“Perché non posso accettare la dedica del Campone a chi ha appoggiato i campi di sterminio”

“Perché non posso accettare la dedica del Campone a chi ha appoggiato i campi di sterminio”

"Continuerò a leggere i Cantos e ho usato e userò l'interpretazione di Sigismondo Pandolfo Malatesta fatta da Pound, ma come "uomo e donna responsabile" devo scegliere di condannare l'adesione al nazismo e al fascismo di Pound, pur sapendo che così mi sento anche dimezzato e in contraddizione con me stesso". Rimondini a Davide Brullo.

Caro Davide Brullo,
non mi sento di meritare la qualifica di “purista” e tanto meno quella di manicheo che divide il mondo in buoni/cattivi, col sottinteso che i buoni saremmo noi e i cattivi sarebbero gli altri. Ho cercato di inquadrare teoricamente il mio giudizio politico, la mia scelta politica con un lato contraddittorio, in un quadro teorico più ampio, quello della “cosciente schizofrenia“, perché so bene che la mia scelta è un fenomeno schizofrenico, cioè comporta una scissione psichica e culturale. Se sono un ‘buono’ sono un buono dimezzato e non proprio contento. Ho giudicato Ezra Pound, come fa Harold Bloom, al cui autorevole giudizio mi sono appoggiato, un poeta indubbiamente valido esteticamente, nell’ordine della poesia, ma un “cattivo maestro” a livello umano e politico perché ha appoggiato fino alla fine i regimi dei campi di sterminio. Poi l’ha pagata cara, e i suoi persecutori sono da biasimare.

E’ di Harold Bloom la scissione che ho sposato e proposto tra “esteti” e “uomini e donne responsabili”. Premetto che si tratta di una “cosciente schizofrenia” ai limiti dell’illogico, ma inevitabile e necessaria; di queste “coscienti schizofrenie” è pieno il mondo della scienza, della politica, della filosofia – la logica della contraddizione di Hegel e Marx -, per non parlare della religione. Siamo esseri umani limitati e non possiamo avere una teoria dove tutto si tiene perfetta, senza residui, come nella mente di Dio un essere teoricamente assoluto. Esistono certamente individui che ritengono di capire tutto in modo univoco e onnisciente. Sono Dio? No poveretti, sono dei pataca. Magari per il fenomeno che Freud ha chiamato narcisismo, tutti pensiamo inconsciamente di essere onniscienti, ma poi ci accorgiamo che non è vero.
Non deve credere che per me sia indifferente o privo di incertezza scegliere il punto di vista degli “uomini e donne responsabili” piuttosto che quello dell'”esteta”, come sarei portato a fare, e anche quello storico dell’innamorato di Rimini, della sua storia e della sua bellezza. A Rimini, io che sono bolognese di Medicina, la mia prima piccola patria, ho dedicato una ricerca di quasi mezzo secolo della mia vita. Non sono innamorato dei Riminesi, però, o almeno non di tutti.

Ho cercato anche di non chiudere la condanna dei nazisti e dei fascisti nel vicolo cieco dell’odio e della vendetta, si odia il peccato non il peccatore. L’odio per il peccatore chiude ovviamente la ricerca storica su quanto è successo nel ‘900. Ho detto, seguendo un’indicazione di Isherwood, che si devono cercare le “ragioni” dei fascisti e nazisti, come diceva Spinoza, “senza ridere e senza piangere”, di chi ha commesso il ‘crimine’ assurdo di voler cancellare Israele. Insisto sul termine ‘crimine’ perché non ritengo vera l’espressione francese “tout comprendere c’est tout perdonner”- capire significa perdonare -. Capire significa cercare di impedire la ripetizione dei crimini. E non odiare non significa che non si debba cercare di fermare chi sta per commettere un crimine. Piuttosto penso si debbano introdurre nella ricerca storica per capire queste enormità criminali delle categorie di psicosi individuali e collettive, con la speranza di ridurle o contenerle. Le vittime non saranno state sei milioni, come dicono alcuni, ma sempre di un crimine tremendo si tratta, e vorremmo conoscere i veri perché del suo apparire nella storia umana. La valutazione di questi crimini, incredibilmente organizzati nei dettagli e durati anni, ci porta persino a interrogarci sui geni ‘assassini’ dell’homo sapiens, a cui tutti apparteniamo, al cui apparire sono scomparse altre quattro ‘razze’ umane. A pensare cioè ai grandi momenti e ai grandi caratteri della nostra storia antropologica, uno dei quali potrebbe essere l’Olocausto. Forse tutti noi, che discendiamo dall’homo sapiens, siamo geneticamente potenzialmente assassini e votati allo sterminio altrui e nostro, per esempio mediante i campi di sterminio o mediante la guerra. La guerra coi suoi orrori, una costante storica che rimuoviamo, per non essere travolti dall’angoscia, anche se sta succedendo o è successa poco fa dall’altra parte del mare. Ho scelto di non rimuovere la memoria di quanto è accaduto durante il fascismo e il nazismo -, anche per responsabilità nostra, il fascismo è stata un’invenzione italiana, pagata cara – anche a costo di starci male, anche a costo di sentirmi dimezzato.

Ho poi esteso l’analisi di quest’elemento persecutorio, cercando di capirne le ragioni, ad altre categorie di esseri umani perseguitati nel passato e nel presente, esseri umani perseguitati “senza ragione”: gli omosessuali, che nei campi di sterminio portavano il triangolo rosa, e le persone dalla pelle di diverso colore, con quella battuta di cattivo gusto, mi rincresce di averla scritta, dei neri ebrei, gli Etiopi discendenti da Salomone e dalla regina di Saba, in una frazione statistica omosessuali. Ho scritto che ritengo provabile che gli omofobi siano degli omosessuali o dei bisessuali che non sanno padroneggiare il loro desiderio del pene quando si presenta, ne provano insieme attrazione e terrore e cercano di cancellarlo con terrificanti difese che passano per la proiezione del loro desiderio su una persona che fa da specchio, con l’atto assassino e inutile di frantumare lo specchio. Se questo è vero, l’omofofo, come diceva Vincenzo Muccioli, quando “apre una finestra” e in un momento felice per capire si convince che può padroneggiare il suo desiderio omosessuale, allora può contenere l’omofobia e smette di fare del male agli omosessuali, allora quella teoria, anche se è mitica, sarebbe utile per risparmiare agli esseri umani dolore e sangue. Forse voglio dare credito alla voce storica – non dimostrata, a quanto ne so – che Hitler era di sangue semita? Se fosse vero, come io ritengo sia vero, che la questione dell’omofobia sia un fenomeno ‘interno’ al mondo omosessuale, non per questo ritengo la persecuzione degli Ebrei come un fenomeno interno al mondo ebraico. E’ un fenomeno interno alla razza umana e alla cultura dell’Occidente. Certamente tutta la nostra cultura religiosa e filosofica, psicologica deve moltissimo agli Ebrei – pensate a Gesù, a Paolo, a Marx e a Freud, a Einstein – il loro rifiuto, il loro ‘annientamento’ è una questione interna di tutto il nostro mondo, una questione di famiglia. Gli Ebrei furono cacciati dalla Spagna da Isabella di Castiglia, come si caccia un figlio, un fratello da casa. La persecuzione degli Israeliti farebbe parte del nostro “romanzo familiare” sarebbe dunque un fenomeno di ‘ambivalenza’, scoperto da Freud, ma appesantito dalla dimensione criminale della scelta politica concreta dell’odio e della distruzione. Se solo Isabella di Castiglia avesse saputo, apertasi una finestra, che non esiste “la limpieza de sangre” – la purezza del sangue – e che noi discendenti dell’homo sapiens siamo tutti una razza, e che singolarmente abbiamo miliardi di genomi tra i quali non pochi sono semiti, non avrebbe cacciati gli Ebrei dalla Spagna.

Le scrivo tutto questo per attestarle che non mi credo un puro, né un buono, né di avere ragione in modo assoluto; vorrei mantenere la mia apertura teorica anche su problemi storiografici e politici tanto profondi e terribili. Continuerò a leggere i Cantos e ho usato e userò l’interpretazione di Sigismondo Pandolfo Malatesta fatta da Pound con la definizione dell’insuccesso pari a qualsiasi successo della sua epoca – una variante del topos retorico della “sconfitta trionfale” di Montaigne -. Ma come “uomo e donna responsabile” devo scegliere di condannare l’adesione al nazismo e al fascismo di Pound, pur volendo capire e cercare ‘ragioni’ al fenomeno, e pur sapendo che così mi sento anche dimezzato e in contraddizione con me stesso. Non appoggerò l’erezione di un monumento o la dedica di una piazza a chi ha appoggiato i campi di sterminio.

Specialmente adesso che ci accorgiamo che molti giovani sono assolutamente ignoranti di storia – come ho scritto ho dei rimorsi di insegnante che si è troppo poco occupato del ‘900; mi prendo la mia parte di colpa – si fanno catturare dai “cattivi maestri” e che esistono “cattivi maestri”, anche tra i poeti sommi, e anche da politici che non hanno imparato nulla dalla storia, ammesso che la conoscano, che vogliono ricondurci all’orrore dei campi di sterminio. Mi viene in mente che a 7 anni, nel 1948, se ricordo bene, un pomeriggio di estate in uno stanzone della colonia Murri, una maestra che ci stava badando ci raccontò la storia dei campi di sterminio come una favola, con particolari surreali con le vittime portate nel campo legate alle ali degli aerei e i carri armati che distruggevano i campi. E da poco ho seguito con commozione il racconto autobiografico della senatrice Liliana Segre, che a tredici anni fu internata in un campo di sterminio…

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