Sessant’anni fa gli inizi di Cl a Rimini, Marina Valmaggi: «una novità assoluta nella Chiesa e nella città»

Sessant’anni fa gli inizi di Cl a Rimini, Marina Valmaggi: «una novità assoluta nella Chiesa e nella città»

4 ottobre 1962: a Villa Verde, praticamente in riva al mare, la prima manifestazione pubblica del movimento che si raccolse attorno a don Giancarlo Ugolini e che di lì a poco dilagherà nelle scuole. I momenti decisivi che hanno caratterizzato le origini e la storia successiva, ma anche le diverse forme di presenza culturale nate da quell'incontro. Con un marchio distintivo: la creatività.

di Marina Valmaggi

“Il Signore ha messo un seme nella terra del mio giardino” (da una delle prime canzoni di Claudio Chieffo): questo è stato l’avvenimento di Gioventù Studentesca per la mia vita e per la mia città d’origine.
Ho avuto occasione di raccontare la nascita della comunità di Gioventù Studentesca a Rimini nel breve testo “E si cantava” (Rodaviva Ed.), che scrissi qualche anno fa per onorare la memoria di don Giancarlo Ugolini, scomparso nel 2009 proprio nel giorno, il 4 ottobre, in cui ricorre la prima manifestazione pubblica di GS – CL da lui fondata. Sessant’anni sono tanti: eppure quegli eventi balzano davanti ai miei occhi con assoluta evidenza, riempiendomi di gratitudine.
Gli inizi furono una catena di eventi apparentemente casuali, spontanei e quasi irrilevanti. Giorni pieni di stupore e di imprevisti: l’incontro con studenti di Milano e Forlì, in vacanza in riviera e in gita a San Leo (24 luglio 1962), appartenenti alla comunità cristiana sbrigativamente chiamata GS (Gioventù Studentesca). La pretesa che la Fede investa ogni aspetto della vita; la loro diversità nei rapporti, nel linguaggio, nelle espressioni dei volti, nei canti; l’affiatamento e la serietà nei momenti di preghiera (recitavano ogni giorno le Lodi o i Vespri… inaudito); la libertà nell’esprimere i propri pensieri; il riferimento alle loro esperienze personali: tutto nuovo, per me, giovane studentessa del Classico “Giulio Cesare”… Sono caratteri che, grazie alla compagnia e all’amicizia, si sono trasferiti per osmosi anche nei ragazzi che con me hanno formato il primo nucleo di GS a Rimini, quando sulle tracce di quei vivaci vacanzieri è nata la comunità di studenti che in pochi mesi è dilagata in tutte le scuole riminesi.
Questo avvenne in seguito ad una esplicita proposta fatta il 4 ottobre nel primo raduno a Villa Verde (una struttura messa a disposizione dalla diocesi sul litorale di Rimini) dove il gruppetto dei giessini aveva invitato amici e compagni di scuola per raccontare l’incontro fatto. Forse questi si aspettavano conferenze, o dibattiti, secondo lo stile dei circoli culturali: si trovarono in mezzo a canti, testimonianze personali, presentazioni o auto-presentazioni dei presenti (tutti) e persino giochi… Un altro stile, insomma: che destò in tanti la curiosità e la voglia di continuare insieme. Nacquero così i primi gruppi nelle principali scuole di Rimini, chiamati “raggio” come la riunione settimanale, che si teneva alla “Casa della Gioventù Studiosa”, oggi casa Marvelli, solitamente il sabato pomeriggio. Era un nuovo modo di vivere il Cristianesimo: potrei dire un nuovo metodo. Non più la passiva acquisizione di contenuti e una coerente moralità, ma il paragone tra la fede e la vita, la vita tutta e di ciascuno! Una nuova libertà, che significava nuove opportunità di scoprire il cristianesimo e sperimentarne l’originalità e la forza. E nuove forme di aggregazione (ragazze e ragazzi insieme, cosa che allarmava non poco i cattolici più tradizionalisti) e persino di linguaggio: basato sull’esperienza, sul dato esistenziale, non su formule astratte o obsolete.
Ecco un’osservazione che ho fatto, nel libro citato all’inizio, parlando dell’ambiente studentesco che c’era in precedenza: “Spiace dirlo, ma noi del Classico eravamo soliti stare solo fra di noi. Al massimo, con quelli dello Scientifico. Con gli studenti di Ragioneria ci si vedeva in occasione di partite di basket… Il resto del popolo studentesco potevamo incontrarlo, tutt’al più, nelle gare annuali di atletica: ci seccava un po’ mescolarci con loro, ma si sa che per amore delle medaglie si poteva anche sgomitare insieme per un pomeriggio. Tutte queste stupide barriere cadono ad una ad una”… (pag.16)

Domani, ore 19, nella chiesa di S. Giuseppe al Porto, Santa Messa di anniversario di don Giancarlo Ugolini.

Il Liceo Classico Giulio Cesare, che nel ‘62 frequentavamo io, Bruno Sacchini, Sandro Bianchi, Alberto Melucci, Emilia Guarnieri, Paola Crescimbeni, Giorgio Zannoni e diversi altri giessini, fu la roccaforte della comunità e anche il primo fronte dello scontro con la cultura “borghese” che la scuola veicolava. Soprattutto gli insegnanti di Filosofia e di Lettere erano seccati per le nostre domande, e a volte audaci richieste di discutere la versione ufficiale che si trovava nei libri di testo o nelle loro spiegazioni. Questo era veramente inaudito, per loro: ma le domande erano talmente sincere ed i toni così rispettosi che non ne nacquero veri e propri incidenti; piuttosto, insofferenza o secchi dinieghi.
Se la prima parola che mi viene alla mente per descrivere quei primi passi, è libertà, la seconda è dunque coraggio: perché ce ne voleva tanto per portare un soffio di novità nella società conformista e nella rigida chiesa riminese dei primi anni Sessanta.
La nostra cultura cominciava a trasmettersi nella città con “Rimini Studenti”, il giornale autogestito che, fondato in anni antecedenti dal circolo culturale omonimo, si era completamente rinnovato per documentare le nuove esperienze in atto.
La terza parola che mi viene in mente è iniziativa: nascevano idee, proposte, itinerari insoliti, canzoni… non per un mero gusto di novità, ma perché vivere il cristianesimo nella vita concreta portava a inventare forme nuove per realizzare l’ideale abbracciato. Da subito, la vita delle comunità fu creativa: un modo nuovo di stare insieme, di pregare, di passare il tempo libero (in alternativa all’offerta tipica riminese delle feste da ballo, dei flirt e delle avventure estive). Il carnevale, le focheracce di San Giuseppe, le vacanze in montagna, le gite o i canti di Natale nelle carceri (ancora ospitate nella tetra Rocca Malatestiana), la caritativa domenicale presso l’Aiuto Materno, la Sol et Salus e alcune colonie marine: tutto era ripensato e riprogrammato a partire da nuove valutazioni e giudizi.
Fece epoca una gita a Gabicce, assieme ai giessini forlivesi, in cui si trattò di liberare una principessa da loro rapita. Questi erano giunti per via di terra, noi li assediammo arrivando dal mare, su barche da pesca. L’incruenta battaglia (con proiettili di scagliola, lanciati a mano) ci trasformò tutti in sagome imbiancate, come allegri fantasmi (estate 1965). Ovviamente la principessa fu valorosamente liberata.
Un’altra gita memorabile fu quella a Ruscello (fine anno scolastico del 1967), un paesino abbandonato vicino a Sarsina. Con un lavoro lungo e paziente, una squadra di tecnici (cioè giessini dell’I.T.I.) lo aveva trasformato in un paese western, per essere lo scenario della battaglia fra cowboy e indiani (io vi partecipai vestita da squaw, con trecce posticce che mi aveva prestato l’amica Tiziana Scarponi). I combattenti disponevano di pistole ad acqua e sul vestito avevano un cerchietto che a contatto con l’acqua si colorava dando l’impressione del sangue: e questo indicava l’abbattimento. Non ricordo chi fossero i vincitori (spero, la mia tribù) ma il tutto terminò con una lauta mangiata, grazie al pacifico impegno delle fanciulle di ambo le parti.
Altre gite erano dedicate alla conoscenza di luoghi significativi per la storia cristiana, come quella ad Assisi, o a visitare, magari in piccoli gruppi (di cui faceva sempre parte don Giancarlo Ugolini) luoghi in cui qualcuno aveva manifestato il desiderio di conoscere la nostra esperienza: i primi furono Fermo, Fossombrone, Cervia, Carpegna, dove nacquero nuove comunità.
Libertà, coraggio e iniziativa spiegano anche la grande fioritura di cori, gruppi musicali e teatrali, di cantautori. Continuo con l’autocitazione: “Nella Messa cantavamo spesso i Salmi… Quando non conoscevamo il salmo previsto fra le letture, ne cercavamo uno di argomento analogo. E quando anche così la musica di un salmo non la trovavamo… cominciammo a musicarne qualcuno. Credo che il primo sia stato il salmo 21: un testo estremamente drammatico, le parole di Gesù che sulla croce teme di essere stato dimenticato dal Padre! Cerco una musica adatta, nei negozi specializzati e persino in biblioteca: niente, non trovo nemmeno un brano che mi convinca e mi sembri adatto per il momento della Via Crucis; e ormai mancano pochi giorni, forse occorrerà escluderlo. Ma don Giancarlo non è del parere e mi risponde un po’ bruscamente: Allora scrivitelo tu! Non era un buon inizio, per l’ispirazione. Eppure, chiusa in camera a leggere e rileggere quel salmo meraviglioso, e i testi della Via Crucis, la musica è nata…” (op.cit. pag.38)

Concerto del Coro di G.S. nella Cattedrale di San Leo (tutte le fotografie vengono pubblicate per gentile concessione dell’Ed. Rodaviva che ne detiene il ©).

La comunità giessina di Rimini si distinse da subito per l’attenzione all’espressione musicale e poetica dei giovani. Già nella primavera del ’63 fu organizzata una lettura di componimenti poetici, cui parteciparono con proprie opere numerosi studenti anche esterni ai gruppi di GS. Rileggendo quelle pagine ho trovato nomi che successivamente si sono fatti conoscere nel mondo della cultura riminese. E molto presto era nato il coro polifonico, che si chiamò Coro di GS e che ho diretto sino a quando, sposandomi, sono andata ad abitare a Riccione. Nel 1965, 1966 e 1967 si esibì al teatro Novelli e fu sempre un ambito di amicizia e di aggregazione. Negli anni Settanta lo guidò la mia sorella Guya, che scelse il nome “In terra viventium”, nome che resistette anche quando, alla fine di quel decennio, la direzione passò a Marco Gemmani. Con avvicendamenti dovuti a trasferimenti o vicende personali, il coro attualmente opera come “Coro di Comunione e Liberazione”, ossia con il nome che GS assunse dalla fine degli anni Sessanta. L’esperienza corale, con un’aperta connotazione di testimonianza cristiana, nel tempo generò altre forme di canto, a Rimini e nel circondario, di cui quella più eclatante fu il gruppo “Zafra”, nato nel ’73 da un gruppo polifonico della comunità di Riccione cui aderivano alcuni riminesi: per dieci anni diffuse in tutt’Italia, e in qualche paese estero, un repertorio originalissimo fatto di canti sudamericani di protesta, canti popolari, canti religiosi e proprie composizioni che ebbero un successo straordinario, con innumerevoli concerti, trasmissioni televisive e registrazioni discografiche. Ma questo richiederebbe un discorso a parte (così come il gruppo Arfaz, nato al suo interno grazie a geniali e dotati cabarettisti)… che spero di poter riprendere presto.
La comunità riminese si distinse anche per un altro fenomeno: quello dei cantautori, che furono numerosi, giovani e originali. Nessuna comunità ne ha avuti così tanti: oltre a me, c’erano Stefano Pianori, Daniele Semprini, Roberto Grotti, Angelo Casali, Vanni Casadei, Daniele Donati, Ciro Picciano… solo per citare i più conosciuti e fecondi. Componevamo canzoni legate alla nostra esperienza di vita, o di preghiera, che poi quasi sempre cantavamo tutti: molte di queste si sono poi diffuse nel repertorio delle parrocchie e delle scuole, in Italia e oltre, attirando l’attenzione dell’editoria cattolica e approdando talvolta a trasmissioni televisive.
Dal laboratorio teatrale (che inizialmente fruì dell’esperienza dell’attore riminese Paolo Graziosi), caro in particolare a Pippo Prosperi (poi approdato ad altre scelte), è emerso il talento di Bruno Sacchini che si è fatto un nome nel campo della drammaturgia.
Musica e teatro sono stati uno strumento di testimonianza e ricerca, ben lontano dall’intenzione di intrattenimento che caratterizzava per lo più la cultura dominante: e lo fu in modo originale.
La creatività, che è il marchio distintivo di GS-CL di Rimini, sino ai nostri giorni, nasce là dove c’è rispetto per la libertà, amore per la persona, ascolto e voglia di progredire non prendendo a prestito l’idea di progresso dalla società ma discutendola e generandola insieme.
Per parlarne non mi soffermerò sulle due espressioni più grandi, le Scuole Karis e il Meeting per l’Amicizia fra i Popoli, perché sono sotto gli occhi di tutti. Ma l’intensa attività culturale in senso stretto (perché in realtà tutti i gesti consapevoli sono cultura) meriterebbe un discorso a parte, tanta è la sua ricchezza sin dai primi convegni (“Scuola e tempo libero”, 1966, “Gioventù e società”, 1967, etc.), come pure lo spazio dato all’incontro con personaggi come Sergio Zavoli, Hélder Camara, Raoul Follereau, Padre Lardo e tanti altri…
Riferirò però di alcune iniziative che hanno segnato la formazione dei singoli e dei gruppi e che, in diversa misura, sono state espressione di una vitalità che ha arricchito la società riminese, compresa quella parte che stava solo a guardare o addirittura era insofferente. Chi vede oggi tante opere, come quelle che ho appena citato, e i numerosi volontari che di persona sostengono le necessità di popolazioni lontane (tramite AVSI e altre organizzazioni onlus), nonché opere di solidarietà nei più svariati campi, dovrà ricercare le radici di tanta disponibilità, energia creativa e capacità di rischiare proprio in quei primi momenti e in quel metodo a cui siamo rimasti fedeli.
Orsù prendiamo il vapore: partiam per amore, andiamo in Brasil…” cantavano i giessini di Milano. Raccoglievano anche le “decime” per pagare il viaggio ad alcuni loro amici disposti a partire. Perché volete andare in Brasile? chiedo. Perché vogliamo portare la nostra speranza anche agli studenti che vivono là (per noi, “giovani” poteva significare solo “studenti”). Durante un convegno avevano conosciuto dei ragazzi brasiliani che, affascinati dal loro modo di vivere la fede, li avevano invitati a portare Gioventù Studentesca anche a Belo Horizonte, una grande città che non avevo mai sentito nominare… E mentre i nostri amici più grandi, come Pigi Bernareggi, già pronti a vivere una vocazione certa, partivano per il Brasile, noi abbiamo trovato una forma di “missione” più alla nostra portata: i campi estivi a Cagnano Varano, nel Gargano (1965). Ma non si trattò di un surrogato. In quegli anni il paese, come gran parte della Puglia, era deserto di capi-famiglia (tutti emigrati in Germania per lavorare), non aveva l’acqua (se non due ore al giorno, alle due fontane che si trovavano agli estremi opposti del paese), le strade non erano asfaltate e i servizi erano inesistenti. E anche la Chiesa, ahimè, era palesemente distante, o assente. Dunque, mentre gli studenti milanesi si recavano a Nicastro, in Calabria, e i forlivesi a Peschici, noi ci accampammo per tre estati a Cagnano Varano, due settimane nel mese di agosto. I ragazzi piantarono le tende in un oliveto, mentre noi ragazze fummo ospitate negli ambienti delle scuola elementare. Dormivamo su ruvide brandine o materassini da mare, che si sgonfiavano regolarmente durante la notte; condividevamo il caldo, il cibo cucinato alla meno peggio e la noia di persone prive di speranza, come ci sembravano tutti in quel paese. Per me è stata un’esperienza durissima e sconvolgente, che mi ha segnato profondamente.” (op.cit. pagg. 49 – 55, passim)

Don Giancarlo Ugolini e Marina Valmaggi (in alto a destra). Si tratta dell’unica testimonianza fotografica del primo incontro con GS a San Leo. E’ tratta dal volume di Marina Valmaggi “E si cantava”.

Mentre la contestazione dilagava in città, a partire dal 67, facendo scricchiolare le mura di GS e disperdendo molti dei suoi partecipanti, anche la ventata della “protesta” vide i giessini partecipare accanto a compagni di strada vecchi e nuovi, senza tensioni ma con la vivacità che li caratterizzava. Se alcuni confluirono in partiti o movimenti ideologici di sinistra, quelli che restarono uniti preferirono affidare alle opere ed a varie forme di presenza culturale l’espressione del proprio impegno. Sono costretta a elencarli senza potermici soffermare, ma è giusto citare almeno i più importanti: la Scuola Alternativa (1971, 1972), Radio Riviera, TeleRubicone, la Libreria Jaca Book, i centri culturali sino all’attuale Portico del Vasaio, il Centro di Solidarietà e persino Edizioni Musicali, le uniche nell’ampio panorama dell’editoria del movimento di Comunione e Liberazione (Cerchio d’Oro negli anni ’80, poi Rodaviva dall’anno 2000).
Ed è doveroso citare anche due attività che costituiscono a tutti gli effetti i prodromi di quell’evento corale che fu poi, dal 1980, il Meeting: il Centro Incontri Jaca Book (fine anni ’60) e i due Convegni sull’Espressività (estate 1976 e 1977), promossi dalla sottoscritta e dal Gruppo Zafra: settimane di incontri e laboratori con operatori cristiani della comunicazione. In queste occasioni vennero a Rimini artisti, o aspiranti tali, da tutta Italia, come pure personaggi di rilievo quali Valerio Volpini, Mario Pagano e Giovanni Testori.
Sono arrivata sin qui senza mai nominare don Giussani: l’ho fatto solo perché fosse evidente il riverbero del suo carisma nella personalità e nell’opera di chi lo ha incontrato, direttamente o indirettamente, e seguito. Lascio a chi è più adeguato di me il compito di illustrare il suo metodo educativo e la sua straordinaria persona: il 2022 è il centenario della nascita, e viene celebrato con numerose iniziative, fra cui una mostra visitabile anche on-line. Devo a lui l’incontro decisivo per la mia vita.

Fotografia d’apertura: un momento della Via Crucis agli inizi della storia di Gs-Cl a Rimini.

COMMENTI

DISQUS: 0