Comincia sabato l’edizione rinnovata del festival di poesia. Con i massimi poeti d’Italia a parlare di draghi e di unicorni. Resta un problema: mancano i dindi per il premio dei poeti under 35. Che in tre edizioni riuscitissime ha creato un archivio ‘mostruoso’ da 650 manoscritti.
15 anni di vita che valgono la pena di un ululato, anzi, di “un barbarico yawp sopra i tetti del mondo”, come direbbe Walt Whitman. L’edizione numero 14 di “ParcoPoesia”, il festival della poesia giovane nato ufficialmente a Riccione nel 2003, ma preceduto da una artigiana – e bellissima, come sono i frammenti ustionati della nostra giovinezza – edizione 0 nel 2002, si fa, si farà. Il Festival, costruito nel laboratorio della mente di Isabella Leardini, consolidato dalla sua tenacia, ha passato mille traversie, ma c’è ancora, come la fenice, in versione rinnovata. Dopo il trasloco da Riccione a Rimini, “ParcoPoesia” cambia, rilancia. Al Castel Sismondo dal 2012, ora, perso il supporto della Fondazione Carim, “ParcoPoesia” migra in molteplici giardini: si farà al Lapidario Romano del Museo della Città – dove il Festival apre sabato 22 luglio, alle 16 – poi nel giardino di Palazzo Lettimi, poi nella corte di Palazzo Ghetti, in concordia con la Festa del Borgo San Giovanni, infine nello spazio chic Felici Nove, presso l’arco d’Augusto. “Cambiando i luoghi, secondo me cambierà anche la natura del festival, che avrà una atmosfera più intima”, dice l’inossidabile Leardini, una vita spesa a insegnare la pratica terapeutica della poesia nelle scuole e nelle case di cura. Mi pare che la questione della cura, addirittura della salvezza sia implicito nel titolo del festival, La poesia è un drago. “Mi piace il drago come simbolo dell’invisibile, dell’unione tra le energie inconsce e la loro rappresentazione. Il drago non si fa mai vedere del tutto. Allo stesso modo, durante i miei laboratori, dico che i ragazzi, tramite la poesia, possono dire la loro verità mantenendo un elemento oscuro di cui non devono rendere conto a nessuno”. La formula, ad ogni modo, è la stessa: ‘laureati’ della poesia italiana recente – chessò, Roberto Mussapi, Rosita Copioli, Davide Rondoni, Umberto Piersanti, Francesca Serragnoli – si alternano a poeti più giovani. Su un tema, a questo giro, accattivante: “quest’anno mi interessava parlare dei simboli ancestrali, magnetici e imprevedibili. Ad esempio, Silvio Raffo ci parlerà dei rapporti tra le poetesse anglofone e l’unicorno”. Bestie miracolose che rimandano al miracolo grazie a cui “ParcoPoesia” c’è ancora. “Ho incontrato Terranova, uno di marchi del Gruppo Teddy, trovando l’interlocutore adatto al festival. Insieme, abbiamo altri progetti per coinvolgere i ragazzi nella scrittura”.
Insomma, sia lode a Terranova che mette i soldi. “Ma se non avessi avuto l’immediato supporto del Comune di Rimini, nella figura dell’Assessore Massimo Pulini, non avrei potuto fare nulla”, rimarca Isabella. Certo, il Comune mette spazi ed elementi minimi alla riuscita del festival. Fa quello che un Comune deve fare per la tutela del servizio culturale pubblico. “Per me è moltissimo”. Ci credo. Ma per me è pochissimo. Il Comune mette gli spazi – che sono ‘pubblici’, cioè dei riminesi, mica un bene privato – ma non caccia i soldi. Peccato però che quando il Comune fa una cosa strologata nelle aule degli Assessori, i soldi si trovino sempre. Ad esempio – cito la Determinazione dirigenziale n. 1598 – per la futura mostra (dal primo settembre al 29 ottobre) Centauri. Dai Malatesta ai piloti del Moto GP, che detta così pare un po’ paracula ma valuteremo sul merito, han trovato 11.165 euro solo per il “servizio di guardiania e custodia” – necessario, per carità. Con 11mila euro Isabella ti porta a Rimini anche i grandi poeti d’Europa, d’oltremanica, d’oltreoceano, averceli. Detto questo, però, oggi facciamo i bravi, tanti applausi alla passione di Isabella e un inchino al Comune. Va detto – e lo ripeto da un tot – tra l’altro, che in 15 anni di onorata attività poetica “ParcoPoesia” è diventato il grande archivio della poesia italiana contemporanea, giusto? “Vero. Solo che avendo avuto sempre pochi soldi non sono ancora stata in grado di sistemare i tanti materiali raccolti”. Di cosa parliamo? “Di nastri, cassette, ciddì. Ho registrazioni audio molto belle delle edizioni svolte a Riccione e tutto il girato degli anni riminesi. Ma soprattutto, è il Premio Rimini ad aver fatto archivio: dal 2014 ho raccolto circa 650 libri manoscritti. Alcuni di questi libri sono diventati pubblici, altri hanno vinto dei concorsi. Tra qualche anno avremo una testimonianza sociologica imponente della poesia di oggi”. E qui viene il punto dolente. Perché il Premio Rimini per la poesia under 35, “una formula unica in Italia”, voluto e sostenuto dalla Fondazione Carim, rischia davvero di morire dopo tre riuscitissime edizioni. “Per il momento non ho buone notizie. Spero che il premio continui, lo spero tanto, che in qualche modo qualcuno continui a custodirlo”. Dopo aver salvato “ParcoPoesia” ci vuole un altro miracolo, per non far morire la poesia a Rimini.
COMMENTI