Si riaccende a San Marino il dibattito sull’aborto: don Mangiarotti si rivolge a cattolici e laici

Si riaccende a San Marino il dibattito sull’aborto: don Mangiarotti si rivolge a cattolici e laici

Nello spirito di "costruire ponti", sulla scia dell'insegnamento di papa Francesco, don Gabriele Mangiarotti prende posizione (rivolgendosi ai cattoli

Nello spirito di “costruire ponti”, sulla scia dell’insegnamento di papa Francesco, don Gabriele Mangiarotti prende posizione (rivolgendosi ai cattolici ma anche ai laici) sulle cinque istanze d’Arengo che propongono la liberalizzazione dell’aborto nella Repubblica di San Marino. Convinto che un dialogo è possibile “a condizione che si abbia nel cuore il desiderio del bene comune e che si riconosca che il vero, da chiunque sia detto, può essere accettato da ogni uomo di buona volontà”.
Parte dai dati ufficiali italiani, forniti dal ministero, che fino al 2014 parlano di 5.642.070 aborti. Scrive fra l’altro don Mangiarotti: “Presentando l’iniziativa dell’11 giugno in Diocesi, ho ricordato quanto i Papi ci hanno detto in questi anni: «Anche e particolarmente in una società pluralistica e parzialmente scristianizzata, la Chiesa è chiamata a operare, con umile coraggio e piena fiducia nel Signore, affinché la fede cristiana abbia, o recuperi, un ruolo-guida e un’efficacia trainante, nel cammino verso il futuro [Giovanni Paolo II al Convegno ecclesiale di Loreto].
Esorto tutti i fedeli ad essere come fermento nel mondo, mostrandovi sia nel Montefeltro che a San Marino cristiani presenti, intraprendenti e coerenti [Benedetto XVI durante la s. Messa allo stadio di Serravalle – RSM]. Ma la Chiesa sappia anche dare una risposta chiara davanti alle minacce che emergono all’interno del dibattito pubblico: è questa una delle forme del contributo specifico dei credenti alla costruzione della società comune. I credenti sono cittadini. E lo dico qui a Firenze, dove arte, fede e cittadinanza si sono sempre composte in un equilibrio dinamico tra denuncia e proposta [Francesco al Convegno ecclesiale di Firenze].»
In questi giorni ci sono anche state le elezioni in alcuni comuni d’Italia. Quello che è risultato evidente è l’assenza TOTALE dei cattolici in quanto tali dalla scena politica.
Tutto questo non ci pone qualche domanda? Crisi delle evidenze, società scristianizzata, fiaccola piuttosto che faro, pensiero incompleto: dite quello che volete, ma non è più chiaro dire che abbiamo perso il senso del nostro compito, dimenticato la lezione della Dottrina Sociale Cristiana, il magistero luminoso e affascinante di Giovanni Paolo II?
Il sale che perde sapore sarà calpestato dagli uomini. Una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta.
Possiamo ripensare insieme il nostro compito di cristiani nel mondo?
Non converrà forse con umiltà riprendere la lezione della Lettera a Diogneto, che tanto ci ha commosso e motivato nella nostra giovinezza? «A dirla in breve, come è l’anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani. L’anima è diffusa in tutte le parti del corpo e i cristiani nelle città della terra. L’anima abita nel corpo, ma non è del corpo; i cristiani abitano nel mondo, ma non sono del mondo. L’anima invisibile è racchiusa in un corpo visibile; i cristiani si vedono nel mondo, ma la loro religione è invisibile. La carne odia l’anima e la combatte pur non avendo ricevuto ingiuria, perché impedisce di prendersi dei piaceri; il mondo che pur non ha avuto ingiustizia dai cristiani li odia perché si oppongono ai piaceri. L’anima ama la carne che la odia e le membra; anche i cristiani amano coloro che li odiano. L’anima è racchiusa nel corpo, ma essa sostiene il corpo; anche i cristiani sono nel mondo come in una prigione, ma essi sostengono il mondo. L’anima immortale abita in una dimora mortale; anche i cristiani vivono come stranieri tra le cose che si corrompono, aspettando l’incorruttibilità nei cieli. Maltrattata nei cibi e nelle bevande l’anima si raffina; anche i cristiani maltrattati, ogni giorno più si moltiplicano. Dio li ha messi in un posto tale che ad essi non è lecito abbandonare.
»
Don Gabriele Mangiarotti, animatore di culturacattolica.it e direttore dell’ufficio per la cultura, la scuola e l’insegnamento della religione cattolica della diocesi di San Marino Montefeltro, ricorda anche quanto disse Paolo VI il giorno dopo l’approvazione della legge sull’aborto in Italia: «Noi non possiamo esimerci dal dovere di ricordare la riserva negativa a questa legge in favore dell’aborto, la quale è da ieri [6 giugno 1978], come dicevamo, diventata operante anche in Italia, con grave offesa alla legge di Dio su tale tema estremamente importante della difesa dovuta alla vita innocente del bambino fino dal seno materno. Noi ora ci limitiamo a ricordare quanto la Chiesa, interprete della legge naturale su questo punto, e della legge divina come da sempre (Cfr. Ep. ad Diognetum, 8, 6), abbia autorevolmente affermato che «la vita innocente, in qualsiasi condizione si trovi, è sottratta dal primo istante della sua esistenza, a qualunque diretto attacco volontario. È questo un fondamentale diritto della persona umana…», come si esprimeva il nostro venerato predecessore Pio XII (PIO XII, Discorsi e Radiomessaggi, XIII, p. 415)… La vera pietà per le difficoltà e le angustie della vita umana non consiste nel sopprimere chi è frutto o del fallo o del dolore umano, ma nel sollevare, consolare, beneficare la sofferenza, la miseria, la vergogna della debolezza, o della passione umana: ucciderlo non mai! Questo noi dovremo riflettere davanti al triste e ignobile ricorso all’aborto legalizzato. Ricordare ai giovani, a tutti, i pericoli e i disastri della passione che sostituisce l’amore; l’intangibile dignità della vita umana, anche nei suoi più segreti ed umili gradini; promuovere ogni possibile e degna assistenza alla maternità bisognosa».

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