«Non mi farò sottrarre i miei figli dai servizi sociali»

«Non mi farò sottrarre i miei figli dai servizi sociali»

La denuncia accorata di una madre, che contesta le relazioni redatte dai servizi sociali di Rimini in base alle quali il Tribunale dei minori ha deciso un provvedimento, per ora provvisorio, di affido. Ecco l'intervista.

«Non mi farò sottrarre i miei figli, anzi, denuncio il comportamento tenuto dagli assistenti sociali che ha portato il Tribunale dei minori, a seguito di una rappresentazione della realtà che io contesto, a disporre un provvedimento provvisorio di affido ai servizi sociali».
Chi parla è la madre dei minori, E.D.G. (le iniziali), che si è rivolta al nostro giornale per denunciare quella che ritiene una ingiustizia e «una precisa volontà da parte dei servizi sociali». Parole forti, che descrivono anche lo stato d’animo di chi le pronuncia, parecchio provata per tutto quello che sta passando.
La storia è di quelle complesse e dolorose. Una separazione definita «altamente conflittuale» fra i genitori e tutte le conseguenze che, ovviamente, si ripercuotono sui figli. Non si tratta quindi di “patteggiare” per una delle parti in conflitto, ma di raccontare una vicenda che ha non pochi punti interrogativi.
«Le relazioni dei servizi sociali mi dipingono in forte difficoltà a garantire uno stabile progetto di vita per i miei figli, ma lo fanno sulla base di elementi che voglio smentire», attacca la madre.

Qual è il problema?
«Sono separata da quattro anni e la situazione del mio nucleo familiare è in carico, con un compito di monitoraggio, ai servizi sociali di Rimini dal 2016. Ho avuto un lavoro a tempo determinato a Rimini dal 2016 al 2019, ma mi sono sempre guardata intorno per trovare una condizione lavorativa stabile, fino a quando ho vinto un concorso di ruolo presso l’Azienda Ospedaliera di Padova ed ho deciso di accettarlo per garantire maggiore stabilità e sicurezza ai miei figli, visto che le spese per l’appartamento e il loro mantenimento erano praticamente a mio carico. Il padre dei miei figli si oppone e non mi dà il consenso ad iscriverli nelle scuole della città nella quale avrei poi svolto per alcuni mesi il lavoro a tempo indeterminato, tanto che devo ricorrere al giudice tutelare, che invece autorizza il trasferimento dei minori nei nuovi istituti scolastici. Riesco a trovare un alloggio nei pressi delle scuole e della mia sede di lavoro, ma i servizi sociali sottolineano il fatto che non è quello che era stato indicato nel provvedimento del Tribunale di Rimini e, soprattutto, vengo accusata di «repentini mutamenti». Se ho scelto un alloggio più vicino alle scuole e al mio luogo di lavoro dove sta il problema? Non è forse meglio ai fini di una maggiore tranquillità e di un più regolare svolgimento delle nostre giornate molto “piene” quali sono quelle di una madre impegnata a gestire i propri impegni lavorativi e quelli di due figli? Se mi sono preoccupata di trovare un impiego stabile è forse un problema? Avrei dovuto rimanere disoccupata e finire in mezzo alla strada con due minori? Non solo…».

Poi cosa succede?
«Il giudice stabilisce che tutti i venerdì devo rientrare a Rimini perché i figli possano trascorrere il weekend col padre, ma le poche volte che non riesco a farlo il mio ex marito mi denuncia per mancata ottemperanza al decreto del giudice, però non viene mai a farci visita, pur avendo un reddito stabile. Inoltre nella nuova città non mi riconoscevano il diritto al sostegno scolastico per mio figlio e pagavo un affitto di 800 euro al mese. Così nel febbraio 2020, considerata anche la mia invalidità al 67/100 fondata sulla diagnosi di una malattia rara che mi ha provocato anche una paresi ischemica, ottengo la mobilità e potendo godere dei benefici di legge, mi trasferisco “in comando” a Rimini, abitando in un alloggio Erp. I servizi sociali in una relazione scrivono di non essere stati informati da me del rientro a Rimini, ma questo è smentito dalle comunicazioni che ho fatto loro. Sostengono anche che mi sarei voluta trasferire nella città di residenza dei miei genitori, ma non è assolutamente vero: sono andata da loro solo in occasione del Natale dello scorso anno. Anche sulla mia patologia e sui miei ricoveri ho sempre informato i servizi sociali. I quali sostengono che “a mio dire” sarei affetta da una malattia rara… non è una mia invenzione ma, purtroppo, la realtà, provata da referti medici. Ma l’aspetto più grave …».

Dica.
«Gli stessi servizi sociali sostengono che mio figlio sarebbe affetto da iperfagia… Ma stiamo scherzando? Non risulta da nessuna parte. O che sarebbe scappato di casa in preda ad un forte stato di agitazione. Non è vero. Così come viene scritto che durante il lockdown dei miei vicini di casa hanno segnalato ai servizi sociali urla, grida e pianti provenienti dal mio alloggio. Come scrive il mio legale nella memoria depositata in vista dell’udienza del 15 dicembre scorso, queste segnalazioni sono pervenute da una persona nei confronti della quale ho presentato numerose denunce e segnalazioni alle autorità competenti, per condotte offensive, minacciose e stalkerizzanti nei miei confronti, con tanto di fotografie. Ho informato di questo anche l’Acer che non a caso mi ha proposto un nuovo alloggio, che ho rifiutato perché troppo piccolo. Nelle relazioni si scrive che io assumerei farmaci chemioterapici quando invece faccio uso di immunosoppressori essendo affetta da una patologia autoimmune».

Quindi il 15 dicembre si è tenuta una udienza presso il Tribunale dei minori di Bologna?
«Sì, e l’assistente sociale non ha presenziato e così non c’è stata l’audizione del minore, ma potrà essere sentita nella prossima udienza programmata a gennaio. L’immagine che i servizi sociali tendono a dare di me non è veritiera: io non sono una persona instabile e poco collaboratrice, in questi anni ho dato il massimo per garantire stabilità e benessere ai miei figli, fino a vincere un concorso di ruolo, e senza ricevere collaborazione dal mio ex marito».

Come ha saputo del nuovo decreto che a metà ottobre ha affidato i minori ai servizi sociali di Rimini?
«Il 27 novembre sono stata contattata dall’assistente sociale che mi dice: Signora, è arrivato un decreto dal Tribunale dei minori in base al quale il nostro servizio ha ricevuto più potere di intervento… E ho capito subito di cosa si trattava. Aggiunge che intendeva convocarci per leggerci il decreto e notificarcelo. Ma da quando in qua un decreto viene notificato in questo modo? Così ho informato il mio legale che si è messo in contatto con l’assistente sociale e ha chiesto anche tutte le relazioni redatte dal servizio, ottenendo però un rifiuto. Per questo il 3 dicembre mi sono dovuta recare in Tribunale per chiedere e ottenere copia di quelle relazioni. Relazioni in base alle quali il 15 ottobre il Tribunale dei minori ha disposto il decreto provvisorio di affidamento dei minori al servizio sociale territorialmente competente, mentre il decreto definitivo del gennaio 2019 concludeva che non sussistono attualmente elementi di pregiudizio tali da influenzare negativamente il percorso di crescita psicofisico dei minori. E precisava che è comunque importante continuare a monitorare il nucleo a causa della conflittualità ancora presente seppure in forma minore rispetto al passato e il percorso evolutivo dei minori sia nella norma e risulti adeguato per età».

Sarà intervenuto qualcosa di nuovo fra i due decreti…
«Nel decreto provvisorio vengono richiamate fra le altre cose anche l’iperfagia, le segnalazioni dei vicini di casa, ed altri aspetti evidenziati dai servizi sociali che io contesto e smentisco. Nella sentenza di separazione si stabiliva che il padre dovesse reperire una sistemazione abitativa idonea che gli consentisse di poter ospitare i figli e non solo in due fine settimana al mese, cosa che non è avvenuta. Così come nelle relazioni dei servizi sociali non vengono raccontate una serie di problematiche che riguardano il modo in cui il padre “intende” la genitorialità, che invece conoscono bene, mentre non si risparmiano accuse nei mei confronti. Viene scritto che io avrei rifiutato un intervento di sostegno educativo per i miei figli, mentre sono stata io a richiederlo».

Il suo legale sostiene nella memoria depositata che il provvedimento provvisorio di affido ai servizi sociali appare quantomeno sproporzionato…
«Certo, e mi opporrò con tutte le mie forze. Come scrive il mio legale, i servizi sociali hanno spesso insistentemente esternato l’esigenza di poter avere più ampi poteri da parte del Tribunale dei minori, senza i quali non avrebbero potuto fare nulla di concreto. Ma un conto è la vigilanza e il monitoraggio dei servizi sociali, che avrebbero dovuto ottenere anzitutto una vera collaborazione del padre, anziché puntare il dito contro la sottoscritta, e un altro è imbastire una narrazione che potrebbe approdare ad affidare i miei figli ad una famiglia di supporto. Questo per me è un incubo, che mi sta distruggendo, e che percepisco come un abuso di potere. Se l’obiettivo è quello di sottrarmi i miei figli, io non ci sto».

Immagine: foto di repertorio da Pixabay

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