Anfiteatro, quante lingue parla il Ceis?

Anfiteatro, quante lingue parla il Ceis?

Il direttore Giovanni Sapucci si è sempre detto disponibile a trasferire il Ceis, pur ponendo delle condizioni. Ora invece dallo stesso Ceis escono voci che sconfessano la linea. L'amministrazione comunale, che esprime tre membri del cda dell'asilo italo svizzero, deve prendere in mano la situazione. Per porre fine ad una commedia.

“Disponibili a lasciare l’area dell’Anfiteatro ma ad alcune condizioni”. Così ha sempre dichiarato il Ceis per bocca del suo direttore Giovanni Sapucci. Lo fece nella intervista che ci concesse nel 2016, lo ha ribadito nella recente assemblea pubblica promossa dall’europarlamentare Marco Affronte. Ma evidentemente all’interno del Ceis si parlano lingue diverse. Qualche giorno fa sul Corriere di Rimini un membro della Fondazione Margherita Zoebeli, Margherita Gobbi, ha ribaltato la frittata sostenendo che l’asilo italo svizzero non si può spostare. E’ una commedia.
E perché non si potrebbe spostare? A leggere le motivazioni esternate da Margherita Gobbi sembra che non possa riprodursi in altra sede una struttura rispondente alle esigenze del “modello pedagogico” voluto dalla fondatrice. Il solo buonsenso dice che si tratta di una forzatura. Le architetture si ricreano alla perfezione, basta volerlo. Si arriva al paradosso di sostenere che il Ceis valorizza il paesaggio urbano riminese, quando in quel sito ci sarebbe ben altro da valorizzare. Che si tratti di un “luogo invidiato” non c’è dubbio, il problema è che quel “privilegio” deve finire perché confligge con un patrimonio che deve tornare quanto prima nella disponibilità della collettività. “Si potrebbe spostare il Colosseo o il Duomo di Milano il Ponte Vecchio?” si domanda la rappresentante della Fondazione Zoebeli. La domanda è un’altra: sul Colosseo nessuno ha pensato di costruirci un asilo.
Così come mal posta risulta la questione di quello che si scoprirebbe nel sottosuolo del Ceis. “L’esito oltremodo incerto” va quantomeno verificato, come ha chiarito un’autorità in materia, il prof. Jacopo Ortalli, a Rimini 2.0: “Per verificare se tali resti strutturali ancora sussistono sarebbero sufficienti alcuni sondaggi in zone ben mirate (grazie alle piante che si possiedono si è in grado di definire taluni punti nodali delle murature in corrispondenza di aree non edificate), rapidi ed estremamente localizzati (con trincee a pozzo “apri-e-chiudi” da effettuare con mezzo meccanico)”. Aggiungendo di essere convinto “che nel sottosuolo vi siano tuttora significativi resti di quelle fondazioni murarie, che quindi, una volta riportate in luce, permetterebbero di restituire la pianta completa dell’intero complesso. In tal modo se ne riconoscerebbe meglio la grande forma ellittica, caratteristica degli anfiteatri, e non quella dimezzata, semicircolare, che può indurre a confonderlo con un teatro. Inoltre, utilizzando in alcuni settori le più moderne tecniche di allestimento (ad esempio leggerissime strutture di metallo) sarebbe possibile richiamare visivamente anche l’alzato degli antichi muri”. Le importantissime e chiarissime dichiarazioni del prof. Ortalli, il quale ha pure sostenuto senza mezzi termini che “nel 1946 era stato commesso un abuso edilizio in contrasto con il precedente vincolo”, sono oggi riprese dal consigliere della Lega Nord Marzio Pecci per chiedere di “smettere di calpestare un patrimonio inestimabile” e di mettere da parte “l’arroganza” per abbracciare la strada delle “evidenze archeologiche e del dovere di riscoprire un patrimonio che non ha 70 anni ma ne ha 2000 e che è più vivo ed ha da insegnare ai giovani che la legalità va sempre perseguita”.
Ora però è l’amministrazione comunale che deve decidere, portando alla luce un patrimonio storico e archeologico di epoca romana. Dando dimostrazione di ragionevolezza e attaccamento al bene comune, mettendo finalmente la parola fine alla commedia (ad emergenza post-bellica ormai ampiamente superata), salvaguardando l’esperienza pedagogica del Ceis e recuperando l’anfiteatro romano. Non bisogna infatti dimenticare che l’amministrazione comunale esprime il presidente del Ceis e due componenti del cda, uno dei quali è anche consigliere comunale.

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