gloria Lisi e come le vengono bene gli autogol

No Fertility Day: quant’è scontata Gloria Lisi e come le vengono bene gli autogol

Scontato come un tatuaggio sul polpaccio, sul collo o sul braccio (o dove volete voi). Scontato come "di chi è la colpa" dei morti provocati dal terre

Scontato come un tatuaggio sul polpaccio, sul collo o sul braccio (o dove volete voi). Scontato come “di chi è la colpa” dei morti provocati dal terremoto. Scontato come D’Alema contro Renzi. Scontato come “se mangi vegano non ti viene il cancro”. Scontato come un castello rinascimentale che dialoga con un teatro dell’800. O come un anfiteatro romano che si è stancato di dialogare con un asilo svizzero. Più scontato ancora è arrivato lo scontato no al fertility day dello scontato assessore al welfare Gloria Lisi (il suo comunicato odierno lo potete leggere qui sotto).
Tutti contro il fertility day, dopo che il ministro Lorenzin ha diffuso le cartoline che lanciano la giornata del 22 settembre (recita uno slogan: “La bellezza non ha età, la fertilità sì”). E contro anche Gloria Lisi.
La quale, sempre col comunicato pronto, ci ricorda che la campagna è goffa, inadeguata e offensiva. Che il problema sono i servizi che non ci sono e le famiglie non fanno figli per questo (che comunque è falso perché è anzitutto un problema culturale). Dice che a Rimini i servizi ci sono. E parte col solito elenco: il centro per le famiglie, i minori seguiti, i sussidi, il sostegno scolastico ai bambini delle famiglie in difficoltà, le famiglie in difficoltà. La macchina assistenziale a Rimini è forte (e anche un tantino obesa), lo sappiamo. Ma qui il tema è un altro.
Goffo o meno, il fertility day apre una riflessione vera: la carestia delle nascite in Italia, e Rimini non fa differenza. O, meglio, il suicidio demografico del nostro Paese. Nel 2015 in Italia sono nati appena in 486 mila bambini, il minimo mai raggiunto in 150 anni di storia patria. E’ un problema serio che ha conseguenze in termini di invecchiamento della popolazione, forza lavoro e immigrazione. Lo dicono i dati, non il ministro Lorenzin. Alle olimpiadi dell’invecchiamento, ha detto nei giorni scorsi il prof. Bernabei (direttore del Polo scienze dell’invecchiamento del Policlinico Gemelli), l’Italia è in finale col Giappone. E’ una questione leggermente più importante – per l’impatto oggettivo sulle città, le regioni, la nazione – del registro delle nozze gay.
Tutti devono fare qualcosa. Anche il Comune di Rimini. Tutto, però, tranne che le reazioni scontate e politicamente corrette, che ogni giorno riempiono i fossi. Che fa il Comune di Rimini? Dice Gloria Lisi che a fare la differenza sono, ad esempio, “servizi pubblici in grado di aiutarmi a crescerlo ed accudirlo, custodirlo…”, il figlio. Ecco, peccato che le liste d’attesa nei nidi siano lunghe, perché stando a dati recenti, anche se non aggiornati, il Comune di Rimini vanta un indice di copertura fra i più bassi in Regione e le rette più alte nei nidi comunali. Ecco, ad un amministratore pubblico si chiedono cure. Non proclami alla Saviano.

Fertility day : dichiarazione del Vicesindaco con delega alla protezione sociale del Comune di Rimini, Gloria Lisi

Una cosa è sicura, se l’obiettivo della campagna sul “Fertility day” per informare le donne sui problemi legati alla fertilità era quella di creare attenzione, è stato certamente raggiunto; peccato però si tratti, in grande parte, di attenzione critica che porta ad un giudizio negativo.
Personalmente, e come amministratore, non posso che essere anch’io fra i detrattori di questa iniziativa che, nel migliore dei casi, si è rivelata goffa e inadeguata, nel peggiore offensiva. Sicuramente non prende in considerazione una variabile fondamentale che un Ministro dovrebbe conoscere meglio di tutti noi; quello della terribile crisi economica, sociale e lavorativa in cui tutti noi stiamo ancora navigando. Di questa crisi chi ha pagato il prezzo più alto sono proprio le donne, che invece nella campagna sembrano essere additate come colpevoli del calo demografico italiano. Oltre alla crisi, inoltre, in Italia si sconta un’assenza storica di servizi di supporto alla genitorialità, quasi totalmente delegati alle famiglie e alla rete parentale.
Fare o non fare figli in Italia, oggi, non è più una libera scelta perché dipende; dipende se ho un lavoro e no, dipende se ho una rete parentale vicina in grado di supportarmi, dipende se ho dei servizi pubblici (perlopiù locali, dunque a macchia di leopardo) in grado di aiutarmi a crescerlo ed accudirlo, custodirlo, dipende se posso usufruire di agevolazioni o semplicemente di orari di lavoro flessibili, in grado di conciliare famiglia e lavoro.
Su questi temi, cruciali, l’Italia è tra gli ultimi posti in Europa. Ci riempiamo la bocca della famiglia, il tema diventa centrale ad ogni campagna elettorale, ma arrivati al dunque siamo il paese con meno servizi e flessibilità a favore delle famiglie e delle donne che lavorano.
Tutto questo, che in un paese normale sarebbero diritti, da noi non lo sono. Fare figli, allora, diventa tragicamente complicato. Farne uno in più un terno al lotto.
Un paese che non sostiene chi fa figli è un paese destinato al declino, lì sono le responsabilità, non nelle coppie. Anzi, anche contro ogni logica economica, sono ancora tante le coppie che anche provandoci, non riescono a diventare genitori per motivi altri rispetto a quelli culturali. Per loro, in particolare, risulta particolarmente sgradevole questa campagna di informazione, che non coglie nel segno e discrimina.
Se lo Stato latita, gli Enti locali sono abbandonati a loro stessi. Il Comune di Rimini sta facendo però la sua parte, perché la famiglia al centro non può essere uno slogan ma deve essere declinato in servizi concreti. Abbiamo fatto e stiamo facendo tanto, anche se tanto servirebbe e tanto rimane da fare.
Il Centro per le famiglie, per esempio, dove anche nel 2015 sono state accolte 3.500 famiglie, con più di 500 consulenze attivate. Le presenze nei corsi e nei laboratori attivati anche in altri ambiti, come quello ospedaliero o nei quartieri supera quota 1.600.
Ma non solo, uscendo dai muri di piazzetta dei Servi, sono oltre 300 ogni anno i minori seguiti con assistenza educativa, supporto in famiglia, inserimento in strutture, o trasporto sociale, circa 2 mila quelli a cui viene dato supporto pomeridiano per compiti e istruzione; 87 i nuclei famigliari numerosi (per un totale di 372 figli a carico) a beneficiare dei sussidi a favore delle famiglie numerose, come sono considerate quelle con quattro o più figli (circa 260 quelle residenti a Rimini). Oppure il progetto “Family card”, per acquistare beni di consumo con sconti riservati a famiglie in difficoltà, che anche nel 2015 ha dato supporto concreto a circa 200 famiglie.
Il diritto allo studio, stampella fondamentale per tante famiglie in difficoltà, a cui il Comune di Rimini copre l’80% della retta. Nel 2015, complessivamente, il costo annuo complessivo del sostegno scolastico di bambini e ragazzi svantaggiati, a carico del bilancio comunale, ha sfiorato i 3.5 milioni di euro, con i quali abbiamo anche coperto servizi prima seguiti dalla Provincia di Rimini e che sarebbero decaduti, come purtroppo in altre realtà anche a noi vicine.
Ce ne sarebbero altri ma mi fermo qui; il messaggio è chiaro, questi sono servizi (migliorabili e ampliabili, sempre) concreti che supportano famiglie e danno una mano, vera, ai genitori. Le chiacchiere invece discriminano e creano ulteriori tensioni. Spero che dal Governo ci arrivino nei prossimi mesi meno brochure o cartoline come quelle del “Fertility day” e più risorse e servizi per le famiglie; sarebbe questo l’unico volano oggi necessario per rendere meno pesante la quotidianità di tante famiglie e meno utopistico il sogno, purtroppo per tanti non ancora realizzato, di mettere al mondo dei figli senza per questo perdere il lavoro o cadere in miseria.

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