Complicazioni nel super cantiere di piazzale Kennedy, dove la ditta appaltatrice è in «motivato dissenso» con la holding. Vengono messi nel conto del PSBO anche 43mila euro per una pista ciclabile provvisoria pro-Notte Rosa. E si scopre che le installazioni e gli spostamenti di cartelloni e totem pubblicitari della giunta Gnassi ci costano 22mila euro.
Mezzo milione di euro di costi in più, e l’aumento della durata del cantiere di 115 giorni naturali consecutivi, rispetto alla data prevista.
E’ questo il bilancio non certo allegro di due varianti, proposte da Hera ed accettate dal Comune, ai lavori fognari di piazzale Kennedy.
Le varianti sono state elaborate, la prima nel marzo 2018 e la seconda in autunno, ma i loro contenuti sono emersi solo pochi giorni fa con la pubblicazione in albo pretorio. E così si scopre un’altra novità poco piacevole per i contribuenti: la ditta che scava per conto di Hera, e cioè la Cooperativa Muratori e Cementisti (CMC) di Ravenna, non è d’accordo sulle varianti perché contesta una errata detrazione di 240mila euro. Si corre quindi il rischio che questa somma debba essere ulteriormente aggiunta; in tal caso l’aumento dei costi totali dell’opera sarebbe non più di mezzo milione ma di 740mila euro, che sono una bella cifra.
Va detto che un elemento consente di tirare un sospiro di sollievo: il mezzo milione è stato infatti ricavato togliendo dai costi inizialmente preventivati dell’opera pubblica una serie di voci, che oggi appunto sono state abbattute quando non azzerate. In altri termini, non troveranno più copertura eventuali nuovi imprevisti e non ci saranno più soldi per il capitolo “pubblicità” che da solo pesava per 100mila euro. Sta di fatto che il contratto fra gli enti pubblici coinvolti (Comune, Regione, Atersir, Ministero dell’ambiente) e il gruppo Hera è stato aggiornato riconoscendo alla holding mezzo milione di euro in più.
Diciamo qualcosa in più sul “dissenso motivato” che apre un potenziale conflitto fra gli appaltatori e la CMC.
La perizia suppletiva di Hera, accettata dal Comune senza dire bau, recita così: «con riferimento alla realizzazione delle opere […] previste per la deviazione provvisoria del canale Ausa, l’impresa, per sua organizzazione di cantiere, ha proposto di procedere diversamente, realizzando un minore sviluppo del canale di by-pass e provvedendo ad eseguire attività compensative consistenti in aggottamenti puntuali, con decremento netto di costo pari ad € 239.568,60 (modifica in diminuzione)».
Che significa nella lingua dei comuni mortali? Che la deviazione non sarà più fatta con un by-pass, ma con “aggottamenti”, cioè – citiamo dai dizionari di opere edili – “operazioni finalizzate a mantenere asciutto il fondo di uno scavo dalle infiltrazioni di acqua piovana o di falda”, tramite “sistemi di pompaggio, pozzi barriera”, “punti aspiranti collegati a una pompa autoadescante nel sottosuolo e realizzati mediante filtri che evitino l’asportazione del terreno”.
Qui sorge un interrogativo: se è vero che la deviazione del canale necessaria per concludere i lavori fognari poteva essere fatta con metodi da 240mila euro in meno, perché questi aggottamenti al risparmio non sono stati progettati e preventivati fin dall’inizio?
Del resto, leggendo l’incartamento che ha tenuto occupati gli uffici di Hera, Atersir, Regione e Comune per più di un anno, fra lettere di perizia, richieste di chiarimento, prese d’atto e compagnia bella, sorgono spontanee anche altre domande.
Ad esempio.
Che senso ha spendere 43mila 700 euro di soldi pubblici, provenienti dalle tasche dei cittadini, per – citiamo dalla determina dirigenziale di palazzo Garampi del 19 marzo 2019 – «attività aggiuntive necessarie per permettere la riapertura del Lungomare, prima degli eventi pubblici patrocinati dal Comune di Rimini (evento denominato Notte Rosa), compresa la realizzazione di una pista provvisoria ciclo/pedonale»? Una pista ciclopedonale provvisoria per la Notte Rosa? Dal momento che – secondo il comunicato del sindaco Gnassi del 14 gennaio 2019 – «il complesso dei cantieri della Vasca Ausa e delle condotte sottomarine nell’area del Piazzale sta proseguendo secondo la tempistica programmata» ed «è prevista l’entrata in esercizio entro l’estate»? Se questo è vero, non sarebbe meglio far risparmiare 50mila euro agli utenti, che pagano i costi dell’opera pubblica in bolletta?
A proposito di pubblicità e dintorni, ci chiediamo perché il Comune di Rimini abbia impartito varie «disposizioni» alle ditte per «smontaggio, accantonamento e trasporto nel magazzino comunale degli arredi di pregio di Piazzale Kennedy» per euro 14.173,78, fuori dalle previsioni? E perché il Comune di Rimini ha dato anche altre «disposizioni» per «smontaggio e riposizionamento deila grafica pubblicitaria e realizzazione di finestre in legno lungo i tre lati della recinzione di cantiere» per euro 7.802,53? E per altri 9.213,95? E per ulteriori altri 5.133 euro (sempre per «smontaggio e spostamento di recinzioni, pannelli grafici, totem, arredi urbani»? Come mai questi benedetti pannelli grafici e «totem» sui quali fa un grande affidamento pubblicitario la giunta Gnassi, vanno e vengono in continuazione? E il tutto – si badi – «in aggiunta a quanto previsto in contratto»?
Sono alcune delle stranezze di un’opera pubblica che, a furia di scavare, trova nel sottosuolo ciò che non si prevedeva. E che al contrario gli uffici comunali avrebbero dovuto ben conoscere. Come, ad esempio, una «tubazione in cemento amianto» che la ditta ha dovuto prontamente smaltire (costo 2.800 euro); le «strutture interrate non note e/o di dimensioni maggiori, che hanno incrementato significativamente le attività di demolizione di strutture in calcestruzzo, sia armato che non» (costo di 255mila euro in più rispetto alla previsione); il «rinvenimento di trovanti e tiranti di acciaio che impedivano di procedere come da progetto» (192mila euro di costi in più); «durante gli scavi e le demolizioni sono emerse alcune strutture fatiscenti non note» che hanno richiesto l’ampliamento di un muro a mare (59mila euro in più); altri 19mila euro in più, spesi per «cavi elettrici attivi tranciati durante le attività di scavo perché non conosciuti».
Infine, 18mila euro in più rispetto al progetto iniziale saranno spesi per «una seconda unità gruppo statico di continuità (UPS) al fine di garantire, anche in caso di guasto della prima, il monitoraggio dei parametri impiantistici fondamentali per la sicurezza». Se era fondamentale per la sicurezza, perché la spesa non è stata prevista dall’inizio?
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