Dell’era Gnassi c’è qualcosa da salvare. Ma anche tanto da trasformare. A partire dalla condivisione delle decisioni con tutti i portatori di interesse. Il turismo dovrà essere il grande cantiere del rinnovamento. Verticismo e dirigismo sono la conseguenza di 70 anni di potere ininterrotto e pongono l'esigenza della alternanza. E sul candidato sindaco del centrodestra l’esponente di Fratelli d’Italia dice: se c’è la personalità civica in grado di fare la differenza, quella deve essere la scelta. Ma il centrodestra non abbia paura di esprimere un candidato politico. Anche a Rimini si stanno creando le condizioni che portarono al cambiamento a Riccione nel 2014. Intervista.
«Il centrodestra non deve avere paura di esprimere un candidato politico, anche perché in questa fase storica ci sono tutte le condizioni per farlo». E’ il pensiero di Carlo Rufo Spina (nella foto), da poco accolto nel partito di Giorgia Meloni insieme a Filippo Zilli e Nicola Marcello. E in questa intervista concessa a Rimini 2.0, Spina parla delle elezioni comunali e soprattutto della città e del cambiamento che la attende. Con una sorpresa: dell’era Gnassi c’è qualcosa da salvare, spiega, c’è una eredità da raccogliere nel solco della continuità, insieme a tanto altro che invece dovrà mutare verso.
La sua è la posizione dell’orgoglio politico? Non rischia di essere perdente la candidatura di un politico?
Assolutamente no. Faccio questo ragionamento: se c’è il candidato civico che scalda i cuori, il nome capace di fare la differenza, la personalità di rilievo in grado di farsi largo perché brilla di luce propria, io dico: benissimo, il candidato deve essere lui. Senza il minimo tentennamento. Ma oggi questa figura non c’è. Mi pare ci siano più le condizioni che si presentarono a Riccione nel 2014 e, volendo, a Bologna nel 1999.
Ovvero?
Renata Tosi proveniva da dieci anni di consiglio comunale, Guazzaloca non era in politica ma ben inserito nel tessuto economico bolognese, come presidente di Confcommercio, della Cciaa e socio della Fondazione Cassa di Risparmio. Se guardiamo anche al centrosinistra di Rimini, si sta ponendo il tema civico perché nel Pd c’è la spaccatura che conosciamo, altrimenti i sindaci sono sempre stati espressione della politica.
La spaccatura in casa Pd è un assist per voi?
E’ un dato di partenza che potrebbe fare la differenza. Comunque tenteranno di aggiustarla, ma la spaccatura c’è e ha già scavato un solco profondo. E’ un po’ il contesto che si creò a Riccione e a Bologna. Mi limito a Riccione: vinse una personalità trainante, unificante e con un programma di rottura, di profondo cambiamento. A Rimini non dobbiamo puntare sulla rottura, perché per certi versi la rottura l’ha già impostata il sindaco Gnassi nel suo secondo mandato.
Questo è uno scoop! La destra salva qualcosa dell’amministrazione Gnassi? E che cosa?
La stagione Ravaioli-Melucci è andata avanti con la benzina dei motori immobiliari e Rimini da questo punto di vista era arrivata a livelli insostenibili. Tutto ciò è proseguito, di fatto, fino al 2015-2016. Col secondo mandato di Gnassi il percorso cambia e si pianifica la necessità di trovare altrove, non nel cemento, le risorse per cambiare il volto della città. Si punta sui bandi regionali, nazionali ed europei. In sede di discussione sul bilancio comunale, ho riconosciuto a Gnassi di essere stato bravo su questo versante, cioè nel reperimento di risorse pubbliche derivanti dai bandi. Ritengo non si debba assolutamente tornare indietro. Occorre procedere su questa strada. Una certa discontinuità con il passato è stata impostata, spetta a noi continuarla e migliorarla. Davanti, poi, abbiamo il Recovery fund.
Quindi?
Personalmente non nutro il minimo dubbio sul fatto che Mario Draghi riuscirà a fare ottenere all’Italia tutti i 209 miliardi di euro del Recovery, fino all’ultimo centesimo. Parliamo di risorse per infrastrutture, ambiente, eccetera, una fetta importante delle quali sarà a disposizione di una capitale del turismo quale è Rimini. Bene, noi dovremo essere bravi ad intercettare quei soldi per cambiare volto alla città. Una città che si è rinnovata ma che dal punto di vista turistico necessita di quella trasformazione che la sinistra non ha mai saputo interpretare e coronare, nemmeno col sindaco Gnassi, e che il Covid ha, turisticamente parlando, sconquassato.
Quale leva ha in mente per dare concretezza alla trasformazione di cui parla?
Per quanto riguarda gli strumenti urbanistici il Pug, il Piano urbanistico generale, e qui il Comune di Rimini è colpevolmente in grave ritardo, ha perso tanto tempo senza riuscire nemmeno a chiudere ancora il percorso del Rue, regolamento urbanistico edilizio. Il Pug sostituisce Psc, Rue e Poc: indici, destinazioni urbanistiche e tutto il resto avranno un unico Piano. Dovremo impostare il nuovo Pug entro la fine del 2021 perché nello stesso momento avremo a disposizione le risorse del Recovery e sarà anche fondamentale disporre di una struttura comunale in grado di intercettare questi denari ed altri ancora.
Qualche accenno sulla filosofia del nuovo Piano urbanistico?
Togliere in orizzontale e sviluppare in verticale, eliminare cubatura aumentando le aree verdi, le vere piste ciclabili… che non sono quelle realizzate sui marciapiedi o interrotte ogni dieci metri dagli attraversamenti pedonali ma, sul modello del nord Europa, vere e proprie «autostrade ciclabili», che mettano in relazione anche i comuni della riviera. E poi c’è il centralissimo, e non più rinviabile, tema dei parcheggi. Oggi la città sconta pesantemente un pauroso sottodimensionamento dei parcheggi che ha contribuito a creare la crisi di tutte le attività del centro storico e che avrà le stesse ripercussioni sulla zona turistica. Non ce lo possiamo davvero permettere.
Con l’aggravante che a Marina centro la giunta uscente ha dato il via alla pedonalizzazione senza programmare la sosta e la viabilità…
E’ stata una follia, una clamorosa mancanza di pianificazione che va subito recuperata, il punto di caduta più basso che rimarrà nel curriculum politico-amministrativo di Gnassi. Io penso che lui abbia semplicemente voluto inaugurare qualcosa di suo, a differenza di teatro Galli, Fulgor e Psbo che gli sono stati «preparati» dai sindaci precedenti. Faccio notare una cosa: nel 2020 Rimini ha registrato un calo di presenze di quasi il 48%, il peggior risultato su scala provinciale e romagnola, e quindi le conseguenze effettive di un lungomare chiuso al traffico e senza parcheggi, non si sono viste in tutta la loro problematicità. Ma è facile comprendere cosa accadrà quando potremo tornare alla normalità con i milioni di presenze che siamo abituati ad accogliere. I servizi devono precedere o andare di pari passo con l’opera pubblica, altrimenti salta tutto. Per non parlare dei lavori fatti due volte e degli altri limiti connessi al parco del mare.
Ancora sui parcheggi: dove si possono ricavare?
Nella fascia turistica immediatamente al di sopra della ferrovia, dove insistono strutture ricettive decotte, si possono ricavare sia parcheggi multipiano che interrati, mentre al di qua della linea dei binari sono ugualmente necessari ma sotto il livello stradale. Penso a piazzale Fellini, proposto tante volte ma mai concretizzato. Ricordo che sia per i privati che per l’amministrazione comunale i parcheggi sono un investimento. Per il Comune di Rimini sono l’unico servizio a domanda individuale nel quale guadagna, e non di poco, ma del 400%.
Pare di capire che il centrodestra nutra dubbi sostanziali sul parco del mare. Anche sulla opportunità di proseguirlo?
Il centrodestra, a differenza di Gnassi, si confronterà con tutti i portatori di interesse prima di assumere le decisioni, e questo varrà per il Pug, per definire le linee di sviluppo del turismo e anche per il parco del mare. Il mio pensiero è che, visti gli scarsi risultati ottenuti fino ad oggi, sul parco del mare si debba fare un punto serio con albergatori, bagnini, chioschisti e tutto l’insieme dei mondi socio-economici di Rimini, ma anche con i residenti, per poi decidere insieme il da farsi. Ovviamente non si può tornare indietro sui due tratti realizzati, ma sul resto ci sarà bisogno di approfondire e valutare.
Questa sottolineatura della concertazione sembra avere una forte valenza politica per marcare un cambio di passo rispetto agli ultimi dieci anni: è così?
Certo. Cosa ha dovuto dire il candidato erede di Gnassi, Jamil Sadegholvaad, nella sua prima uscita pubblica? «Ascolto e confronto». Sostanzialmente: vorrei essere il nuovo Gnassi ma senza gli errori di Gnassi, il primo dei quali è stato quello dell’uomo solo al comando che non si è misurato coi portatori di interesse. Ma Jamil in dieci anni quando mai è riuscito a far cambiare idea al suo sindaco nell’ottica dell’ascolto e del confronto? Perché non l’ha fatto sulla imposizione, ad esempio, della piscina a Viserba, sulla cui localizzazione si registra la rivolta dei viserbesi? Da un giorno all’altro, senza nessun confronto in consiglio comunale e con i cittadini, è stato deciso di spostare da via della Fiera a Rimini nord una delle opere più rilevanti, anche dal punto di vista finanziario, del decennio Gnassi. Dirò di più: qualunque sarà il candidato sindaco del centrosinistra, come faranno i riminesi a dare ancora credito alle promesse? Da 70 anni promettono e non mantengono. E sa perché?
Perché?
La continuità ininterrotta del potere da 70 anni, ha generato quel verticismo e quel dirigismo che tutti vediamo. Verticismo e dirigismo che quindi non sono solo figli dello «stile» personale di Gnassi, ma di un sistema incancrenito. Non solo. Le inchieste penali in corso raccontano la stessa radice del problema: portano a galla le derive di un potere assoluto che si sente intoccabile e che si comporta di conseguenza. Se gli “attori” politici al governo della città cambiano ogni cinque o dieci anni, tutto questo non accade, o comunque è molto più difficile che si verifichi. Rimini ha bisogno di alternanza.
Veniamo più nel dettaglio al tema dei temi, il turismo. Lei ha una idea «forte» su come affrontare il toro per le corna?
Anche di recente ho presentato una interrogazione sulla riconversione delle strutture alberghiere abbandonate o fuori mercato. Siamo una industria turistica, tutti lo ripetono, salvo poi non essere conseguenti con l’enunciazione. La mancanza di visione da parte di chi ha amministrato da sempre questa città ha cristallizzato uno stato di fatto che impedisce vere trasformazioni. Tutto è rimasto fermo agli anni del boom, quando la riviera faceva il tutto esaurito sempre e comunque. Nel frattempo è cambiato il mondo, ma non gli strumenti urbanistici a Rimini, che sono diventati un freno per i nostri operatori turistici. La pandemia ha naturalmente aggravato la situazione. Si conta, ma la stima è prudente per difetto, che ci siano almeno 350 strutture ricettive (circa un terzo del totale) abbandonate, e probabilmente un altro terzo che apre i battenti solo per la stagione e risultano fuori mercato, costrette ad operare in condizioni di “dumping economico”. Inutile girarci intorno: il cambio di destinazione non può più essere un tabù, va invece inteso come una esigenza non più procrastinabile del nostro tessuto economico. Aprire il cantiere del rinnovamento significa investimenti, più lavoro (sarebbe una leva anche per l’edilizia) e più benessere per tutti.
Nelle passate elezioni comunali al centrodestra è sempre mancato quel «quid» in più necessario per vincere, forse perché determinate categorie non si sentono garantite da voi?
Può essere successo questo, anche per segnali contraddittori che sono stati lanciati. Probabilmente è stata prevalente la pars destruens sulla pars construens. Ma credo che il centrodestra abbia nel frattempo dimostrato di avere le carte in regola e la credibilità per governare questa città. Il nostro mondo imprenditoriale ragiona giustamente un po’ come i mercati, chiede stabilità. E noi ci siamo creati la credibilità e la fiducia necessarie nell’ottica della stabilità.
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