Sempre più povero il “salvadanaio” dell’università di Rimini

Sempre più povero il “salvadanaio” dell’università di Rimini

Il salvadanaio è quello alimentato dai soci di Uni.Rimini, la società consortile che sostiene il polo universitario. Dal 2009 ad oggi i sei principali contribuenti hanno ridotto i loro aiuti da 2 milioni e 700 mila euro circa, a 1 milione e 800 mila. Ma il brutto, forse, deve ancora arrivare, perché sparirà la Provincia, la Camera di Commercio sarà ridimensionata, i Comuni non navigano in buone acque, la Fondazione Carim è in ristrettezze, la Fiera è alle prese con un sistema fieristico e congressuale che ha i conti in rosso. Intervista al presidente di Uni.Rimini, Leonardo Cagnoli. Che annuncia la ricerca di nuovi partner. E si difende anche dalle accuse di conflitto d'interesse per il contemporaneo incarico di vicepresidente della Fondazione Carim. E da altri conflitti che hanno a che fare con la gestione di importanti servizi universitari, che fanno capo a membri della Fondazione e di Banca Carim.

L’ex primario ospedaliero che da gennaio guida Uni.Rimini, la società consortile che sostiene lo sviluppo del polo universitario di Rimini, ha ormai una preoccupazione su tutte: garantire i fondi necessari al mantenimento della sede rivierasca dell’Alma Mater. Mission per nulla scontata. Anzi, parecchio in salita.
Leonardo Cagnoli (nella foto) è approdato sulla tolda di comando di via Angherà (in precedenza sedeva nel cda) dopo molti contrasti fra i soci di Uni.Rimini che contano. Oggetto del contendere la designazione del successore di Luciano Chicchi. Tanto che per convincerli a darsi una mossa e a mettere da parte le divisioni che hanno determinato i tempi lunghissimi nella nomina, nell’ottobre dello scorso anno il vescovo, mons. Lambiasi, si prodigò in una plateale e pubblica tirata d’orecchie.
Ora però è un’altra la spia d’allarme che si accende e per capirlo basta dare un’occhiata alla compagine societaria di Uni.Rimini. Al primo posto nella classifica degli investitori c’è la Fondazione Carim col 42,093%, seguono, staccati di parecchio, Comune di Rimini (20%), Provincia (13%), Camera di Commercio (10%), Fiera (5%), Confindustria (3,5%). Le altre sono tutte partecipazioni minori e arrivano dai Comuni di Misano, Cattolica, Riccione, Bellaria e Santarcangelo, associazioni di categoria, Fondazione Enaip e Società Gas.
Quasi tutti i partner di peso sono alle prese con problematiche di diverso genere che hanno a che fare coi bilanci: la Provincia è in fase di “dismissione”, sulla Camera di Commercio soffia un garbino che rischia di indebolirla parecchio, le amministrazioni comunali non ne parliamo, le associazioni di categoria vivono la stagione più difficile della loro storia, dalla Cna a tutte le altre. Dove si va con un “salvadanaio” così composto? Il futuro del polo riminese, più che dalla didattica, sarà deciso dalle questioni finanziarie?
Il dato che regala qualche pensiero a Cagnoli è il seguente: negli ultimi cinque anni il contributo dei sei soci principali si è ridotto di quasi il 34%. Nel 2009 il budget raggruppato grazie alle somme corrisposte dai sei soci era stato di 2.716.690 euro e dopo progressivi assottigliamenti è arrivato, nel 2014, a 1 milione e 800 mila euro, con una riduzione percentualmente identica per ognuno dei soci in conseguenza del fatto che Uni.Rimini è una società consortile.
L’ex numero uno di nefrologia e dialisi dell’Infermi, che comunque non ha ancora appeso la professione al chiodo, non è uomo da scoraggiarsi facilmente e tende a vedere sempre il bicchiere mezzo pieno, ma non nasconde che il polo universitario di Rimini debba oggi fare i conti con una situazione complicata. Che richiede anche di perlustrare strade nuove per far affluire risorse fresche.

Allora, presidente: meglio la responsabilità in ospedale o in Uni.Rimini?
Importanti tutte e due, direi. La mia vita è stata molto fortunata perché ho potuto fare quel che ho desiderato dal punto di vista della professione, che mi ha dato un sacco di soddisfazioni. A Rimini, poi, mi sono trovato molto bene tanto che ho deciso di sceglierla per lavorarci e per vivere.

Come sono stati questi primi mesi in Uni.Rimini?
Impegnativi ma interessanti. Com’è noto non sono nuovo all’ambiente dell’università e quindi non mi è stato difficile inserirmi nel nuovo incarico, per di più dopo una importante esperienza nel consiglio di amminstrazione di Uni.Rimini a fianco di Luciano Chicchi.

Quali sono i punti di debolezza e di forza dell’università di Rimini?
Sicuramente siamo partiti dopo altri, quindi c’è stata la necessità di risalire, di trovare un posizionamento. Visto che conosco bene entrambe le esperienze, direi che si potrebbe leggere in parallelo quel che è successo all’ospedale di Rimini e la vicenda dell’università. Dalle difficoltà dei primi anni 80, il nostro ospedale è arrivato ad essere forse il migliore della Romagna. Così l’università, partita con poche decine di studenti, oggi ne conta 5600. Non è il numero che conta, ovviamente, ma la qualità dell’insegnamento, e mi sembra che passi avanti se ne siano stati fatti, pur con mille difficoltà.

Ad esempio?
La recente istituzione del Dipartimento ha rappresentato un potenziale e decisivo salto di qualità perché per tanti anni a Rimini abbiamo potuto fare solo didattica. Non avendo il Dipartimento ci mancava la ricerca, senza la quale l’università non ha domani.

Uno dei limiti del polo universitario riminese è anche quello dei pochi docenti incardinati.
Si, concordo. Ma come si “fidelizzano” i docenti? Creando le condizioni perché a Rimini possano avere la possibilità di crescere, cioè di fare ricerca e di pubblicare. Col Dipartimento abbiamo imboccato questa strada. Il vantaggio della sede di Rimini è anche quello di avere un corpo docente giovane, il che equivale alla necessità di fare ricerca e produrre pubblicazioni. Quest’anno finanziamo progetti basati sugli assegni di ricerca, proprio con l’obiettivo di mettere i docenti in condizione di crescere nella nostra università.

Invece qual è il punto di forza principale che lei individua?
Uno su tutti, la cittadella universitaria nel centro della città, che è stato uno dei cavalli di battaglia di Luciano Chicchi, è stata una intuizione eccezionale. Il campus all’americana rischia di diventare un ghetto, relegato ai margini delle città. Invece a Rimini l’università si è “fusa” con la città, fra l’altro rivitalizzando anche il centro storico.
L’altro aspetto che credo sia veramente importante, ed è l’altro dei motivi che può facilitare anche la venuta dei docenti, è il rapporto con le aziende. E’ un aspetto che si sta concretizzando bene, anche se non è facile perché i tempi di reazione delle aziende private e dell’università sono diversi. Però progetti concreti ne sono stati messi in campo e funzionano e anche su questo versante a Rimini è più facile che altrove il rapporto di connessione, anche perché ci si conosce un po’ tutti, fra università e imprese.

Nella prospettiva dei tempi difficili che stiamo vivendo, con la crisi economica che ancora morde e avendo davanti agli occhi la situazione dei soci pubblici che sostengono Uni.Rimini, il polo universitario rischia ridimensionamenti e tagli, anche rispetto ad altre sedi romagnole?
Le difficoltà ci sono ma sono uguali per tutti. Il tema cruciale per Rimini è e sarà sempre di più questo: quanto il territorio, inteso come enti istituzionali, privati, mondo economico e così via, crede nell’università? La crisi economica che attraversiamo costringe a fare i conti con questa domanda. E la domanda diventa immediatamente anche un’altra: in un momento come questo, quanti studenti possono fare l’università perché ce l’hanno “in casa”? Di quel 35% di studenti riminesi che si immatricolano qui, quanti si potrebbero permettere di andare in altre sedi? Per il nostro territorio anche questo è un aspetto importantissimo. Bisogna però crederci davvero. Sono ben consapevole dei rischi che corriamo e del fatto che Uni.Rimini potrebbe essere costretta a ridurre ulteriormente i contributi. E anche Bologna deve avere la consapevolezza di questo, perché se ridurremo qualcosa non lo faremo certamente per fare i capricci.

Il socio Provincia verrà meno, la Camera di Commercio attraversa notevoli incertezze, la Fiera è alle prese con bilanci non facili del sistema fieristico e congressuale, la Fondazione Carim…
Ripeto, sono conscio di una possibile stretta, tanto è vero che sono impegnato personalmente a guardarmi intorno per individuare nuovi partner, pubblici e privati. Ma rimaniamo sempre all’interno dell’ottica di ridisegnare un po’ gli impegni, non si parla d’altro. Anche perché abbiamo già ridotto negli ultimi anni, cioè dal 2009 ad oggi. Non nascondo che questa è una delle mie preoccupazioni ed anche priorità, che mi sta portando a sondare strade nuove, ad incontrare persone, sia sul fronte riminese che bolognese.

Lei è stato criticato per il doppio ruolo di presidente di Uni.Rimini e vicepresidente della Fondazione Carim: c’è chi ha parlato di conflitto d’interesse.
Non avevo e non ho bisogno di poltrone, la mia vita l’ho fatta nella mia professione, ho avuto tantissime soddisfazioni, sia nei rapporti con le istituzioni e sia con i pazienti, che mi riempie ancora di gioia. L’incarico di presidente di Uni.Rimini l’ho assunto come un vero servizio alla mia città. Le assicuro che, tenendo conto delle difficoltà esistenti e ben sapendo che questo compito non sarebbe stato semplice, avrei potuto benissimo rinunciare, come ho detto anche in Fondazione. Non cerco gratificazioni, ma mi è stato chiesto di impegnarmi ancora più direttamente perché la Fondazione ha una partecipazione massiccia in Uni.Rimini e aveva piacere di esprimere un suo uomo. Non mi sembra una cosa strana ma del tutto naturale più che conflittuale.

Invece, sempre a proposito di presunti conflitti d’interesse, cosa pensa del ruolo di membri del consiglio generale della Fondazioone Carim o che siedono nell’assemblea dei soci e nel cda di Banca Carim che contemporaneamente gestiscono servizi per l’università di Rimini e il Cral della banca?
Certi servizi legati all’università ci sono da tempo, peraltro il nostro è un ente privato e non credo ci siano queste problematiche. D’altra parte Uni.Rimini utilizza quello che c’è. Io sono pragmatico: chi avanza queste critiche ha mai visto com’è organizzato e gestito il servizio della mensa universitaria, ad esempio? A me chi sia a gestirlo non interessa ma che funzioni bene si. E poi, qual è un’altra struttura a Rimini che può darci un servizio del genere? Le mie porte sono sempre aperte e sono pronto ad ascoltare tutti, ma non vorrei che queste critiche fossero strumentali. Abbiamo qualcosa che funziona, zero lamentele, cosa andiamo a cercare? Noi lavoriamo per gli studenti e mi sembra che gli studenti siano soddisfatti.

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