La società che si occupa del trasporto pubblico locale conta di riassorbire la perdita nella seconda parte dell'anno, ma intanto la notizia solleva critiche. Rufo Spina torna sull'investimento di circa 450mila euro alle ex Padane (per un canone di locazione di 300mila euro in dodici anni). L'amministratore unico di Rimini Holding, Marco Tognacci, ha detto che la materia non è di competenza dell’azionista Rimini Holding, ma ha parlato di «investimento extra oggetto sociale».
Start Romagna mostra un conto economico nel pre-consuntivo del primo semestre 2022 in perdita per 3.416.139 euro. Il Comune di Rimini, con la propria Holding, detiene il 21,98% del capitale sociale di Start, la Provincia il 2,48%. Le altre quote di rilievo sono in capo a Ravenna Holding (24,50%), Comune di Forlì (17,44%), Comune di Cesena (15,58%), Tper (13,91%) e le restanti azioni sono frazionate fra vari enti pubblici delle tre province romagnole.
La situazione di Start Romagna è stata sviscerata nell’ultimo consiglio comunale perché all’ordine del giorno c’era il bilancio di previsione 2023-2025 di Rimini Holding. E’ stato spiegato che, la società che si occupa del trasporto pubblico locale, dal punto di vista finanziario non versa in difficoltà, dal 2014 al 2021 ha sempre chiuso i propri bilanci in utile (nel caso del 2020 grazie ai contributi dell’emergenza Covid), e che l’andamento negativo del semestre è figlio della pandemia, e in particolare dell’aumento dei costi delle materie prime (carburanti ed energia elettrica). Start conta però di «riassorbire la perdita nel secondo semestre del 2022», ed ha in programma un forte investimento nel “parco mezzi”, ben 70 milioni di euro, per il quale ha acceso un mutuo decennale di 20 milioni.
A fronte di questo quadro, però, il consigliere comunale di Fratelli d’Italia, Carlo Rufo Spina, ha messo in luce un comportamento «troppo politico» di Start Romagna.
«Nei mesi scorsi c’è stata la famosa operazione alle ex Padane, secondo l’amministrazione sarebbe stata l’operazione di un privato, ma Start Romagna ha poco di privato, è una partecipata pubblica, anche se risponde troppo spesso a logiche di natura politica. Quando una società risponde a queste logiche è necessariamente in perdita, mentre deve essere improntata alla economicità e quando fa degli investimenti deve vedere il proprio utile», ha detto l’esponente della minoranza. «Invece per quanto riguarda la riqualificazione di un immobile, che tra l’altro dovrebbe essere demolito per far posto ad una rivalutazione delle mura romane («restituendo quell’area alla città»), con investimenti incomprensibili di natura politica, spendendo circa 450mila euro per rivalutare un proprio bene e darlo in locazione ad un privato con un canone di locazione di 25mila euro all’anno, con un contratto di 12 anni (6 più sei) incamerando complessivamente 300mila euro, mi sembra che prevalga una logica politica, poco economica e molto fallimentare».
Quindi Spina ha chiesto se Rimini Holding abbia valutato questi aspetti e cercato di capire le ragioni del discusso investimento: «Per l’ampiezza del bene e per la sua ubicazione, un canone di 25mila euro l’anno non è il modo di valorizzarlo».
Alla domanda su quanto sia stato esattamente l’investimento di Start nelle ex Padane, ora birreria, nessuno ha risposto.
«Vorrei che Rimini Holding facesse rilevare queste incongruenze a Start Romagna», ha insistito Spina, e che per il prosieguo del rapporto contrattuale, alla fine dei 12 anni, le condizioni potessero almeno cambiare.
L’amministratore unico di Rimini Holding, Marco Tognacci, non ha fatto del tutto cadere gli interrogativi di Rufo Spina: «Rimini Holding esercita i diritti dell’azionista e fa attenzione a non esercitare diritti che non gli sono propri. Start ha il suo cda e il suo collegio sindacale che in questo genere di investimenti extra oggetto sociale o non pertinenti all’attività, avranno sicuramente fatto le proprie valutazioni, che comunque non sono di competenza dell’azionista. Quello che si potrà fare nella prossima assemblea di approvazione del bilancio sarà eventualmente chiedere, come un azionista ha diritto di fare, informazioni su questo tipo di investimenti». Ed ha concluso sul punto: «L’unico investimento sul quale gli azionisti nel comitato di coordinamento sono stati sentiti è quello di 70 milioni in nuovi mezzi per riammodernare il parco macchine, non altri investimenti e nemmeno quello a cui faceva cenno lei». Parole che comunque aprono ulteriori interrogativi: perché Start si è imbarcata in questo investimento «extra oggetto sociale» e perché si è accontentata di quel canone di locazione, che a suo tempo fu contestato anche ad un ex amministratore comunale di primo piano, che risponde al nome di Maurizio Melucci?
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