Sul “catafalco” di via Roma

Sul “catafalco” di via Roma

Il Parco Ausa fu una delle realizzazioni pubbliche migliori in assoluto, perché era la prima pista ciclopedonale che collegava il Centro della città a

Il Parco Ausa fu una delle realizzazioni pubbliche migliori in assoluto, perché era la prima pista ciclopedonale che collegava il Centro della città al mare. Chi lo pensò volle evidentemente dare un senso compiuto all’opera, limitando al massimo l’impatto ambientale creando discreti sottopassi in prossimità delle intersezioni con la viabilità ordinaria e con la ferrovia, complice forse pure la mancanza di spazi limitrofi per fare cose differenti. In ogni caso tutto si armonizzò nel migliore dei modi.
L’opera rimase però incompiuta nel punto di attraversamento della Via Roma dove il traffico veicolare e quello ciclopedonale interferivano pesantemente tra loro, creandosi vicendevoli reali disagi.
Proseguendo con gli esempi esistenti e per dare una continuità a quel progetto, sarebbe stato naturale realizzare un ulteriore sottopasso, progettato e costruito con le moderne tecniche di cui oggi si dispone; al contrario si è scelto un cavalcavia, e delle peggiori fattezze estetiche.
Sicuramente c’erano tanti modi di realizzare un ponte; oggi esistono materiali da costruzione cosiddetti “leggeri e trasparenti” che, oltre a snellire e limitare l’impatto visivo delle costruzioni in cui sono impiegati, risultano esteticamente assai gradevoli. Invece si è caduti nella peggiore delle ovvietà; una struttura goffa e massiccia, di grande impatto ambientale, e realizzata in acciaio Cor-ten – così pare dai rendering distribuiti a profusione dal Palazzo – materiale estremamente abusato in tutte le salse architettoniche possibili.
Analizzando il ritorno di immagine che le due opere – ponte e sottopasso – potevano rendere, la differenza è notevole. Il sottopasso è un’opera nascosta e anonima; invece un ponte è visibile, in questo caso appariscente e perfettamente in linea con le scenografie politiche pubblicitarie a cui ci hanno ormai abituato e, a qualcuno, tediato.
Diversi hanno tentato di legare il ricordo di se stessi a un ponte, penso solo a quello sullo stretto di Messina. E volontariamente o meno anche il grande Tiberio lo fece, ma lo seppe fare creando un capolavoro che ancora oggi tutti ammirano; e che paragonandolo a quello sulla Via Roma, nonostante siano trascorsi d’allora oltre 2000 anni, ci fa comprendere mestamente come il modo di farsi ricordare sia decisamente peggiorato.

Salvatore De Vita

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