Facebook ci boccia la costellazione di Eridano, commovente nella sua poetica castità, scambiandola per pornografia. Mentre è una delle meravigliose iconografie contenute nell'Astronomicon di Basinio da Parma. Un capolavoro insieme a diversi altri in mostra da domani alla Gambalunga, dove il percorso si apre con Fellini: Rimini, cos'è. Senza punto di domanda. Nel segno della narrazione che da un po' di tempo va molto di moda in città. Ma fortunatamente siamo figli di "una storia lunga 400 anni”.
Vedete l’immagine d’apertura di questo pezzo? Siamo stati attenti a sceglierla. Perché Facebook non sa distinguere fra pornografia e arte. La cosa ha fatto sbroccare più volte Vittorio Sgarbi, fino a condurlo alla decisione di portare la gallina dalle uova d’oro di Zuckerberg in Tribunale, con la richiesta di un milione di euro di risarcimento, per aver censurato alcuni dei suoi post che mostravano «L’origine del mondo» di Gustave Courbet, «Amore e Psiche» di Antonio Canova ed altre immagini relative alle esposizioni su «Seduzione e potere» e «Luciano Ventrone. Meraviglia ed estasi». Celeberrima la sua dichiarazione: “Se l’algoritmo è così capra da non distinguere la produzione artistica da quella pornografica, cosa deve fare il museo di Canova? Deve chiudere bottega oppure rivestire le statue?”.
Bene, anche Rimini 2.0 ieri ha vissuto la stessa disavventura di Sgarbi, e a farne le spese è stata una immagine che correda l’emozionante Astronomicon di Basinio da Parma, da domani esposto alla Gambalunga. L’illustrazione che Facebook classifica come volgare nudità, tanto da non consentirci di sponsorizzare una inserzione contenente questa iconografia poetica, è quella che ha aperto l’articolo pubblicato ieri:
L’antico codice di Basinio da Parma in mostra alla Gambalunga: la rabbia e l’orgoglio
Chi raffigura? Cerchiamo di spiegarlo a Mark Zuckerberg. E’ la costellazione di Eridano. Un giovane ignudo sorregge un vaso dal quale zampilla dell’acqua punteggiata di stelle. “Questa inserzione non è stata pubblicata perché contiene un’immagine o un video raffigurante nudità o porzioni di pelle eccessive, inclusi diagrammi medici che mostrano organi riproduttivi esterni, seni o fondoschiena. Questo tipo di materiale è di natura riservata”. Con questa sentenza general generica valida per un’ampia casistica, Facebook pare confondere Eridano con Rocco Siffredi sul set di una delle sue memorabilia. Siccome l’Astronomicon si potrà anche sfogliare al tavolo interattivo (mentre l’originale protetto è fermo alle pagine più o meno centrali che mostrano la vergine e lo scorpione) posizionato all’ingresso della mostra, chissà che la direttrice della Gambalunga non decida di affiggere un cartello: “vietato ai minori di anni 18”.
Zuckerberate a parte, la mostra che si inaugura domani (“Per documento e meraviglia. Una storia lunga 400 anni”) e che chiude le celebrazioni gambalunghiane, è un modo per andare al fondo del problema. In anni di narrazione gnassiana, che si traduce anche in una pesante manomissione dei monumenti simbolo della città (con la benedizione della Soprintendenza che invece proprio non transige sui dehors), il percorso espositivo aiuta a dare il giusto peso alla fuffa e al Dna di Rimini.
Si parte dalla Galleria dell’immagine e si entra subito nel regno di Rimining. Campeggia una frase: “Rimini, cos’è”. Senza punto interrogativo. Però vengono sparate tre risposte. Fellini. Tondelli. Ligabue. In successione: “E’ una dimensione della memoria”. “La frontiera tra l’illusione luccicante del divertimento e il peso opaco della realtà”. “Rimini è come il blues, dentro c’è tutto”. Anche un po’ di Lambrusco e pop-corn. Forse.
Rimining non ama che ci si possa fermare sulla soglia del mistero di Rimini. Suggerisce slogan. Su una parete i volti dei riminesi immortalati da Davide Minghini perché “Rimini è fatta dai riminesi e i riminesi sono fatti di Rimini”.
Rimini, cos’è. C’è anche la versione di Valerio Zurlini. “Dove ci troviamo?”, chiede lo straniero sulla barchetta ad Alain Delon giovane insegnante di storia dell’arte: “In una città al nord fra Venezia e Ancona”. Forse la migliore definizione di Rimining l’ha coniata “La prima notte di quiete” prima che Rimining fosse.
Rimini, cos’è. E’ stata l’Ostenda d’Italia, Las Vegas, la Nizza dell’Adriatico, la Miami d’Europa. Una, nessuna e centomila. Roba da finire in psicoterapia. La modernità e la contemporaneità di Rimini sono uno spritz di pensieri improvvisi, emozioni, note, luccichii, citazioni, fotogrammi uguali e diversi. Nebbie. In mezzo c’è piantato Federico. “Perché la narrazione che ha fatto di Rimini è diventata Rimini, noi riminesi ci siamo identificati e riconosciuti in questa sua narrazione”, spiega la direttrice della Gambalunga nonché ideatrice e curatrice della mostra Oriana Maroni. A differenza di Rimini, cos’è, abituiamoci a issare interrogativi anche a proposito di Fellini e Rimini. Anche perché solo così si potrebbe tentare di apparire felliniani.
“Per documento e meraviglia” prosegue nelle sale antiche della Gambalunga. Perché grazie a Dio stiamo parlando di “una storia lunga 400 anni”. I giornalisti che hanno avuto il privilegio oggi di visitare in anteprima la mostra, sono stati guidati al piano superiore da Piero Meldini, e non è stata una fortuna da poco. Il respiro della cultura di Rimini, ovvero della coltivazione di quell’umanità che ha i tratti caratteristici della riminesità, abita qui. Nella prima sala, riservata all’età malatestiana, col Codice Pandolfesco, il Codice degli Statuti, il trattato sull’arte della guerra di Roberto Valturio, il De civitate Dei composto dall’amanuense Donnino di Borgo San Donnino, ed altro. Ma soprattutto l’Astronomicon di Basinio da Parma. Piccolo e prezioso. Pergamenaceo e miniato, con l’universo e le costellazioni dipinte a colori vivaci. Uno dei pochi codici superstiti della stessa tradizione manoscritta dell’Astronomicon, undici in tutto il mondo. Così almeno assicurava il presidente della Fondazione Carim, Luciano Chicchi, quando pubblicava nel 1994 una edizione in fac-simile dell’opera di Basinii Parmensis. Studiato da Augusto Campana, come sa chi ha sfogliato il Dizionario biografico degli italiani pubblicato nel 1965. Arrivato nelle mani di banca Carim grazie alla segnalazione dello storico dell’arte Alessandro Conti, che mise Enzo Pruccoli (entrambi nel frattempo scomparsi) sulle tracce degli Astronomica fino alla decisione di Carim e Fondazione di agguantare il poemetto alla casa d’aste londinese Sotheby’s spendendo 115.500 sterline. Oggi la sua quotazione, anche dopo il restauro, è certamente di molto superiore e a beneficiarne è Crédit Agricole Cariparma, che se l’è ritrovato fra le mani per grazia ricevuta (da Carim).
Chi pensava, come noi, che l’atterraggio dell’Astronomicon in Gambalunga fosse definitivo, ha avuto una delusione. Si trova in mostra “per gentile concessione di Crédit Agricole”. Poi potrebbe tornare nella cassaforte della banca in piazza Ferrari. Intellettuali di Rimini, fuori gli attributi, se ne avete. Va bene che Macron ha “francesizzato” anche Leonardo da Vinci, ma c’è un limite a tutto. Correntisti riminesi di Crédit Agricole, scrivete al presidente. “Fate i bravi, almeno depositate l’opera simbolo della corte letteraria sbocciata all’ombra di Sigismondo Pandolfo Malatesta, nella Gambalunga”. Poche righe.
Nella seconda sala, quella del Settecento, svettano Jano Planco e la sua scuola. “Un intellettuale di statura europea, che scriveva correttamente in greco antico”, spiega Meldini. “Però un attaccabrighe, un uomo dal carattere impossibile, che aveva la straordinaria abilità di farsi nemici gratis”. Della serie: Rimini, cos’è.
Terza sala, i secoli XVII-XVIII. Clementini, Giacomo Villani, Alfonso Arrigoni, Joan Blaeu con l’acquaforte della famosa tavola della città di Rimini. Qui c’è anche il “Parere di Malatesta Porta, cittadino e secretario dell’Illustre Comunità di Rimino, intorno al segno celeste ascendente di detta città”. Scorpione o Cancro? Nel Consiglio comunale nel 1613 non si parlava di metropolitana di costa ma ci si preoccupava di capire i tratti caratteriali dei riminesi. Scorpioni, secondo Malatesta Porta, e dunque incostanti, pigri e sensuali. Rimini, cos’è.
Infine Alessandro Gambalunga: il suo testamento, l’inventario dei volumi, il codice delle Metamorfosi di Ovidio, lo splendore delle legature che faceva realizzare da un artigiano ospite nel suo palazzo.
Si chiude con le luci cangianti di Daniele Torcellini (a cura di Annamaria Bernucci). Mistero che non può essere svelato. E che solletica un’altra non domanda: la Biblioteca, cos’è.
Per documento e meraviglia. Una storia lunga 400 anni. Fino al 20 gennaio 2020 alla Gambalunga. Aperta da martedì a domenica: ore 16-19 (chiusura 1° novembre, 25 dicembre). Visite guidate gratuite su prenotazione: da lunedì a venerdì ore 9-18; sabato ore 9.30, 10.30, 11.30.
Inaugurazione domani, ore 17,30, con un incontro nella sala della Cineteca al quale partecipano il sindaco Andrea Gnassi e i curatori della mostra Oriana Maroni e Piero Meldini.
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