Sinistra: dall’egemonia all’eutanasia

Sinistra: dall’egemonia all’eutanasia

L’ineluttabile parabola di un grandioso e terribile partito, diventato un molliccio mostriciattolo abbarbicato al potere. Dal «noi» all’«io», dai lavoratori ai «padroni», dall’ideale alla burocrazia. I rappresentanti di una Comunità sono diventati i portavoce egotici di un’élite radicale, fuori luogo, fuori tempo e fuori di testa.

C’è un posto nel mondo dove tutto succede prima e dove tutto va più veloce, dove tutto si sperimenta. E’ il triangolo ideale che si compone collegando Milano, Venezia e Rimini. Un triangolo variabile nel tempo. In alcuni momenti comprendeva Torino e Genova, in altri si fermava a Bologna.
Questo triangolo, una grande pianura fertile che fa da ponte tra il Mediterraneo e l’Europa, è stato per secoli, ed è ancora, la zona economicamente e culturalmente più sviluppata d’Italia. Qui sono maturati quei fermenti che hanno dato forma alla storia del nostro Paese.
In particolare, in questo grande triangolo, è inserita la regione di chi legge e di chi scrive, che ha avuto una particolarità rispetto alle altre zone del trigono: è stata governata spesso, nelle sue amministrazioni locali, dopo la seconda guerra mondiale, dal partito comunista che è mutato di nome e idee nel corso del tempo.

La storia di questi cambiamenti è lunga, articolata e complessa. Pochi flash, per forza incompleti.
Il primo periodo, quello terribilissimo, è stato una guerra civile durata dalla fine della prima guerra mondiale al 1949, un conflitto fatto di esplosioni di violenza e periodi di calma apparente. Un’epoca di regolamenti dei conti cruenti. Un periodo di cui sappiamo adesso – con molta fatica – quasi tutto, conosciamo i protagonisti e cosa è successo. Ognuno ha la sue storie personali e familiari, ognuno in cuor suo sa che la distinzione tra buoni e cattivi non è semplice e immediata. Questa guerra è stata la materializzione cruenta di una lunga storia di idee potenti, di odi feroci, di rancori covati a lungo, di distinzioni di classe, di denaro e potere. E’ stata un’epoca tragica, sanguinaria e passionale.

Questa guerra civile, nella nostre terre, ha avuto il suo vincitore, l’allora Pci, che ha cominciato a governare in diverse amministrazioni locali. Prima in alcune realtà, poi in sempre più comuni, sempre più importanti, talvolta in alleanza con altri partiti di sinistra.
Molti cadono nell’errore di pensare a questa storia come ad un dominio incontrastato. Non è così, ogni Comune ha la sua storia, ci sono state alternanze, hanno governato anche altri, ma in generale si può affermare che tra la metà degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70 il dominio del Pci, iniziato nel secondo dopoguerra, appariva quasi incontrastato.
Secondo la vulgata questo è il periodo del “buongoverno” che è il frutto di un processo di decenni: i conti, giusti e sbagliati che fossero, erano stati regolati, gli odii si stemperavano, la lezione era stata data, restavano antichi attriti sotto traccia, ma si governava, si costruiva e si produceva. Padroni e operai e contadini e artigiani e commercianti non avevano tempo per altro: si doveva costruire, produrre, creare scuole, ospedali, case popolari. La regola era chiara: si parlava con il partito, il partito faceva la voce grossa, chiedeva e otteneva qualcosa per le “masse”, otteneva qualcosa anche per i “singoli” e il “partito”, si trovava l’accordo e si marciava, tra norme e regole interpretate ad hoc, qualche no “ideologico” e tanti sì a tutti, anche ai “fascisti”. Intanto si metteva in pratica una parte della teoria dell’egemonia gramsciana, con l’occupazione delle “casematte” del potere: università, scuola, magistratura, giornali e comunicazione. Un’occupazione totale, che continua ancora oggi.
La prima spaccatura si è registrata nel ’68, quanto il fascino della “rivoluzione mancata” seduce quelli che più tardi diventarono terroristi e che furono chiamati “i compagni che sbagliano”. Scoppiò, poco dopo, un’altra guerra civile, di gruppuscoli e non di popolo, finita quando già il Paese conosceva un nuovo, limitato, boom economico. E i fermenti che animavano quella nuova generazione, differente dai padri, furono uccisi spesso dall’eroina e dall’Aids.
Intanto l’egemonia marciava, arrivava il nuovo Moloch della Regione, occupato manu militari, le Ausl, le partecipate pubbliche e via dicendo…
La seconda spaccatura, quella definitiva forse tra le giovani generazioni più avanzate culturalmente e il partito, si verificava nel ’77. Mentre le Università erano militarizzate e svuotate di merito, maturava una divisione tra il partito dell’”Emilia paranoica” e i giovani che trovavano strade diverse, prima “leggere”, nella musica, nell’arte e in esperienze all’estero che poi diventeranno impegno nel privato, nelle imprese e nelle professioni.
Nel partito restavano i giovani “fedeli alla linea”, quelli con un po’ di talento ma non troppo, quelli che dovevano “campare” e non potevano farlo se non diventando “chierici” della chiesa rossa, che garantiva almeno pane e companatico, mentre gli altri volavano altrove. Le conseguenze di queste modalità di “reclutamento” le vediamo ancora oggi.
Dalla fine degli anni ’80 il Pci, distrutto dal fallimento del socialismo reale e da tempo sotto attacco da parte del socialismo riformista e modernista craxiano, sembrava pronto a crollare, ma la deriva giustizialista di Mani Pulite gli diede un’altra chanche in cui il partito si ficco “con dignità da re”.
A quel punto il partito si è trasfromato in un’altra “cosa”: senza ideologia, senza idee, senza valori, in un guazzabuglio di concetti inconciliabili. E’ rimasta solo la pratica del potere e l’adesione sempre più convinta ad idee radicali, nel senso proprio di fotocopia di battaglie del partito radicale (così cosmopolite, così chic, così borghesi…). Il tutto condito dall’adesione incondizionata ad un giustizialismo barbaro.
Da tempo sentiamo i rappresentanti dell’ex partitone parlare di idee popolari, socialiste, liberali che dovrebbero conciliarsi in un “progetto”. Il che non può essere. Il socialismo, il popolarismo, il liberismo sono dottrine politiche compiute ed autonome; o si è una cosa o si è l’altra. Non sono possibili ibridi e novelli Frankestein.
Tanti altri aspetti ci parlano di questa parabola discedente. Prendiamo i discorsi pubblici di Bonaccini o Gnassi. Sempre più spesso usano il pronome “io”, un tempo era bandito, al posto del “noi”. Sempre più spesso parlano di aziende e non citano i lavoratori, altra eresia rispetto al passato. E la gestione dei maggiorenti dell’ex partitone si limita alla gestione di una macchina del potere oliatissima che è lontana dal “buongoverno”. Tutto viene mascherato da una formidabile macchina della propoganda che nasconde la polvere sotto il tappeto.
Un piccolo esempio? Il piano delle fogne a Rimini è costato all’incirca 200 milioni di euro e, nel pieno della stagione turistica, siamo finiti sui giornali di tutto il mondo per i divieti di balneazione. Qualcuno in questi anni ha sentito mai parlare dei problemi dell’enorme impianto in piazza Marvelli? Qualcuno ha letto qualcosa sul fatto che le condotte a mare sono state sostituite? Qualcuno sa come funzionano? A parte alcuni coraggiosi articoli su questo sito domina il silenzio assoluto in tutte le “casematte” del potere ancora in funzione.
Dunque, di questo partito oggi, di reale, sappiamo solo che è genericamente anticonservatore e non si capisce la sua posizione su elementi fondamentali della nostra vita: la famiglia e il lavoro. Il lavoro, compiutamento inteso, non è rappresentato solo dagli imprenditori amici e dalla finanza, ma è una Comunità fatta da imprenditori, tecnici, artigiani, commercianti, operai, impiegati, imprese, cooperative… Ma per chi frequenta alte torri bolognesi o palazzotti romagnoli il lavoro non è più un problema, tanto ci sono gli immigrati che mantengono basso il costo del lavoro, ci sono i nuovi schiavetti che campano con due lavoretti e i soldi dei genitori. E la famiglia, fondamento costituzionale? Cosa importa? Nulla, tra confusioni sessuali, disfacimento sociale, discussioni sull’indicibile, sulla vita e la morte, su cui non si deve legiferare, ma su cui è necessario solo avere pietà e comprensione umana. Però per affrontare questi temi bastano due parole d’ordinanza, due slogan ad effetto e il gioco è fatto. La confusa massa radical-chic è contenta, anche se in fondo proprio soddisfatta non è.
Tutto questo non basta: stando ai sondaggi il Pd a queste elezioni prenderà una batosta memorabile. La realtà la conosceremo il 25 settembre. Se fosse così sarebbe una liberazione per tutti, comprese le persone di sinistra che non ne possono più di questo mostriciattolo abbarbicato al potere.

COMMENTI

DISQUS: 0