Passato e futuro di Rimini: paesone o città?

Passato e futuro di Rimini: paesone o città?

Rimini è 'grande' nella storia. Ariminum è un momento di grandezza imperialistica. In epoca bizantina fu la capitale della Pentapoli marittima. Ebbe ancora un'occasione di grandezza con lo stabilimento dei bagni a metà '800 e poi quando maturò l'idea, abortita, di una città balneare lunga 25 chilometri. In seguito spesso è mancata la capacità politica e imprenditoriale di concepire Rimini secondo il suo vero Dna. E nell'ultimo decennio ha prevalso l'immaginario del paesone rappresentato nei film di Fellini.

L’ITALIA E LA STORIA

E’ legittimo chiedersi quanto la storia giovi o costi alla politica e alla società così complessa di oggi, quanto il passato condizioni nel bene e nel male il presente e il futuro delle nostre esistenze. Le risposte a queste domande non sono facili e dovrebbero essere continuamente cercate. Qualche anno fa sulla rivista geopolitica Limes si individuavano quattro grandi risorse da cui partire per una rinascita dell’Italia ed erano la posizione geografica, la chiesa cattolica, l’esercito e i Beni Culturali. Si tacevano, ma certamente non erano ignote, le grandi aree del Male: la criminalità organizzata, la politica inesistente e ladra, l’edonismo di massa, i giovani allo sbando. La chiesa cattolica era ed è in crisi per le sue stesse mani, le parrocchie, contrappeso millenario al potere monarchico dei vescovi, sono state abolite, i seminari e le chiese sono vuote e “chiuse”. La crisi della chiesa è anche una crisi culturale data la grande maggioranza di beni culturali di origine religiosa. Matteo Renzi aveva abolito le Soprintendenze archeologiche, come dire aveva abolito l’archeologia. E negli ultimi giorni, se mai ce ne fosse stato bisogno, si è preso atto che non esiste più una sinistra. E nemmeno una destra. La politica è ormai del tutto uno spettacolo con attori improvvisati da quattro soldi, un’esibizione di narcisismo straccione, un diffuso edonismo suicida, la continuazione delle secolari furberie infantili di evasori fiscali e gli universali furti di denaro pubblico. L’esercito non è più nazionale come l’aveva voluto tra gli altri Giuseppe Mazzini con funzione civile. Ed era stato crogiuolo di unificazione nazionale e oggi sarebbe ancora crogiuolo di nazionalità diverse. È diventato uno strumento quasi privato che le anime belle non immaginano nemmeno in che mani potrebbe cadere. La posizione geografica? Per ora è l’esteso varco europeo per i disperati della terra.

La storia no, la storia non è in crisi, la storia sola ci conserva la speranza di uscire ancora una volta dalla crisi. Niccolò Machiavelli a questa speranza dedicava il finale della sua analisi spietata della crisi italiana del suo tempo. La crisi non era solo un disastro, era anche l’occasione per ricominciare e venire in grandezza; virtù contra a furore piglierà l’armi.

RIMINI LA CITTÀ MANCATA

Rimini è ‘grande’ nella storia. I Romani la considerarono il centro della conquista dell’Italia celtica. Nella storia questo inizio aurorale di Ariminum è un momento di grandezza imperialistica, nella storia come nella vita il bene e il male si intrecciano, i carnefici e le vittime convivono; i Celti, che si erano alleati con Annibale, forse solo i maschi, sparirono in quello che assai probabilmente fu un primo genocidio terrificante. In epoca bizantina Rimini fu la capitale della Pentapoli marittima – Rimini, Pesaro, Fano, Senigallia e Ancona -, ‘dominando’, guarda caso, se escludiamo Ancona, quelle stesse città che poi ‘dominerà’ nell’età malatestiana al suo culmine prima che l’incapacità politica di Sigismondo Pandolfo Malatesta, grande creatore culturale e infantile megalomane narcisista, la riducesse a un paesone per un paio di secoli.

Rimini ebbe ancora una occasione di grandezza col mare e le stagioni balneari a metà ‘800, ma sull’immaginario e alla fantasia ‘borghesi’ di Raffaele Tintori, prevalsero le risorse finanziarie e la mentalità ‘patrizia’ ristretta dei Baldini. Taglio grosso eh! Ancora all’inizio del ‘900, ci fu chi immaginò una Miami, una ‘città’ marittima lunga 25 chilometri, e l’ingegnere Emilio Saffi nel 1912 disegnava tutto il piano di questa grande città, ma senza tutta l’area settentrionale, una farfalla senza un’ala.
In quegli anni il socialista Vittorio Belli realizzava la sua utopia balneare di un chilometro a settentrione dall’Uso verso Viserba e Rimini. L’aveva chiamata Igea Marina e l’aveva divisa in due parti, una per gli ‘umili’ e una per gli abbienti, ma con un progetto di attività culturali che introduceva la storia, l’archeologia e l’arte con funzioni di educazione sociale e urbana.
Invece prevalse il disegno di concentrare le risorse per un turismo di classi sociali elevate, e malgrado le proteste del podestà Palloni, che aveva bonificato il Borgo San Giuliano senza espellere la popolazione, il territorio riminese si ridusse con la nascita del comune di Riccione. Nel dopoguerra si separa Bellaria-Igea Marina. Tre centri, un paesone e due paesi ‘Marini’.
Non c’era la capacità politica e imprenditoriale di organizzare una grande città unica senza privilegi di centri comunali. Un’occasione mancata. Rimini rimaneva un paesone anche con il boom turistico del dopoguerra.

L’IMMAGINARIO PAESANO DI FELLINI E DEL CESSATO SINDACO

E come paesone Rimini veniva rappresentata nei film di Federico Fellini, ne I Vitelloni un film del 1953, in Roma del 1972, e in Amarcord del 1973. Un paesone abitato da pedagoghi e storici imbecilli, da tettone, culone, puttane, isteriche e da uomini pataca, cretini e stercorari. Fellini ‘odiava’ Rimini, le donne, e i gay – ma confessa nel suo libro dei sogni di avere desiderato di fare l’amore con Pasolini -. Ma sì, anche l’amava, ma chi vorrebbe vivere in una Rimini futura come l’ha immaginata Fellini?
E l’avrà anche immaginata bene, con rigore artistico. Bravo, era bravo, seppure non bravissimo.

Il cessato sindaco. Governava Rimini come un autocrate, con una cultura limitata ed era ossessionato da Fellini, tanto da identificarsi con un personaggio felliniano, o almeno così abbiamo pensato quando il cessato aveva parcheggiato una grande moto nell’atrio di palazzo Garampi. La logica di questa invasione: Io so io e voi non siete un cazzo. E la democrazia? Bè diciamo che il decisionismo del cessato sindaco era una deriva personalistica del “centralismo democratico” del Pci che ha diseducato alla vera democrazia e al ragionamento politico con la propria testa e non con quella del Comitato Centrale – logica che pure aveva un senso – generazioni di Riminesi.

E il nuovo sindaco? L’avevo salutato come “il sindaco delle nazioni”, nella speranza che valorizzasse la cultura di Rimini e dei Riminesi di culture diverse, ma sembra essere solo un pallido clone del cessato predecessore. Ha cominciato cementando la rampa urbana del Ponte di Augusto e Tiberio…

L’IMMAGINARIO CITTADINO DI RIMINI CHE CONSENTE LA STORIA

I grandi personaggi che hanno arricchita Rimini e la sua storia di momenti e monumenti di bellezza e interesse internazionale: Caio Giulio Cesare, Ottaviano Augusto – l’Arco e il Ponte, Claudio Tiberio – il Ponte. Al tempo di Adriano venne costruito l’Anfiteatro – adesso ci sono i Bambini, volete mettervi contro bambini? -. Le donne della famiglie Malatesta, le Malatesta patrone, anzi Matrone delle botteghe di Giuliano e Pietro, grandi pittori della Scuola Riminese hanno finanziato i cicli d’affreschi a Rimini e in molti altri posti in Italia: e il bastardo legittimato Sigismondo Pandolfo Malatesta, giovanissimo committente di Filippo Brunelleschi e di Leon Battista Alberti – Castel Sismondo e il Tempio…Monumenti e personaggi – storicamente ‘grandi’ anche se vere carogne, nella storia c’è tutto il bene e il male – che fanno di Rimini nel passato una CITTÀ, e garantiscono la potenzialità urbana nel futuro.

Spero che si capisca che col termine CITTÀ io non voglia solleticare il narcisismo dei Riminesi, magari anche, ma CITTÀ significa il modo più civile di esistere e di risolvere i problemi di tutta la comunità umana. Non grandissima città, ma nemmeno paesone e di dimensioni tali da rendere più facile la soluzione di tutti i problemi.

IL CESSATO SINDACO PREMIATO PER AVERE SALVATO “I GIOIELLI DI FAMIGLIA”

Perché situare ben tre musei di Fellini nel ristretto contro storico di Rimini, impegnando le aree dedicate da secoli a Sigismondo Pandolfo Malatesta, a Filippo Brunelleschi e a Leon Battista Alberti, personaggi molto superiori a Fellini e al cessato sindaco.
Non era meglio creare un centro nuovo di vita riminese in una delle colonie? Anzi non sarebbe stato meglio creare il centro cinematografico a Riccione o a Bellaria-Igea Marina che ha avuto per prima un festival cinematografico? Decentrare e creare nuovi centri significa fare città, un unico centro fa PAESONE.
Tutti conosciamo la cultura del cessato sindaco e quello che ha fatto per Fellini a spese del Castello opus di Filippo Brunelleschi; tutti conosciamo la storia di Rimini che lui e il suo clone, assessore alla cultura per dispetto, ignorano. Tutti sappiamo che il cessato sindaco si è appropriato del merito della ricostruzione filologica – parziale – del Teatro, iniziativa dell’associazione Renata Tebaldi Rimini CITTÀ d’Arte e dei mille Riminesi che in inizio di millennio abbracciarono il teatro e decisione formale del sindaco Alberto Ravaioli coadiuvato dall’assessore Stefano Pivato.
L’associazione marchigiana che lo ha premiato ha offeso la VERITÀ storica; faremo in modo che questa operazione politica falsa non rimanga impunita. E faremo in modo che se Rimini diventerà la capitale della cultura NON SARÀ PER NUOVE MENZOGNE e per esaltazioni impunite di questi piccoli personaggi felliniani.

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