Pivato smentisce Pivato: è un caso l’ultimo libro su Bartali e il salvataggio degli ebrei

Pivato smentisce Pivato: è un caso l’ultimo libro su Bartali e il salvataggio degli ebrei

L'ex assessore alla cultura del Comune di Rimini, docente universitario e già rettore in quel di Urbino, ha dato alle stampe un libro (insieme al figlio Marco) che demolisce la figura di "Giusto fra le nazioni" del grande campione di ciclismo. Sulla quale hanno messo il loro sigillo anche un presidente della Repubblica e Yad Vashem. E che fino a due anni fa era stata accreditata anche da Stefano Pivato.

Chi tocca Bartali rischia di finire nel classico vespaio. E intorno a Stefano Pivato ronza già una colonia di vespe. La causa? Perché prima ha scritto un libro dal titolo Sia lodato Bartali, appena due anni fa, e poi insieme al figlio Marco ne ha mandato in libreria un altro, che ribalta i contenuti del primo, dal titolo L’ossessione della memoria. Bartali e il salvataggio degli ebrei: una storia inventata. Quest’ultimo fresco fresco.

Stefano Pivato è ben noto a Rimini, dove è stato assessore alla cultura col sindaco Ravaioli. E’ docente universitario, ordinario di storia contemporanea, e già rettore dell’università di Urbino. Ha pubblicato titoli di successo, spesso presentati in città. Meno noto ma comunque già ben introdotto è il figlio Marco, giornalista scientifico e scrittore, è intervenuto per il Comune di Rimini ad iniziative come “biblioterapia“, e a Rimini ha sede la sua Dna Media Lab, agenzia che si occupa di comunicazione per le aziende che operano nel campo della sanità.

Nell’Ossessione della memoria viene ribaltato quanto Stefano Pivato aveva divulgato poco più di due anni fa, e cioè che il mitico Bartali fra il 1943 e il 1944 «contribuisce al salvataggio di circa 800 ebrei». Perché lui, il “Ginettaccio”, cattolico fervente, collabora con la rete clandestina messa in piedi da Elia Dalla Costa, ai tempi cardinale di Firenze. E lo fa col mezzo che gli è più congeniale e sul quale vola: la bicicletta. Trasporta documenti e foto tessere nascosti nella dueruote, addirittura fino ad Assisi. Va ricordato che nel periodo oggetto della controversa vicenda, il grande avversario di Coppi ha già messo le mani su due giri d’Italia e un Tour de France. E’ un grande, adorato dalle folle e rispettato dai potenti. Chi meglio di lui avrebbe potuto passare inosservato nel ruolo di “staffetta” sui pedali?

Ma questa versione dei fatti che va per la maggiore, condivisa urbi et orbi e narrata in libri e film, Stefano e Marco Pivato l’hanno adesso smentita. Tutta colpa del «divorzio fra storia e memoria», con la prima che ha preso il posto della seconda, che però, «priva delle tutele e delle cautele dello storico, ha finito talvolta per accreditare come veri fatti e accadimenti mai avvenuti». In pratica, sostengono che quella di Bartali che salva gli ebrei sia solo una favoletta, priva di fonti attendibili. Creata ad arte da «amici, parenti e tifosi del campione» per «aumentarne il fascino già straordinario», ma anche dai politici «sempre pronti a cavalcare l’onda della popolarità». Sostengono che la missione di “postino della pace” che da anni accompagna l’avventura umana di Bartali, tanto da meritarsi la medaglia d’oro al valore civile (la consegnò Azeglio Ciampi alla moglie Adriana nel 2005) e soprattutto il riconoscimento (post mortem) di Giusto tra le nazioni dallo Yad Vashem nel 2013, in realtà sarebbe solo «una storia inventata».
Stefano e Marco Pivato (quest’ultimo autore solo del terzo capitolo “Come funziona la memoria tra efficienza e trappole”) riprendono abbondantemente le tesi di un testo uscito nel 2017 e che dunque era disponibile anche quando uscì Sia lodato Bartali: Michele Sarfatti, Gino Bartali e la fabbricazione di carte di identità per gli ebrei nascosti a Firenze. Qui si demoliva già la versione dalla quale ora anche i Pivato prendono le distanze. Ma venne duramente criticata dai difensori del Bartali che si spende per mettere in salvo gli ebrei, tanto da essere definita «azione diffamatoria».
Sul sito internet di Yad Vashem si parla di diversi testimoni a sostegno del Bartali “Giusto”, anche perché solitamente prima di rilasciare questo titolo (assegnato anche a dei riminesi, come Ezio Giorgetti e il maresciallo Carugno) vengono raccolte deposizioni e prove. Una di queste, nel caso di Bartali, è di Sara Corcos, a lungo in servizio presso il Centro di documentazione ebraica di Milano, cognata del rabbino di Firenze Nathan Cassuto (che sarebbe uno dei salvati dal ciclista). E lei ha sempre asserito di avere incontrato e parlato con Bartali dopo la guerra, anche se per esplicita richiesta di quest’ultimo non poté registrare la conversazione, e raccolto dalla viva voce del protagonista tutta la storia dei documenti falsificati e del ruolo di corriere. Così come grande peso hanno avuto le parole di Giorgio Goldenberg, il quale assicurò di averla scampata grazie allo scantinato di Bartali a Firenze, dove rimase nascosto per mesi, fino all’arrivo degli inglesi. E’ così che si è meritato di vedere il proprio nome inciso sul monte della Rimembranza a Gerusalemme.
Di recente nientemeno che papa Francesco, intervistato dalla Gazzetta dello Sport, ha detto che «allo Yad Vashem a Gerusalemme mi raccontarono di Bartali, il leggendario ciclista che, reclutato dal cardinale Elia Dalla Costa, con la scusa di allenarsi in bicicletta, partiva da Firenze alla volta di Assisi e faceva ritorno con decine di documenti falsi nascosti nel telaio della bici che servivano per far fuggire e quindi salvare gli ebrei. Pedalava per centinaia di chilometri ogni giorno sapendo che, qualora lo avessero fermato, sarebbe stata la sua fine. Così facendo offrì una vita nuova a intere famiglie perseguitate dai nazisti, nascondendo qualcuno di loro anche a casa sua. Si dice che aiutò circa ottocento ebrei, con le loro famiglie, a salvarsi durante la barbarie a cui vennero sottoposti. Diceva che il bene si fa e non si dice, se no che bene è? Lo Yad Vashem lo considera “Giusto tra le nazioni”, riconoscendo il suo impegno».
Fra le reazioni allibite al libro di Stefano e Marco Pivato c’è quella della nipote di Bartali, Gioia: «Spesso, alla vigilia della Giornata della Memoria, vengono fuori queste polemiche. Per affermare una cosa del genere bisogna avere delle prove precise e inconfutabili altrimenti il rischio è di sollevare polveroni inutili e poco rispettosi della memoria delle persone», attacca. Suo nonno a voi familiari aveva mai raccontato quello che fece per gli ebrei?, domanda Famiglia Cristiana. «Lo confidò una volta a mio padre ma con la richiesta precisa di mantenerne il segreto. Papà gli chiese il motivo e lui rispose: “Quando sarà il momento giusto, te ne accorgerai”». Ancora: «C’è un video nel quale alcune persone, durante un incontro pubblico, gli chiedono di questa storia e lui risponde: “Perché mi chiedete degli ebrei e dei nazisti? Non serve”».
Durissima la reazione di Sergio Della Pergola, studioso dell’antisemitismo e membro della commissione del Museo della Shoah: «È necessario spazzare il terreno da affermazioni vergognose, un negazionismo sulla figura di Bartali attraverso un discorso equivoco sulla distinzione tra storia e memoria lo ritengo quasi sullo stesso piano del negazionismo dell’Olocausto».
Per non parlare di quella della famiglia Bartali: «Prendiamo totalmente le distanze da iniziative che intendono dare una rappresentazione distorta delle vicende che hanno visto Gino Bartali tra i protagonisti dell’impegno umanitario e solidale nei confronti dei perseguitati dal nazifascismo. Ricordiamo che, aldilà dei suoi grandi meriti sportivi, Gino ha ricevuto molte onorificenze tra cui, significative, il riconoscimento di Giusto tra le Nazioni dallo Yad Vashem nel 2013, la medaglia d’oro al Valor Civile ricevuta postuma nel 2006 da parte del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, e la cittadinanza onoraria dello Stato di Israele nel 2018».
E per Riccardo Nencini è «un falso» affermare che non ci sono prove su quanto fatto da Bartali. Insomma, il libro dei Pivato ne esce bastonato.
Però Stefano e Marco Pivato hanno ripetutamente chiesto a Yad Vashem di poter consultare la documentazione in base alla quale Gino Bartali è diventato Giusto fra le nazioni. Ma non hanno ricevuto nessuna risposta. Ci sono tutti gli ingredienti per creare il caso intorno al libro edito da Castelvecchi.

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