Dal fascismo conosciuto a Rimini, all’incontro con Mussolini a Roma, ai dispacci inviati a Salò. La storia di Pound – eletto ‘poeta maximo riminese’ – è ricca di aspetti ignoti e da studiare. Che il Comune faccia il suo compito: finanziare libri e centri di ricerca. Smettiamola con i pop corn e i concerti che friggono il cervello nell’ignoranza civica.
Il “nobile fascista” e la Biblioteca sempre chiusa
28 ottobre 1943. Il dispaccio s’intitola, semplicemente, “Rapporto al Duce”. Tra le tante cose, spicca “la proposta di un autobus da La Spezia a Salò, via Genova, Tortona, Piacenza e Cremona, per dare alla Repubblica una nuova spina dorsale”. In effetti, “la Liguria è completamente tagliata fuori dalle comunicazioni. Occorre prendere tre treni per arrivare da Rapallo a Brescia”. Vent’anni prima, a Rapallo, tenuta avita, Pound giocava a tennis con William B. Yeats, ospitava un Ernest Hemingway in cerca di fama, lavorava ai Cantos ‘Malatestiani’. Nel 1923, da Rapallo, Pound va a Rimini, alloggia al Palace Hotel, piglia a bestemmiare. “La biblioteca è chiusa, il dannato custode ha l’influenza e il direttore è troppo pigro – o deve insegnare fisica altrove”. I ‘servizi pubblici’ italiani facevano acqua già allora. Pound, però, trova un alleato. Il portiere Averardo Marchetti, “ha giurato di forzare la biblioteca e di chiamare il Sindaco se non è aperta”, scrive il poeta, chiosando, “è un nobile fascista”. Secondo Lawrence Rainey, studioso di Thomas S. Eliot, di Ezra Pound, ma anche del Futurismo italiano, ‘Ez’ ha subito il fascino del Fascismo a Rimini, “nel primo mattino del 12 marzo 1923, appena quattro mesi dopo la Marcia su Roma di Mussolini, quando il poeta arrivò nella città di Rimini” (in Between Mussolini and Me, “London Review of Books”, marzo 1999). Vent’anni dopo il poeta scrive dispacci al Duce, di stanza a Salò, dandogli consigli, relazionandolo sul dilagare comunista in Europa (“movimenti spontanei comunisti in Inghilterra non esistono. I pochi intelligenti e genuini comunisti in Inghilterra sono comunisti non perché appoggiano l’azione dei Bolscevichi ma perché sono contro gli usurai e contro l’usura. Tutti – dico tutti – i capi del Partito Comunista e i loro più gallonati aiutanti sono, almeno dal 1938, pagati da Mosca e assegnati a mansioni di spionaggio industriale”).
Sfogliando i “Cantos” il Mascellone li trovò “divertenti”
30 gennaio 1933. Nel mezzo del guado, dieci anni dopo la visita a Rimini, dieci anni prima dei dispacci inviati a Salò, alle ore cinque e mezza del pomeriggio, Ezra Pound incontra Benito Mussolini a Palazzo Venezia, Roma. “Durante l’incontro, Pound presenta a Mussolini l’edizione dei Draft of XXX Cantos pubblicata tre anni prima a Parigi”. In quel volume, sono raccolti i ‘canti’ dedicati a Sigismondo Pandolfo Malatesta, visto da Pound – nel suo modo visionario di orientare la Storia – come l’alter ego del Duce. Inoltre, Pound consegna a Mussolini “i 18 punti programmatici che sono la base della sua concezione ideologica”, poi pubblicati nel 1940 sul “Meridiano di Roma” come Di un sistema economico. L’incontro con Mussolini è recensito nel repertorio dei Cantos, wunderkammer del delirio dove Confucio e piazzale Loreto sono pareggiati in catatonico caos. Incipit del XLI: “Ma qvesto/ disse il Duce, è divertente”. Commento della figlia Mary, nel volume dei Cantos edito da Mondadori: “Nell’unica udienza che Pound ebbe con Mussolini, nel 1933, alla domanda ‘Che volete?’ rispose: ‘Pace, per terminare il mio poema’, e gli consegnò una copia dei primi XXX Cantos. Sfogliandoli il Duce li trovò ‘divertenti’”. Oltre alla pace, però, Pound fece anche la guerra.
Le lettere ‘desecretate’ dai faldoni dell’FBI
Maggio 1976. C. David Heymann pubblica su “Encounter”, raffinata rivista inglese fondata dal poeta Stephen Spender, un mannello di Letters from Ezra Pound to Benito Mussolini. La prima lettera a “Sua Eccellenza il Capo del Governo” segue l’incontro romano, è datata 17 aprile 1933, è scritta a Rapallo. “Eccellenza e Duce…”, così si rivolge il poeta al capo di stato, “in omaggio devoto” viene allegato al biglietto il libro Jefferson and/or Mussolini. “Il primo tentativo di Pound di entrare in contatto con Mussolini risale al 1932. Il 23 aprile di quell’anno, da Rapallo, il poeta scrive ad Alessandro Chiavolini, segretario privato di Mussolini, annunciandogli il desiderio di incontrare il capo di stato italiano”. Nel 1925 Pound aveva scritto ad Harriet Monroe, editrice della rivista “Poetry”, che “personalmente penso il meglio possibile di Benito Mussolini. Se lo compariamo agli ultimi presidenti americani e premier britannici, beh, non possiamo permetterci di insultarlo”. ‘Desecretando’, per così dire, le “nove lettere di Ezra Pound a Mussolini custodite presso il Dipartimento di Giustizia a Washington, tra i documenti dell’FBI”, di fatto, Heymann dimostra la risonante relazione tra Pound e il fascismo. Fino agli anni, lividi, della Repubblica Sociale.
“Il sistema delle tasse è un cadavere. Viva l’Italia!”
Cosa scrive Pound a Mussolini? Speculazioni economiche. Esempio. Rapallo, 22 dicembre 1936. “Duce! Duce! Molti nemici, molto onore. Voglio vedere tutti gli usurai come nemici d’Italia. Ma, Duce!, il sistema delle tasse è un pericoloso residuo del passato, un cadavere, che deve essere sepolto insieme al Re Bomba e a Francesco Giuseppe. Poiché lo Stato fornisce una misura di scambio, lo Stato funziona. Lo Stato ha diritto a esigere un compenso per il suo lavoro. Ma questo compenso è fondamentalmente diverso dalla tassa”. Firmato, “Viva l’Italia, Ezra Pound, jure italico”. Ezra Pound passeggiava nella Storia come un dandy, come un abbagliato samurai. Lottava perché la poesia, energica, corrispondesse al corso dei destini – ma la poesia sta al fianco del sofferente. I fascisti, comunque, non lo prendevano sul serio. Un funzionario dell’ufficio di Galeazzo Ciano, in calce a una lettera inviata da Pound al Duce, chiosa, “una cosa è certa, questo scrittore è mentalmente squilibrato”.
Cominciate a occuparvi di cose serie, è ora
Morale: ne ho le palle piene di una città che si fregia dei claim di Fabri Fibra, che mette i megaschermi per Vasco, perché Vasco, tanto, dorme al Grand Hotel ma canta a Modena, mica a Rimini, e che spreme il nome di Fellini per mendicare qualche milione dal Ministero. Che il Comune tiri fuori le palle e cominci a occuparsi di cose serie. Ad esempio, i rapporti tra Rimini e il fascismo, tra Pound e Rimini, tra il Malatesta e il Duce. Finanziate studi, libri, centri di ricerca, convegni. Sennò, è troppo facile amministrare proponendo piada, pop corn, cantanti a go-go e cervello fritto nell’ignoranza. Rimini non è il Festivalbar.
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