Scivolone anti-leghista e anti-russo del giornale dei vescovi sulla capitale del turismo

Scivolone anti-leghista e anti-russo del giornale dei vescovi sulla capitale del turismo

La città si chiama Rimingrad, l’aeroporto Putin, l’ospedale Molotov: nel mirino c'è Salvini

In un fanta-editoriale il giornale della Cei “Avvenire” descrive la futura Rimini leghista come un campo di concentramento per russi ustionati, dominata da prostituzione e oro finto. Ma cicca grossolanamente il bersaglio: il turismo massificato c’era già in passato e c’è ancora; quanto alla malavita e alla prostituzione, non dobbiamo certo aspettare, come da anni denuncia lo stesso vescovo Lambiasi. Del resto chi da decenni amministra la città della ludopatia non sono le camicie verdi amiche di Putin, ma i cattolici del “dialogo” insieme ai post-comunisti.

Il giornale dei vescovi italiani “Avvenire” ha un chiodo fisso in testa da tempo: la Lega Nord di Salvini. Tutto ciò che ricorda anche solo lontanamente lo spettro che si aggira in felpa per l’Europa, va demonizzato, isolato e condannato, a prescindere – con tanti saluti ai ponti e al dialogo. Dappertutto e con chiunque si va e si dialoga, a Ponte di Legno non si va, con quelli non si dialoga.
Una ossessione politica? Non diremmo, perché Paolo VI, che “Avvenire” dovrebbe conoscere, definiva la politica la più alta forma di carità e qui di carità non c’è nemmeno l’ombra. E’ un’ossessione più propriamente partitica.
Una avversione “ad personam”, precisamente “ad Salvini personam”.
La più recente epifania del fenomeno è di ieri, domenica 20 agosto. In posizione strategica, negli editoriali a pagina 3, troviamo un fanta-articolo della rubrica “Estate futura”, a firma di Umberto Folena, intitolato “2037: quando la Riviera si trasformerà in Riminigrad”.
Il testo consiste in una sassaiola di lazzi e frizzi all’indirizzo del futuro “governo di Salvo Bruschini”, sotto le cui spoglie il lettore del circolo parrocchiale riconosce facilmente Matteo Salvini (nella foto col segretario della Lega Nord Romagna Jacopo Morrone).

Nella prosa dell’editorialista cattolico questo Salvo Bruschini risulta talmente stupido ed incapace, da aver venduto la Riviera Romagnola “al colosso dell’energia GazGaz” rinominandola “Costa dei Moscoviti”, “un sacrificio reso necessario dall’insostenibile debito pubblico del Paese”. Solo in tal modo la presunta futura Italia leghista “non soffre la crisi e segna il tutto esaurito”, riempiendosi di “cittadini russi con il riscaldamento gratuito” e con “un oligarca avvelenato al dì”.
La città si chiama Rimingrad, l’aeroporto di Miramare è stato ribattezzato Putin, l’ospedale Molotov. “Frotte di pallidissimi turisti nel tragitto dallo scalo all’albergo riescono a ustionarsi”, in spiaggia ascoltano “pop siberiano sparato a palla”. La Farma Nord fornisce le pomate per proteggersi dai raggi ultravioletti, i “BaZar vendono la crema solare Bruschinsun” e “canotti con la forma di sommergibile nucleare”. La Technobruschini “ispirandosi alle ruote panoramiche ha brevettato le sdraio rotanti e sovrapposte”, marchingegni che fanno “i russi assai felici” perché “ricordano le cuccette dei gulag”: un “effetto vintage vincente”, “la Russia sa come valorizzare la Tradizione”. Infine, “bionde di mezza età, ormai arricchite, accompagnati da giovanotti dall’indubbia professione carichi di catene d’oro”, beninteso “oro fasullo fornito dalla Bigiotteria Bruschini” che si compra “per una manciata di rubli sentendosi così un poco rimingradesi”.

La tesi è dunque quella di un Salvini-Bruschini prono ai voleri dello Zar Putin con annessi e connessi (oleodotti, rubli, prostituzione). Appare incomprensibile associare “la Tradizione” russa con “le cuccette dei gulag”, così come appare rozzo e poco dialogante ritrarre il popolo russo come un gregge di signorine e magnaccia, ustionati e in canotto-sommergibile, ma cosa vogliamo farci, queste sono le visioni del giornale dei vescovi che per fortuna non è il Vangelo.

Stia tranquillo “Avvenire”, ciò che profetizza di una improbabile Rimini russo-leghista del futuro, in gran parte c’è già oggi: i lettini girevoli sono già stati inventati; i turisti dell’est sbarcano da anni in aeroporto, a centinaia di migliaia e bene accetti; il pop sparato a palla non è una novità…
Inoltre certi fenomeni sono già accaduti nel passato ed accadono nel presente di una città, che dal dopoguerra è stata ininterrottamente a guida comunista, eccetto una manciata di anni di pentapartito, e che da un quarto di secolo è governata dai post-comunisti insieme, guarda un po’, ai cattolici del dialogo, ai cattolici del compromesso, avendo la maggior parte del mondo cattolico riminese (parrocchie, Azione Cattolica, Caritas, altre associazioni) scelto da oltre vent’anni di travasare allegramente e pubblicamente i voti verso il centrosinistra di palazzo Garampi; ed essendo ultimamente saliti sul carro anche una parte di “ciellini” con qualche centinaio di voti.
La prima formula ulivista municipale, infatti, fu sperimentata proprio a Rimini nel lontano 1994 e da allora non ha mai perso un’elezione. Senonché i problemi che già c’erano (massificazione turistica eccessiva, divertimentificio e sballo, prostituzione) non solo non sono stati risolti, bensì ad essi se ne sono aggiunti di nuovi, vedi ludopatia e investimenti del riciclaggio di denaro sporco.

Lo denuncia il vescovo stesso di Rimini, mons. Francesco Lambiasi, una persona della cui opinione il giornale dei vescovi dovrebbe almeno essere informato, se non altro per non gonfiare la rete con l’autogol del fanta-editoriale.
Prendiamo un florilegio delle reprimende rivolte da Lambiasi alla città, non del domani ma dell’oggi.
Il vescovo era appena arrivato nella sua sede episcopale quando, in occasione della festa del patrono 2007, invitò Rimini a “combattere la prostituzione”, “fenomeno in crescita, favorito anche dalle migrazioni e da quanti senza scrupoli si inseriscono con le loro illecite attività fra le pieghe della legge”: “ora il problema si ripropone”, “impegno intelligente e assiduo per sconfiggere un fenomeno così degradante”, “un territorio … degradato e di dubbia fama”.
Nello stesso discorso invitò a considerare quello del divertimento e dei giovani un “problema sociale”: “Offriamo divertimento, consumi, stili di vita spesso sopra le righe”; “avevo auspicato nei giovani la maturazione di uno stile controcorrente, ispirato cioè ai valori veri e belli della vita, e non alle mode dei consumi e delle trasgressioni”, concludeva con una punta di amarezza Lambiasi.
Critiche ripetute anno dopo anno, fino al discorso del patrono del 2016, quando il vescovo è tornato a rinnovare “la sfida di trasformare nell’immaginario collettivo la rappresentazione della nostra Città”, oggi ancora quella “consumistica della «vetrina di eventi»”.

Nei nostri tempi odierni, a guida post-catto-comunista, e non in chissà quale futuro leghista, Rimini è già messa così male che Sua Eccellenza il vescovo dovette fare un duro discorso nel 2015 davanti alle autorità cittadine.
Ne ricordiamo le frasi più forti: “il sogno di una Rimini bella e vivibile, lo formulo con una litania di NO a 7 piaghe che tutti concordemente dobbiamo e vogliamo stigmatizzare con parole credibili, coerenti, concordi”; “Sogno una Città che dica NO alla piaga della prostituzione”; “Sogno una Città che dica NO alla piaga della ludopatia: Rimini si colloca al 12° posto in Italia per spesa al gioco d’azzardo, con una media di 1.384 euro pro capite; nel nostro Comune si contano 927 slot-machine, 211 esercizi con apparecchi slot, 222 VLT in 18 sale collaudate”; “Sogno una Città che dica NO alla piaga della mafia e della malavita organizzata”; “Sogno una Città che dica NO alla piaga della disoccupazione: secondo i dati più aggiornati, il tasso di disoccupazione, 11,1%, risulta tra i più alti a livelli regionale, secondo solo a Ferrara”; “Sogno una Città che dica NO alla piaga della discriminazione. Leggo da un giornale locale un servizio sull’ennesima operazione anti-degrado svolta dai nostri carabinieri: «Un appartamento trasformato in dormitorio-formicaio con ben 17 letti stipati in ogni angolo»”; “Sogno una Città che dica NO alla piaga dell‘inquinamento”; “Sogno una Città che dica NO alla piaga del drammatico calo demografico: nel 2013 i nati sono stati 1.210, il dato più basso degli ultimi cinquant’anni. Una Città che non aiuta a far nascere bambini è una Città che si è già mangiato grosse quote di futuro, e anche il presente è meno felice e dinamico. Meno umano”; “Sogno una Città che dica SI’ a un futuro più umano”.

Se il giornale dei vescovi si fosse fatto descrivere la Rimini di oggi dal suo vescovo, non avrebbe avuto bisogno di immaginarla così in un lontano futuro.
Ma “Avvenire” voleva sbertucciare l’incolpevole Salvini a tutti i costi. Anche a costo di coprirsi di ridicolo, senza fare ridere, per giunta facendo girare le balle ai riminesi (che di problemi ne hanno già abbastanza).

COMMENTI

DISQUS: 0