Tramonta il sole sulla fusione tra Ieg e BolognaFiere, Rimini Congressi ha bisogno di «soccorso finanziario»

Tramonta il sole sulla fusione tra Ieg e BolognaFiere, Rimini Congressi ha bisogno di «soccorso finanziario»

L'obiettivo sbandierato come cosa quasi fatta «non risulta più attuabile, quanto meno nel breve termine». Nel frattempo la società che detiene quasi il 50% del capitale sociale di Italian Exhibition Group ha urgente bisogno di 3,5 milioni di euro.

Il matrimonio tra le fiere di Rimini e di Bologna, su cui tanto si è scritto e fantasticato, non si farà, nemmeno stavolta. Non si tratta di una indiscrezione giornalistica, ma la notizia è stata formalizzata nel bilancio 2021 di Rimini Congressi: «Ad oggi, tale progetto [fusione] è in “stand by” e, stanti i diversi percorsi iniziati dai rispettivi soci delle due società operative, legati all’approvazione dei bilanci d’esercizio relativi all’anno 2021, si può affermare che esso non risulta più attuabile, quanto meno nel breve termine». Smentiti i tanti che avevano dato praticamente per già convenute davanti all’altare le due fiere, praticamente con la fede nuziale al dito.
Era l’ottobre del 2020 quando IEG ufficializzava di avere siglato con BolognaFiere un term-sheet non vincolante che verteva sull’integrazione tra i due enti, sulla base di un rapporto di concambio pari ad 1:1 e secondo modalità da definirsi successivamente fra le parti. Tanto inchiostro è stato versato per tratteggiare la potenza del pargolo che avrebbe vagito di lì a breve: «il principale operatore italiano del settore, in grado di competere anche con i più importanti player internazionali». Il fanciullino tanto atteso non c’è, non è venuto al mondo.
Nel giugno del 2021, IEG informava il mercato azionario che il matrimonio scricchiolava, non era cioè possibile portare a compimento il processo di aggregazione con BolognaFiere, almeno nei tempi auspicati. La “colpa” cadde (sorvolando sullo scarico di responsabilità fra vari attori di Rimini e Bologna, e sullo scarso gradimento di Andrea Gnassi sotto le due Torri) sulle «imminenti elezioni amministrative» che riguardavano sia il Comune di Rimini che quello di Bologna. Però veniva riaffermata la validità industriale del «progetto strategico di aggregazione delle due fiere», aggiungendo che il percorso sarebbe proseguito con i nuovi sindaci eletti. Jamil Sadegholvaad e Matteo Lepore si sono insediati ma… il matrimonio proprio non s’ha da fare. Evidentemente la vera storia delle nozze saltate resta tutta da scrivere.

Veniamo al presente. Il consiglio comunale di Rimini ieri ha approvato con i soli voti della maggioranza (17) e tutta la minoranza (10) contraria, una delibera “scottante”. Non perché esca dai binari, come l’assessore alle partecipate Moreno Maresi, e il dirigente Mattia Maracci, hanno sottolineato più volte. Ma per lo scenario che fotografa e la strada che indica. Riguarda l’aumento del capitale sociale della partecipata indiretta Rimini Congressi per 3,5 milioni di euro, di cui 3.020.827,31 a titolo di capitale e 479.172,69 a titolo di sovrapprezzo. Vediamo meglio.
Il bilancio 2021 di Rimini Congressi, che detiene una partecipazione del 49,29% in Italian Exhibition Group, presenta un valore della produzione di 1.618.887 euro e una perdita di 1.639.812. C’è da grattarsi la testa. La pandemia ha colpito duro sul sistema fieristico e IEG nel 2020 aveva fatto registrare una perdita di 12,7 milioni. Nel 2021 la china discendente si è interrotta ma l’utile è stato assai contenuto: 1,6 milioni. Se IEG non stacca i dividendi (come avvenuto nel 2020 e nel 2021) a Rimini Congressi viene il fiato grosso. Molto grosso.
Rimini Congressi è anche proprietaria del Palazzo dei congressi, che dà in affitto a IEG. Se le fiere e i congressi, causa Covid, soffrono, fanno cilecca le fonti di entrata della holding immobiliare Rimini Congressi, che ovviamente risiedono in parte preponderante nei dividendi. Ecco perché si è reso necessario il «soccorso finanziario temporaneo» da parte dei soci di Rimini Congressi alla stessa Rimini Congressi, sotto forma di aumento di capitale sociale, indispensabile entro la fine del 2022 o al massimo gennaio 2023.
Perché tanta fretta? Con l’iniezione di 3,5 milioni di euro verrebbe garantita la continuità aziendale fino al giugno 2024 e l’acquisto di ulteriori 222.000 azioni di IEG, così da raggiungere la partecipazione maggioritaria (50,01%) di Rimini Congressi in Italian Exhibition Group. Il mancato incasso del dividendo da IEG sia nel 2020 che nel 2021, e che si ipotizza assente anche nel triennio 2022-2024 (è previsto il ritorno all’utile nel 2024 e nel 2025 l’anno di ripresa della distribuzione dei dividendi ai soci), fa sì che pagare le rate dei mutui diventerà difficile.
Rimini Congressi ha anche bussato alla porta delle banche mutuanti (Unicredit e MPS) per chiedere la sospensione del pagamento delle rate di mutuo il cui debito al 31 dicembre 2021 è pari rispettivamente a 13,94 e 21,76 milioni di euro.

Come si faceva cenno, i vertici degli enti coinvolti, non si stancano di evidenziare che l’operazione è «integralmente compatibile con le norme di legge attualmente vigenti in tale ambito (D.Lgs.175/20216), sia procedurali e sia “sostanziali”», e che è supportata da un «piano previsionale pluriennale» 2022-2027 di Rimini Congressi che prevede il mantenimento della continuità aziendale, naturalmente anche grazie al suddetto soccorso. Ma a nessuno sfugge che la continuità aziendale, sotto il peso degli effetti della pandemia, è stata temporaneamente “persa”. Il piano previsionale è stato valutato «ragionevole ed attendibile, nelle sue assunzioni e nei suoi valori numerici (patrimoniali, economici e finanziari)», da un perito indipendente, con tanto di relazione giurata. Tutto questo conforta ma non lascia tranquilli. Anche perché chi tiene in mano i fili di questo aumento di capitale, per qualche settimana probabilmente dormirà non proprio sonni tranquillissimi. Il motivo? Sulla delibera votata ieri dalla maggioranza si dovrà esprimere entro 60 giorni la sezione regionale della Corte dei conti, e quindi l’efficacia di quella delibera è fra color che son sospesi.
Cosa potrebbe accadere? Se il parere dei giudici contabili dovesse essere completamente positivo, l’operazione verrebbe approvata dall’assemblea ordinaria dei soci di Rimini Holding (in calendario a ridosso di Natale) e poi, nello stesso periodo, anche dalla assemblea di Rimini Congressi, quindi attuata versando le rispettive quote di aumento da parte dei tre soci pubblici di Rimini Congressi: Rimini Holding (31,81%), Provincia di Rimini (28,54%) e Camera di Commercio della Romagna (29,06%). Rimini Holding è la società strumentale “in house” al 100% in mano a palazzo Garampi.
Se invece la Corte dei conti dovesse rispondere picche, anche solo parzialmente, l’operazione dovrà tenerne conto e una apposita deliberazione del consiglio comunale si preoccuperà di recepire il parere della Corte dei conti, che potrebbe anche non essere condiviso in sede locale. Quindi il passaggio nelle assemblee dei soci di Rimini Holding e di Rimini Congressi e poi il seguito operativo, ma è chiaro che in questo caso la tempistica finirebbe per allungarsi e dal limbo si transiterebbe ad un girone un pochino più cupo.
Rimini Holding aderisce all’aumento di capitale con 805mila euro, pescando dal proprio “conto corrente”, foraggiato dai dividendi, ad esempio quelli generosi che elargisce Hera. Provvederà comunque con mezzi propri «senza alcun impatto sulla distribuzione, dalla stessa Rimini Holding s.p.a. al proprio socio unico Comune di Rimini, per l’esercizio 2022, del dividendo di €.3.600.000 già previsto nel bilancio di previsione 2022-2024».

C’è un altro dato che va messo in luce. La partecipazione in IEG presenta a bilancio un valore di 64.849.833, che corrisponde a 4,26 euro per azione. Ma alla data di ieri la quotazione era appena di 1,87 euro, per cui le 15.213.126 azioni hanno un valore di 28.448.542 euro. La conseguente svalutazione dovrebbe ammontare a 36.401.291 euro, ma non è stata disposta alcuna svalutazione in quanto l’amministratore unico di Rimini Congressi, con il consenso del collegio sindacale, non ha ritenuto la perdita di valore durevole.

Nella sua relazione, il Collegio dei revisori del Comune di Rimini, che pure esprime parere favorevole, pone l’accento su un aspetto: «che si tratta della seconda crisi di liquidità della storia di Rimini Congressi, dovuta essenzialmente al fatto che RC dipenda da un punto di vista economico-finanziario, dalla distribuzione di dividendi da parte di I.E.G., di cui peraltro si propone – con questa proposta di aumento di capitale sociale (per €.500.000 su totali €.3.500.000) – che RC acquisisca ulteriori azioni di I.E.G. in quantità tale da arrivare a detenere la partecipazione maggioritaria della stessa I.E.G. (50,01%)». E invita «l’ente a valutare l’opportunità di ripensare l’assetto complessivo delle società operanti nei due settori fieristico e congressuale, anche mediante eventuale operazione di fusione per incorporazione tra RC e I.E.G., al fine di evitare in futuro – anche in virtù di scenari imprevedibili – situazioni analoghe di crisi di liquidità derivanti da perdite di esercizio maturate anche da squilibri economici».

Si tratterà di vedere come si muoveranno gli altri soci pubblici, e in particolare la Camera di Commercio, perché quando Rimini Congressi venne costituita, nel 2006, esisteva la Cciaa di Rimini, mentre oggi è operativa quella della Romagna, e non è scontato che il neopresidente Carlo Battistini debba appoggiare senza colpo ferire l’operazione.

In consiglio comunale il dibattito su questo importante snodo per il sistema fieristico riminese è stato a poche voci.  Matteo Zoccarato, Lega: «E’ l’ennesimo capitolo della storia fieristico congressuale della nostra città, fatto di tante luci e purtroppo di tantissime ombre, frutto di scelte del passato evidentemente sbagliate». Per Zoccarato «nel corso degli anni si è dovuti intervenire con operazioni straordinarie e anche l’ingresso di IEG in borsa si è rivelato una operazione che non ha portato i frutti sperati». Preoccupazione ha espresso anche Enzo Ceccarelli, che ha parlato di «perplessità ben motivate dal collegio dei revisori» e «di un percorso che si delinea complicato».

Siamo ad un altro tornante della storia di Rimini Fiera. Nel 2016 maritata con Vicenza, nell’estate del 2019 IEG ha debuttato sul Mercato Telematico Azionario di Borsa Italiana e il titolo collocato a 3.70 euro per azione. Oggi ha chiuso a 1,94. Poi c’è Rimini Congressi, che naviga fra i marosi, e spera che IEG torni più superba che pria. Nel frattempo si mettono le mani nei denari pubblici, in fondo sempre quelli di Pantalone, e arriva l’ambulanza del soccorso. Poi c’è Rimini Holding, torneremo a parlarne.

Chi sono i soci di Rimini Congressi

Sono cinque, ma quelli pubblici fanno la parte del leone, gli albergatori reggono il lumicino:

Camera di commercio della Romagna: 29,06% del capitale sociale;

Rimini Holding: 31,81%;

Provincia di Rimini: 28,54%;

Ieg: 10,36%;

Aia Palas: 0,23%.

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