Raimo attacca Belpietro, è un “megafono del razzismo”. Riccione Teatro lo difende

Raimo attacca Belpietro, è un “megafono del razzismo”. Riccione Teatro lo difende

Su Rete 4 in scena una triviale scenetta. Lo scrittore, difensore dei valori della sinistra e dei diritti degli immigrati (nonché giurato del Premio Riccione), scrive cartelloni, litiga con tutti, va a cena. Ha fatto il gioco del “razzismo elementare, ottocentesco, di Belpietro e Sallusti” e se ne vanta. L’Associazione culturale riccionese – che piglia soldi da un Comune di centrodestra – si sente in dovere di offrirgli “solidarietà”, manco fosse un profugo: come mai?

28 agosto, ora di cena, Rete 4. Maurizio Belpietro dirige una puntata di Dalla vostra parte. Tema: alla luce dei fatti di Miramare e degli sgomberi romani, gli immigrati sono un problema. Sottotitolo: il governo pensa ad accogliere i migranti e a dar casa ai rifugiati, mentre dimentica le decine di migliaia di italiani senza casa, senza lavoro, vessati, sotto sfratto etc. Vi dico come la penso io, intanto. Francamente, me ne infischio. Sono concentrato a studiare Boris Pasternak, a leggere Iosif Brodskij e a scrivere di Gadda per occuparmi di queste cose. Mi interessa la ‘forma’, il modo in cui gli esseri umani creano una ‘forma’ che raffiguri il loro pensiero individuale. Ecco, mi interessa l’individuo. Se un uomo è intelligente che sia nero o giallo, italiano o immigrato, islamico o zulu, voglio ascoltarlo – e se posso, lo aiuto. Se occupa una casa, mi minaccia con una bottiglia, mi rompe le palle, beh, il tizio, italiano o magrebino, che abbia fede nel nulla, in Allah o in Gesù Cristo – tre divinità, va detto, ogni tanto, affatto diverse l’una dall’altra – deve smettere di rompere le palle e sloggiare. A questo arriva la mia strategia ‘geopolitica’. Tutto il resto – le speculazioni di chi si crede sapiente – lo relego sotto l’etichetta ‘qualunquismo’. Detto questo. Alla trasmissione di Belpietro – un genio a far finta di essere imbecille, è più spassoso dell’imitazione che gli fa Crozza – partecipa Alessandro Sallusti, direttore de il Giornale, che sorregge la tesi ‘gli immigrati sono pericolosi e il Corano incita alla guerra’, e Christian Raimo, alfiere dell’ideologia opposta.
Christian Raimo scrive su Liberazione, ha pubblicato per Einaudi, nel 2012, Il peso della grazia, romanzo che non ha fatto male a una mosca, e su Wikipedia è accertato come “scrittore, traduttore e insegnante di italiano”. Durante la trasmissione televisiva, Raimo, bella cravatta, bella giacca, bel paio di occhiali, credendosi il giustiziere dei razzisti, non sa giustificare la sua patente da scrittore, maneggia dei grossi fogli bianchi su cui scrive cose divertenti tipo, “Non c’avete un altro servizio sui negri cattivi?”. Poi s’incazza perché trova Belpietro e Sallusti brutti, fascisti, retrogradi, dice “me ne vado perché devo andà a cena” (ecco, va a cena, mica a leggere Tolstoj, mica a scrivere un capolavoro, va a cena perché la cultura è tutta lì, il vizio dell’ingordigia), e sul suo spazio Facebook, pacatamente ci spiega che “il razzismo, il razzismo elementare, ottocentesco, di Belpietro e Sallusti, non è il solo problema di Dalla parte vostra, trasmissione serale di una rete nazionale. Il problema è l’assoluta incapacità giornalistica, la povertà assoluta dal punto di vista del mestiere”. E poi, da bravo delatore, fa, “Due giornalisti della redazione mi hanno telefonato poi complimentandosi con me e ridacchiando perché avevo sputtanato Belpietro in diretta. Mi dispiace per loro che certo devono lavorare e devono portare uno stipendio a casa, ma quello che stanno facendo è semplicemente manovalanza sottopagata per il peggiore megafono del razzismo, sono complici e omertosi, non ci trovo nessuna giustificazione”. Infine, insacca la morale: “Sta a noi di sinistra, semplicemente democratici, antifascisti, pensanti, fare argine a questo. Tocca a noi, in ogni momento, e sarà sempre peggio nei prossimi mesi”. In calce, fa la lagna del buon cristiano, dell’agnello sacrificato sull’altare dello share, “oggi sulla mia bacheca ci sono commenti di insulti, minacce di stupro a donne che commentano, la feccia della feccia”. Buon per Raimo, che non sa che chiunque esponga ‘in pubblico’ il proprio pensiero si espone, quando va bene, al ludibrio pubblico, per non dire all’ostracismo dei concittadini, alla marginalizzazione mafiosa da parte delle amministrazioni pubbliche, lasciatevelo dire da uno che per anni ha spalato il fango facendo cronaca ‘locale’. In realtà, però, semplicemente, Raimo ha fatto il gioco di Belpietro – più share e click masturbatori allo sketch con Raimo – e in fondo ha lavorato pro domo sua, perché l’intelligenza di sinistra si è mobilitata, ‘io sto con Raimo’, stigmatizzando gli insulti di chi non la pensa come Raimo. Beh, andiamoci cauti. Su Raimo non è mica piombata la fatwa di un imam svalvolato dalle vergini che lo attendono a gambe aperte nell’altro mondo, Raimo non è mica uno scrittore che rischia la prigione, incassato in un vagone per i Gulag, anzi, la bella scenetta nazionalpopolare, siamo certi, gli farà guadagnare tre lettori in più al prossimo romanzo.
Ha ragione Simonetta Sciandivasci che su Linkiesta ha scritto, “Alla televisione irresponsabile e faziosa di Belpietro, Raimo ha prestato il fianco, rendendosi indisponibile a discutere e ragionare sin dal principio, opponendo slogan (con tanto di cartelli) ad altri slogan”. Senza interrogarsi, da scrittore, sul “pericolo fatale di un ‘antifascismo’ puramente negativo”. Sul punto, aveva già capito tutto, 80 anni fa, George Orwell, dopo la gita in Spagna, contro Franco. Uno scrittore. Appunto. Raimo non ha portato lo sguardo – feroce, virgineo, totalmente altro – di uno scrittore, rivelandosi un commentatore qualsiasi, un quasi Sgarbi. Il fatto ‘locale’, in questa grottesca vicenda nazionalpopolare, è che Christian Raimo è dal 2015 uno dei giurati del Premio Riccione per il teatro, sarà in Riviera il 23 settembre prossimo per i 70 anni del premio di drammaturgia.
A me dovrebbe pure essere simpatico, Raimo, visto che due anni fa ha espresso, in maniera del tutto gratuita e garbata, una certa stima per il mio lavoro (“mi è davvero piaciuto moltissimo il tuo testo, secondo me il meglio scritto del Premio”, mi scrisse): semplicemente, ha fatto una minchiata stellare. Eppure, l’Associazione Riccione Teatro, in piena sintonia con la sinistra nazionale, si è sentita in dovere di esprimere “Solidarietà allo scrittore e critico Christian Raimo, giurato del 54° Premio Riccione per il Teatro, per gli attacchi feroci che sta subendo in queste ore. Lo aspettiamo, insieme a tutta la Giuria del Premio, il 23 settembre in occasione della cerimonia di premiazione”. Ma perché una Associazione culturale, fortemente finanziata da una Amministrazione pubblica – tra l’altro, di centrodestra, con Assessori della Lega e di Forza Italia, forze politiche, probabilmente, per la legge delle scemate comunicanti, guardate con schifiltosa superiorità da Raimo – deve scendere in campo pubblicamente per una scemata simile? A questo punto, pretendiamo posizioni chiare anche sull’attività culturale del Ministero, su quella della Regione, sui vaghi progetti culturali del Comune di Riccione. Pretendiamo una presa di posizione sui problemi, civici e culturali, quelli veri, estranei alla bulimia social. Quanto a Raimo, beh, dovrebbe sapere come si fa a fare lo scrittore. Nello stesso anno in cui Orwell sfotteva l’antifascismo di comodo della sinistra europea, Carlo Emilio Gadda scriveva alla sorella Clara, “Non mi sposerò mai… spendo sempre meno di quello di cui posso disporre: ho 100, spendo 90. Non fumo, non bevo, non mi lascio imbarcare in complicazioni di nessun genere… Sono singolarmente favorito nell’economia dalla assoluta noia che i divertimenti destano in me (cinema, teatri, varietà). Neppure vado mai al caffè. Solo libri: e qualche concerto”. Ecco l’autobiografia di un genio. Altro che fare la comparsata in tivù, con cartelloni creati ad arte, e cena allegata e presenzialismo sui social. Meglio leggere un libro.

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