La candidatura Petitti: un pugno di sabbia nell’ingranaggio della giostra di Gnassi

La candidatura Petitti: un pugno di sabbia nell’ingranaggio della giostra di Gnassi

Come leggere la mossa per nulla inattesa della fedele interprete degli umori del partito? Chi pensa che il suggeritore sia solo il solito Melucci si sbaglia di grosso. La fronda al sindaco è molto più ampia. E adesso sarà lui a dover giocare di rimando.

E’ scesa in campo la candidata vista come il fumo negli occhi dalla giunta attualmente insediata a palazzo Garampi. Potrebbe essere l’innesco per la tempesta perfetta, per dilaniare il Pd e con lui il centrosinistra, e farlo arrivare indebolito al voto del prossimo anno. Ma potrebbe anche non esserlo. Dipenderà dai giocatori di questa lunga partita. E si parla di giocatori nel campo del centrosinistra e in quello del centrodestra. Certo, anche il centrodestra, che se dovesse rinunciare a competere, oppure schierare una formazione di pensionati giusto per non toccare palla, non darebbe il minimo pensiero nemmeno ad un Pd sventrato da una guerra intestina. Per ora, come scrive Massimo Lugaresi, «tutto si gioca sulle rive piddine». E’ avvilente, ma così è. Non tanto per questioni di bandiera politica, quanto perché una città avviata verso il declino economico dovrebbe sollecitare le sue punte migliori a spendersi per la «ricostruzione».

La mossa di Emma Petitti non si spiega se non in una chiave tutta interna al Pd e da decifrare avendo come contraltare Andrea Gnassi. Dove sta il problema? Il sindaco in carica ama vincere da solo, decidere in solitaria e trattare alleati e partito di riferimento come inutili comparse, se non palle al piede. Ma fra gli alleati (intesi non solo come i rivoltosi di Patto civico ma anche come alcuni consiglieri di fede Dem che hanno raggiunto il limite della sopportazione) e nel Pd non ne possono più di questo andazzo e hanno deciso di dire basta. Di affrontare il principino.
Sbaglia chi immagina che la decisione di Emma Petitti sia stata personale o tuttalpiù ispirata dal solito Melucci. E’ ben più vasta l’area che ha spinto la presidente dell’assemblea legislativa dell’Emilia Romagna a compiere quel passo. Pesca nella base del partito, affatto rappresentato dal giovane Gnassi boys Filippo Sacchetti. La sua alzata di scudi è stata dettata dai pochissimi che fanno da sponda al sindaco all’interno del partito. Nel Pd di Rimini in maggioranza stanno con Emma Petitti, come conferma anche l’uscita di Vanni Lazzari. E’ Emma Petitti la personificazione delle relazioni, la formichina paziente e laboriosa che tiene i rapporti con gli iscritti, con le donne, con le forme organizzate e non. Mica Gnassi.

Andrea Gnassi sperava di arrivare ai tempi supplementari, a due passi dal voto del prossimo anno, senza intavolare nessuna trattativa col Pd e tirando fuori dal cilindro un’altra volta la carta della lista civica civetta. Se fosse l’avvelenata di Guccini potrebbe suonare così: “Voi che siete capaci fate bene ad aver le civiche piene e non solo i coglioni/ Che cosa posso dirvi? Andate e fate, tanto ci sarà sempre, lo sapete/ Un civico fallito, un pio, un teorete, un Pizzolante o un prete …” eccetera eccetera eccetera. Sperava di decidere tutto da solo, Gnassi, come ha sempre fatto. Nel Pd lo conoscono troppo bene per cadere ancora nel tranello.

Era stato chiaro Maurizio Melucci (che non parlava solo a proprio nome) quando a metà settembre aveva dato un’intervista apparsa sulle prime «strana». Disse, attenti bene: «Spetta a lui indicare una strada condivisa per la scelta del nuovo candidato a sindaco. Tocca a Gnassi tenere unito tutto il Pd, così come la coalizione di centrosinistra che si formerà per le amministrative. La sfida è tutta qui». Disse anche: «Se si perde, una responsabilità grande l’avrà anche chi ha in mano in questo momento la leadership del partito, cioè Gnassi». Un segnale chiaro. Un caldissimo invito a fare quel passo che il partito si attende da Gnassi.

Vuoi che a succederti sia Jamil Sadegholvaad? O Brasini? O Gloria Lisi? Dillo. Muovi le tue pedine adesso. Non puoi continuare a fare il fenomeno, mostrare i muscoli dell’autosufficienza, e intanto lasciare che nel tuo fronte si muovano le pedine che già incanalano la strada (vedi candidatura Maresi). E’ questo, più o meno, che nel Pd rinfacciano a Gnassi. Siccome, però, non ha raccolto il messaggio che gli ha lanciato Melucci a nome di tanti, ecco che gli stessi hanno deciso di mettere un pugno di sabbia negli ingranaggi della giostra di Gnassi. Era l’unico modo per chiamare allo scoperto il narratore del rinascimento di una Rimini in realtà sempre più povera ed emarginata sullo scacchiere della Romagna e dell’Emilia Romagna. Una politica che insegue i sogni e le stramberie, mentre il valore aggiunto precipita. Che di questo passo non saprà che farsene nemmeno del centro storico riqualificato e dei milionari investimenti su teatro, cinema, lungomari, men che meno del luna park felliniano in piazza Fellini, contro il quale si spendono nomi di spicco nazionale, oltreché locale. Nel frattempo la Forlì a guida Zattini inaugura il corso di laurea in Medicina (con l’ambizione di farne il policlinico della Romagna) e l’aeroporto, e può contare su un «portafoglio» gonfio di euri, quello della Fondazione Cassa dei Risparmi.

Gnassi è debole anche dal punto di vista dell’eredità. Non si è creato un successore vero, se non figure molto vulnerabili (uno è quello che sfida Amazon). Debole, sempre se il centrodestra decidesse di metterci il cuore e l’intelligenza, è anche la candidata Emma Petitti, come dimostra il proclama col quale ha annunciato di voler mettere la sua esperienza politica «a disposizione della comunità del Partito Democratico, del centrosinistra e della città di Rimini per le prossime elezioni amministrative». Non sta lì la svolta. Ma nel gesto politico in sé. Anche perché la sua esperienza politica è quella di una scolaretta diligente e obbediente che dal partito è stata premiata con una carriera generosa.

Sia i gnassiani che Emma Petitti cercano di tirare dalla propria parte il presidente della Regione Stefano Bonaccini. E’ difficile immaginare che l’ex assessore al Bilancio e ora presidente dell’assemblea legislativa abbia tenuto totalmente all’oscuro Bonaccini della partita a dama che ha deciso di aprire a Rimini. Se non altro perché è una soldatessa disciplinata e perché la vicenda ha un immediato impatto su ruoli (non a caso la Lega ha già chiesto le dimissioni della Petitti perché non più terza) ed equilibri che hanno a che fare col palazzone di via Aldo Moro a Bologna. Ma se è vero che Bonaccini non stravederebbe per Emma Petitti (altrimenti l’avrebbe riconfermata nella sua squadra), è altrettanto vero che il presidente rischia di essere trascinato in una bagarre che può solo nuocergli. Che poi Petitti voglia anche strafare e mostrarsi fuori dai «riti della politica», proprio lei che su piazza è l’officiante più preparata delle liturgie piddine (e il correttore ortografico digitando piddino si ostina a suggerire «piadine»), può far sorridere. Così come non sarebbe difficile cogliere nell’atteggiamento di Emma Petitti la debolezza palese di chi prima attacca Gnassi e il suo «modello» (come fece ad esempio all’indomani del voto delle politiche) e adesso lo accredita come artefice di «buon governo». Tattiche gesuitiche.

Ora tocca a Gnassi muovere le sue pedine. Non può più vivere di rendita. Per superare l’empasse saranno necessarie le primarie? Anche questo sarà oggetto dello «scambio» al quale il partito chiede a Gnassi di sottoporsi. Perché in fondo anche lui aspira ad un futuro politico. E anche per lui è arrivato il redde rationem.

COMMENTI

DISQUS: 0