Ribéss Records: striscia striscia attenti alla biscia

Ribéss Records: striscia striscia attenti alla biscia

Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Giulio Accettulli, fondatore della Ribèss Records. Come ai vecchi tempi: registratore sul tavolino, sigarette e un calice di vino.

Quando e come nasce la Ribéss?
La Ribéss è un’etichetta nata morta, il logo la dice tutta. Con l’inizio dell’era digitale ci fu un momento di transizione, l’anno zero che portò ad una vasta moria di etichette. Ne nascevano altre, con un’ottica molto diversa. Ci fu la percezione che l’Italia delle etichette discografiche poteva cambiare. L’Italia è sempre stata in ritardo sui fenomeni musicali. Questo fermento di produzioni indipendenti era una cosa nuova, altrove era già tramontata. Guardando a noi, devo dire che la provincia romagnola è da sempre carente di etichette e locali. Il mio socio inizialmente era Alessandro Gentili, gran testa (cofondatore e socio 2005-2007). Abbiamo preso questo rischio, iniziando nel 2005. Rockit era già il punto di riferimento della critica e della promozione musicale, per cui nascevi come etichetta ma avevi questo mainstream come paragone, come confronto. Potevamo scegliere se aderire a questa massificazione dell’indie. Indie al tempo era qualunque cosa.

Da dove hai preso il nome?
Il nome viene da un essere fantastico romagnolo, in particolare nella sua versione santarcangiolese. Il re delle bisce è nelle fiabe, nelle leggende. Qualcuno dice che sia anche nella realtà dei fatti. Il Re Biscio è ciò a cui si attribuiscono elementi buoni e cattivi. E’ essere sfuggevole e se ti incontra ti pietrifica. In alcune leggende però, assume i tratti del principe, prende la fanciulla di turno e la fa sua sposa all’interno del reame sotterraneo. E’ un serpente, cambia pelle, cambia volto. E’ un’entità mistica ed obliqua, simbolo di conoscenza misterica: i suoi simboli sono quelli terreni, tellurici, che la tradizione cattolica ha abbandonato. Non è un etichetta buonista, affabile, ma neanche contraria a priori; per carattere tendo più al cattivismo, ma in maniera molto ironica. Anche per quanto riguarda la comunicazione, tendo a sdrammatizzare molto, è un etichetta che ama prendersi per il culo.

E il logo invece? E’ un disegno piuttosto particolare.
Il logo dell’etichetta raffigura una bambina senz’occhi con un pollo in braccio che urla “Ribééééss” (e qui Giulio ha veramente urlato, ndr) a mo’ di allarme. Quando ho trovato quella foto, ho messo assieme due tasselli diversi che stanno però molto bene assieme. C’è un motto con un’immagine, che se accostati definiscono un piccolo mondo, una vignetta dell’antichità. C’è sia la bambina dannata che il Re Biscio. Nessuno dei due è interamente buono o cattivo. Questa bambina è dannata e allontanata dalla società: ha la proprietà di vedere ciò che accade nell’altro mondo e quando ciò accade, le scompaiono gli occhi che non vengono nemmeno catturati dalla macchina fotografica. Rimane comunque una bambina, ossia una figura candida. Il Re Biscio e questa bambina si combattono a vicenda, si conoscono. Primo o poi tutto questo avrà uno sfogo come graphic novel.

Prima si parlava di indie, ora mi sorgono due domande su questo punto. Credi che il concetto di indie sia mutato nel tempo? Se è cambiato, cosa è rimasto e cosa è svanito di questo concetto?
Con l’indie c’è sempre stato un grosso dilemma. E’ qualcosa che caratterizza un genere musicale o nasce come fenomeno economico? In assenza di mezzi economici nasce l’autoproduzione indipendente ossia ciò che non era major o direttamente “presentabile” ad un pubblico. Nella definizione di indie c’era quindi una produzione lo-fi che teneva dentro il garage così come il cantautorato non canonico. C’erano già produzioni grosse di questo stampo all’estero. Improvvisamente, in Italia, la parola indie inizia ad essere spesa per dare una patina di novità a qualcosa che all’estero suonava invece già vecchio. Ora indie è una parolaccia. Per come la vedo io ora l’indie non si traduce immediatamente in un genere. Adesso c’è il problema contrario rispetto a quando nasceva il fenomeno indipendente ossia un eccesso di produzione, in cui è difficile distinguere una voce unica. Per essere indie ora è necessario essere simpatici. Ma se ci sono i simpaticoni perché non ci possono i tristoni e gli stronzi? L’indie è stato monetizzato, quindi va di più chi sdrammatizza e chi si mantiene nella simpaticoneria generale.

In questo marasma di etichette e produzioni quotidiane in cosa si distingue la Ribéss?
Come Ribéss io tendo a fare cose diverse, a non seguire quella linea li. Chiaramente ne pago il conto. L’etichetta è nata non con l’idea di campare con quello che faccio. Alla base c’è il capriccio anacronistico di dare voce a cose che l’etichetta ritiene coerenti alla sua idea, anche se non sono monetizzabili. Magari alla lunga, lavorare su alcune sonorità porta ad una riconoscibilità tale per cui si riescono ad unificare i vari componenti dell’etichetta. Per tornare brevemente al discorso di prima. In quest’epoca di tramonto della discografia tra etichette si riusciva ad essere solidali, facendo rete affinché etichette molto diverse potessero collaborare in vario modo, dalla coproduzione alla ricerca di date e luoghi in cui suonare. La coproduzione sicuramente agevola l’uscita e la promozione di un disco. E’ più semplice per le singole etichette: banalmente spendono meno per ogni disco prodotto. D’altra parte vi sono altre etichette che si chiedono: è meglio chiudere 15 produzioni l’anno o far valere la propria identità? Nessuno oramai si chiede per quale etichetta esca un gruppo se non in rare occasioni. Sarebbe bello tornare ad un’idea di casata, per cui ascoltando varie cose interne ad una stessa etichetta puoi ritrovarvi alcune somiglianze musicali. C’è anche una questione di orgoglio per cui cominci a creare un piano complessivo, una trama che renda il più possibile l’idea musicale che hai. Siamo arrivati alla sbornia delle coproduzioni. E’ una cosa che deve rientrare, è stato un fenomeno che presto o tardi cambierà.

Ultima domanda. Secondo questo discorso, come scegli i gruppi che decidi di produrre?
A me piacciono i dischi unici. Quelli che al di là della storia del gruppo, sono, per quel che mi riguarda, fondamentali. Se poi un gruppo sforna più dischi unici è meglio. Ad esempio, Forestale val d’Aupa (cantautore friulano lo-fi). Tu non sai nulla, non sai se farà un altro disco. Però secondo me quel disco andava prodotto. Quel disco li, indigesto anche ai critici che si rifiutano di recensirlo, andava prodotto perché in quel momento era un tassello necessario. L’estetica della Ribéss parte da un’idea di cantautorato moderno, o meglio, è una delle direttive principali, che sfocia nella poesia e nella narrativa. Cerco sonorità non riconducibili ad un genere. Le etichette sono nate in un periodo in cui la commistione dei generi era già un dato di fatto. I generi si erano divisi e ricomposti in tanti modi. La commistione di generi era il punto zero, il punto di partenza. E’ ancora una questione critica volere riconoscere dei generi in quello che si fa, ma d’altronde è importante saper cogliere l’origine musicale di un gruppo. Il problema è quando i vari generi vengono svuotati della loro storia, della loro sostanza. Magari prendi del rap e lo mischi con dell’elettronica. Risultato: non c’è nulla del rap autentico e contestatario, e nulla dell’elettronica. Per cui si, la commistione di generi ha fatto del bene come del male. Tutto questo ovviamente porta dei problemi anche alla Ribéss nel senso che, musicalmente, ho molte allergie. Per digerire l’hiphop o il metal ad esempio, devo trovare qualcuno che srazzi, che faccia qualcosa di unico. Non escludo però che ci possano essere casi di folgorazione. Quando c’è del torbido, delle fusioni indirizzate ai pochi, si sveglia il Re Biscio. L’idea è quella di dare voce a ciò che non circolerebbe. Non per uno spirito di solidarietà messianica, non è assistenzialismo. Non avrebbe alcun senso, sarebbe un’associazione caritatevole. Faccio fatica io stesso a definire quale sia la caratteristica base della Ribéss. Ma secondo me se metti in fila tutte le produzione, qualcuno di unitario emerge.

Ribéss Records

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