Pd in panne: continua la fuga solitaria dei candidati, oggi è stato il turno dell’assessore «col nome strano»

Pd in panne: continua la fuga solitaria dei candidati, oggi è stato il turno dell’assessore «col nome strano»

Alla diretta Facebook delle 12 è stata ufficializzata la candidatura di Jamil Sadegholvaad. Nessuna sorpresa dal punto di vista dei contenuti. La notizia è un'altra: i Democratici sono sempre più divisi e senza regia.

Avanti c’è posto. In teoria tutti parlano di primarie per la scelta del candidato sindaco di Rimini in quota centrosinistra, in pratica regna la creatività. Il fai da te. Tutti parlano di «comunità», ma sta vincendo la divisione. L’un contro l’altro armati.
Oggi è stato il turno della continuità (ma anche la discontinuità, Emma Petitti, ha cominciato coi tour elettorali, partendo dal Caar, dopo aver messo, già tre mesi fa, la sua «esperienza politica a disposizione») con Gnassi. L’«assessore dal nome strano» (dal punto di vista della comunicazione non è detto sia una trovata geniale), come si è autodefinito, Jamil Sadegholvaad, con la diretta Facebook delle ore 12 ha annunciato di essere in campo per giocare la sua partita. Ha scelto di socializzare la fuga in avanti e nella diretta ha avuto meno di 400 persone collegate nei momenti di picco.
Sui contenuti che ha deciso di veicolare il riassunto non è difficile. Emozionato (come era normale che fosse), a tratti anche leggermente commosso, ha enunciato un programma che è tutto racchiuso in questa farse: «La strada maestra per quello che vogliamo fare è quella tracciata dal sindaco Gnassi nel 2016 e dal presidente Bonaccini appena un anno fa». Mettersi in gioco nel 2021, sotto la sferza della pandemia che tutto ha azzerato, prendendo a riferimento il tempo andato, rischia di farti partire con l’incipit sbagliato e quindi di bruciare l’intero libro.
La continuità interpretata da Jamil Sadegholvaad è un atto di fede, tanto che non avverte nemmeno l’esigenza di argomentarla. Non accade la stessa cosa ad esempio a Bologna. In una recente intervista il sindaco Virginio Merola ha speso queste parole: «Il Pd deve fare uno scatto e i contendenti devono tirare fuori le idee perché le primarie non siano una fiera delle vanità: devono parlare dei loro progetti anche in discontinuità con la mia amministrazione».
Anche perché la continuità, dopo la pandemia, rischia di non significare nulla, e Rimini sui «fondamentali» reclama discontinuità.
Gli spunti programmatici del debutto di Sadegholvaad sono deboli, possono catturare l’attenzione per pochi secondi, perché sono molto «liquidi» e a buon mercato: «lavoro di comunità», «insieme», «l’ascolto e il confronto», «nessuno escluso», «nuovo ciclo di rigenerazione», «no a logiche dirigistiche», «ambiente casa comune», «non è più il tempo della politica che sistemata se stessa sistema tutto». E abbiamo praticamente detto tutto. E’ un manifestino da lista civica per giovani che si affacciano per la prima volta sulla scena politica, non l’imprinting di uno che parla da sindaco e che ha maturato dieci anni a palazzo Garampi.
Ma non è questo l’aspetto decisivo della sortita politica dell’assessore. E’ un altro. La fotografia che descrive un Pd in preda al vuoto cosmico. Chi comanda nel Pd a Rimini? Pare nessuno.
Nella formula utilizzata da Jamil Sadegholvaad, «io non mi tiro indietro, il mio cuore è Rimini, quindi è certo che io ci sono e ci sarò», in realtà viene allo scoperto un passo in avanti a tutti gli effetti e una bandierina issata nel campo del Pd e del centrosinistra. Che si contrappone ad un’altra, quella di Emma Petitti. Anche lei autocandidatasi alla chetichella già a novembre. E a giudicare dalle reazioni che suscitò, si può dire che almeno Emma Petitti dispone di una rete a sostegno dentro il partito a Rimini.
Lo stesso Sadegholvaad dà l’impressione di considerare il Pd un ufficio postale, privo di autorità e di sintesi politica, nel quale si va a consegnare la corrispondenza destinata altrove: «Ho informato di questa mia disponibilità ad essere parte di questo progetto per Rimini, il sindaco Gnassi, il presidente Bonaccini, i rappresentanti del Pd e quelli dei movimenti civici nati in città». E’ già tanto che non abbia elencato il partito dopo i civici.
Tutto questo si registra all’interno di un Pd riminese nel quale gnassiani e non sono in aperto conflitto. Maurizio Melucci pubblica a puntate su Chiamamicittà una ricostruzione storico-politica utile a dimostrare che «Rimini ha cominciato a innovare» ben prima di Gnassi. L’ex vicesindaco del Comune di Rimini ha scritto qualche giorno fa sulla sua pagina Facebook che è «originale che il sindaco uscente decida il successore, non so in quali democrazie, forse in qualche paese sudamericano». O anche che condivide il progetto di fusione della Fiera di Rimini con quella di Bologna (sarà la «prima fiera italiana»), ma dando ragione a chi gli fa notare che sta avvenendo senza nessun confronto a livello locale e anzi in un assordante silenzio: «Purtroppo hai ragione», risponde al suo interlocutore. «Una fusione come quella in corso dovrebbe trovare spazio in un dibattito. Ovviamente con tutte le cautele dovute alla quotazione in borsa. Ma si tratta pur sempre di aziende pubbliche strategiche per i nostri territori».

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