Nel vicolo che costeggia il Comune, un uomo fa i suoi bisogni culo all’aria, sotto gli occhi di turisti, bimbi, passanti. Reportage di un venerdì riminese, con disabile appresso. Il Museo della Città? Interdetto a chi non è ‘normodotato’. Bisogna chiedere aiuto a tizio, farsi aprire la porta da caio, farsi accendere la luce da sempronio. E la strada, in ghiaia, non è sicura.
Rimini non è un paese per carrozzelle
Questo articolo parla di un paio di cose. La più schifosa è la merda, ma quella la dico dopo. La più importante è questa.
Di solito non esco la sera, di solito, la sera, non vado a Rimini. La sera resto recluso nell’oblò del mio cervello. Ad annaspare pensieri come un pesce sull’asse del peschereccio: boccheggia, sbanda, sbatte, annaspa, cerca di usare le pinne come ali, cerca ostinatamente di volare, cerca, mentre gli si bloccano le branchie, di mutarsi in falco, muore. Ieri sera, però, sono andato a Rimini. Volevo ascoltare Luciano Canfora, il leninista platonico, che presso il Lapidario romano al Museo della Città ha evocato la sua pungente nostalgia del comunismo realizzato, dicendo, grosso modo, che il capitalismo è brutto&cattivo e che il denaro è la merda del diavolo. Ma non è questa la merda a cui farò riferimento. Comunque. All’evento partecipo insieme a una bellissima donna ridotta, dopo un incidente, alla carrozzella. Pur restando una bella donna oggi, per il mondo, è una ‘disabile’. Avendo a che fare con lei, mi accorgo che girare per Rimini è una giungla. L’ingresso al Museo civico, poi è interdetto. Scale troppo alte, manca una pedana. Bisogna fare il giro largo, molto largo, facendo ingresso per un cancello, e poi per l’entrata laterale, come gli indesiderati e gli ‘imbucati’. Ma perché un disabile non può entrare come noi normodotati dall’ingresso principe del Museo civico, che è di tutti? Senza contare la vergogna di: chiedere aiuto a qualcuno, chiedere a qualcuno che ci indichi l’ingresso, che ci apra la porta, che accenda una luce, sennò cadiamo. Idem per il ritorno. Beccare uno del Museo, chiedere la gentilezza di: aprire la porta, accendere la luce, indicazioni varie. Per altro, l’ingresso laterale, dal cancello in su, è una scia di ghiaia. La carrozzina vibra, salta, l’amica sta scomoda, ha un po’ paura. Non è l’unico imbarazzo. Piazza Cavour trasuda di sanpietrini che rendono disagevole la gita in carrozzina, pigliamo vie di asfalto per andare più lisci, ma l’asfalto pare una lasagna, è a sfoglie, fitto di buche, un paio di volte rischio di far cadere l’amica. “Dovrei girare con una piccola telecamera attaccata alla caviglia, così si renderebbero conto…”. Ha ragione. Se non l’avessi accompagnata, non mi sarei reso conto neanche io.
Scene pazzesche in vicolo San Martino
Adesso viene la merda. Per evitare di ballare sui sanpietrini e sulle buche, svolto in una via più ‘liscia’ per facilitare la gita all’amico. Vicolo San Martino, di fianco al Comune di Rimini. La scena è agghiacciante. Un tizio, povero lui e poveri noi, ha le braghe abbassate, si sta nettando il culo con un fazzoletto. Ha appena terminato una sonora cagata. Avendo figli al seguito, essendo al seguito di un paio di intellettuali riminesi – Marco Bertozzi, Roberto Paci Dalò – torniamo bruscamente indietro e prendiamo un’altra via, più avanti, una bestemmia di asfalto. Un tipo mi dice, ‘fai una fotografia’. Mi rifiuto. Chissà chi è quell’uomo, qual è la sua storia, chi è sua madre, i suoi fratelli, che vita ha avuto… Ne tutelo le vergogne nell’alcova del pudore. Lo faccio io per lui, svergognato dalla povertà e dalla sofferenza. Però, il fatto è pazzesco. In una via del centro, di fianco al Comune, un uomo caga, culo all’aria, sotto gli sguardi di turisti, di bimbi, di passanti. Che schifo.
Fa schifo che giriamo le spalle, in direzione del prossimo apericena
No, non fa schivo il poveraccio che fa dell’edificio comunale il proprio cesso all’aria aperta. Fa schifo che nessuno si prenda cura di lui, che giriamo le spalle, oltraggiati nel nostro perbenismo, per affrontare il prossimo apericena. Ma la scena non finisce qui. Poco prima un paio di ubriachi campeggiavano in piazza Ferrari. Impossibile lasciare i figli a giocare da soli. Poco dopo, stacco il gruppo e m’infilo in Piazza Cavour. Bancarelle dei libri. Troppo cari. E poi, li ho tutti. Alle spalle delle bancarelle, di fianco alla galleria comunale Far voluta dall’Assessore ‘alle arti’, dormono in due. Sono vecchi. Chiamateli ‘senzatetto’, clochard, barboni. Lo skyline è pazzesco. I fighetti seduti nei bar più prestigiosi della piazza centrale di Rimini, che cazzo gli frega a loro, i flaneur che vagano per bancarelle sfigate, i poveracci, davanti a tutti, nella notte d’agosto, che dormono e bevono e cagano sotto il chiostro del Comune. Che dobbiamo fare? Eliminare i poveracci perché urtano le vacanze del borghese? Figuriamoci, siamo più poveracci noi di loro. Mi rompe le scatole che il governo dei concerti, dei lustrini e del Fulgor dato in gestione a terzi – dopo tutti i soldi spesi… – non si occupi anche di questi fatti, sconcertanti, che non chiedono certo la progettualità di un Cavour del turismo internazionale. Troppo presi a occuparsi di cagate, si dimenticano di chi caga all’ingresso del Comune. Alla peggio, ricoverate i poveracci nella Far.
Fotografia: Piazza Cavour (© Gianluca Moretti)
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