Sacchetti parla e inguaia il Pd

Sacchetti parla e inguaia il Pd

Rimini è «una città con problemi atavici», che deve ancora trovare il proprio posto nel mondo. Lo dice la Lega? No, ma il segretario provinciale del Pd.

Qualcosa in comune col segretario nazionale del suo partito, il giovane Filippo Sacchetti ce l’ha. Le gaffe. In un partito che ha perso la bussola e che è dilaniato da polemiche interne sempre più accese, ma che soprattutto ha ampiamente smarrito la bussola, il caso del segretario provinciale è un po’ da manuale. Non solo non ha ancora levato un ragno dal buco sulla vicenda del candidato sindaco di Rimini, ma le sue continue dichiarazioni stanno solo peggiorando la situazione e dimostrano quanto il partito si sia incartato.
Dichiarazione di ieri: «Una città con problemi atavici ancora da risolvere e nuovi imposti dall’agenda dell’emergenza sanitaria e sue conseguenze». Che il segretario provinciale del Pd ammetta candidamente che Rimini deve fare i conti con «problemi atavici», quando alla guida del Comune dal dopoguerra ad oggi a dare le carte è stato il Pd, significa sottolineare col la matita rossa i problemi che gli amministratori del suo partito non sono stati in grado di risolvere. E Sacchetti, almeno in teoria, dovrebbe essere lo sponsor della continuità con Gnassi, il quale va ripetendo che, grazie agli ultimi suoi dieci anni a palazzo Garampi, Rimini è incamminata verso un futuro luminoso ed ha risolto i nodi critici che la zavorravano. Se il primo a smentire questa narrazione è il leader del Pd, significa che il centrodestra ha trovato un alleato importante.

«In questi giorni ho letto appelli e documenti pervenuti presso la sede del Partito Democratico, sottoscritti da parte del gruppo dirigente del pd riminese. Una somma del 100%. E’ una grande novità e lo considero un grande passo avanti. Una posizione condivisa che fissa due paletti ben chiari, che definiscono una importante maturità politica: da una parte diciamo NO alle primarie come strumento di regolamento di conti nelle piazze della città, che ha bisogno di tutto tranne che di una disputa aspra in un momento di tensione sanitaria e sociale come questo. Dall’altra parte un NO alle forzature per non decidere in sedi riservate o segrete stanze un candidato sindaco per una manciata di voti, che di certo sarebbe ancora meno rappresentativo del sentimento libero e aperto che da sempre contraddistingue la comunità riminese», ha spiegato Sacchetti. Ma la litania dei no non smuove di un millimetro lo stallo che contrappone Jamil Sadegholvaad a Emma Petitti. I quali continuano imperterriti nella loro campagna elettorale.

«Sono stanco di un partito ostaggio delle correnti, e anche di singole personalità che alimentano di continuo lo scontro e le tifoserie», aggiunge Sacchetti. Ovvero darsi la zappa sui piedi. Se il Pd di cui è leader versa in questo stato significa che il segretario non è stato in grado di superare la logica della guerre fra bande né di indicare una sintesi capace di superarla. Anche nel seguito del suo ragionamento si avvita in un vicolo cieco.
«Da quando sono segretario, le uniche tessere che sono cresciute nel Pd di Rimini sono quelle dei giovani democratici. Credo di sapere perché. Perché ci siamo sforzati di chiedere una mano alle migliori energie della nostra città, senza chiedergli da che parte stanno prima di avergli chiesto quali idee hanno per cambiare in meglio la società». E’ un bel segnale che solo la componente giovane dia segnali di vita? E non sarà che la ragione debba essere ricercata anche nel fatto che chi ha meno esperienza e conoscenza della realtà, appare anche meno attrezzato a valutare e a riconoscere i problemi atavici? Mentre gli altri se ne stanno lontani dal partitone in stato comatoso?

Invoca un «partito unito, nei suoi organismi dirigenti», Filippo Sacchetti, capace di indicare una strada, di trovare un accordo e la «via giusta». Un mestiere che dovrebbe essere prima di tutto il suo, insieme a chi guida il partito, e non di altri.
«Cambiare per migliorare, per restituire a Rimini il proprio posto nel mondo e nel costume italiano». Ma ce l’ha già questo posto nel mondo, come sostiene Andrea Gnassi, oppure no? Siamo un faro nel rinascimento italiano, oppure barcolliamo nel buio? Non è una questione secondaria. Perché se Rimini ha problemi atavici e deve ancora mettere a fuoco il proprio posto sullo scenario italiano, significa affibbiargli una pagella da ripetente e assestare un assist favoloso all’opposizione.

COMMENTI

DISQUS: 0