Sono secchi molti degli alberi che hanno “rimpiazzato” quelli abbattuti causa Psbo

Sono secchi molti degli alberi che hanno “rimpiazzato” quelli abbattuti causa Psbo

Ricordate la protesta degli ambientalisti e le oltre 5mila firme raccolte per impedire il sacrificio di robuste alberature sull'altare dei lavori per la dorsale sud del Piano di Salvaguardia della Balneazione? Grazie alla mobilitazione tante piante si salvarono e il Comune, a compensazione degli abbattimenti, ne mise a dimora di nuove. Stanno crescendo bene? Mica tanto...

Da parte di un lettore, giunge in redazione la foto di alcuni giovani alberelli. L’immagine si riferisce a quelli piantati molto di recente per sostituire le piante sacrificate a causa dei lavori per la dorsale sud del PSBO (Piano di Salvaguardia della Balneazione Ottimizzato) che ha attraversato i parchi Cervi, Fabbri e Bondi.

Ricordiamo che il numero degli alberi abbattuti a causa dei cantieri fu ridotto di più della metà rispetto al numero previsto. Ma guarda caso, solo dopo le proteste delle associazioni ambientaliste raccoltesi sotto un’unica denominazione, Rimini Verde (più di 5.300, le firme raccolte e mai ufficialmente accettate dal “Principe”). Questo dà la misura di quanto l’Amministrazione della città tenga in conto il verde pubblico, accessorio evidentemente stimato, se non proprio fastidioso, di secondario interesse. Diversamente, si sarebbe considerato un numero ridotto di abbattimenti, già in fase progettuale.

Giovani ma già rinsecchiti: non basta piantumare se poi nessuno se ne prende cura

Fatto sta che sulla traccia sotto cui ora passano i grandi tubi, a risarcimento del trascorso disboscamento sono state piantate anche alcune tamerici. La fotografia speditaci dal lettore riguarda proprio questi alberi. Abbiamo voluto rendercene conto da vicino e fare, a nostra volta, qualche foto.

Il problema è questo: nel filare da dodici, undici e mezzo (per esser ottimisti) sono già rinsecchiti. Kaputt. Non v’è alcun dubbio. Anche sull’altro versante della stradina ciclabile, a ridosso delle antiche mura cittadine, sono stati piantati alcuni giovani cipressi. Ci limitiamo a riportare il commento del Presidente della Commissione Cultura, il consigliere di Italia Viva Davide Frisoni, che ebbe a dire: “Io credo che alla pari dei graffiti, con questa piantumazione forsennata, disorganizzata e per nulla concordata con gli àmbiti culturali della città, si possa parlare di vilipendio del patrimonio storico e pubblico”. Mica male, la lavata di capo ad Anthea & Compagni (vedete voi chi possano essere i secondi).

Ma non vogliamo aprire un ulteriore fronte polemico e affondare troppo la vanga nella ferita dato che poi tre dei piantumati a “capo di cane” sono stati espiantati e traslati chissà dove e dei rimanenti ce ne sono almeno un paio che, in attesa di trasferimento sembrano non passarsela troppo bene. Oltretutto, se non si affrettano a piantarli altrove, addio fichi. O meglio: addio cipressi.

Abbiamo comunque la netta sensazione che l’intero comparto “verde pubblico” di Rimini goda della stessa considerazione di una famosa carta da briscola: il due di coppe. Ma torniamo alle tamerici. Al nostro occhio, malfidato e profano, come potrebbe obiettare qualcuno, appaiono “bruciate”. Ma forse le immagini riescono a testimoniare lo stesso nostro sentore.

A questo punto si apre uno scenario dalle molteplici incognite sulla sorte toccata alle giovani piante: che sia stata una vendetta dei tubi “deviati” del PSBO oppure a inaridire i rami è stato il caldo torrido di questo agosto? La secchezza è conseguenza diretta del fiato ad alto tasso alcolemico degli ubriaconi che popolano indisturbati il parco o la causa è da imputarsi all’incapacità, come adombra a mezza voce uno sconosciuto passante (sia chiaro che ci siamo immediatamente dissociati e indignati) dei tecnici Anthea che a suo dire “hanno lavorato con i piedi”? Se così fosse è quindi un inusitato caso di “alluce verde marcio”? Mah, i dubbi che ci assalgono sono talmente tanti e gravidi di future angosce notturne che per allontanare possibili fantasmi shakespeariani, andiamo a rileggere “La pioggia nel pineto” per evocare elegiache sensazioni dannunziane. Ma quando arriviamo a “Piove su le tamerici salmastre ed arse… “ (pure lì!), gettiamo la spugna.

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