Tutti i furbetti della rendita catastale a Rimini

Tutti i furbetti della rendita catastale a Rimini

Ville da sogno con ettari di parco e piscine (fantasma) che per il catasto non sono abitazioni di lusso e non pagano nemmeno l'Ici. Alberghi con un valore unitario medio fra i più bassi d'Italia. Solo 61 appartamenti censiti come di lusso in tutta Rimini, nemmeno uno signorile e circa dieci appartamenti in villa nella zona censuaria al di sotto della ferrovia, come se a Marina Centro e in viale Principe Amedeo ci fossero delle case popolari.

Ville da sogno con ettari di parco e piscine (fantasma) che per il catasto non sono abitazioni di lusso e non pagano nemmeno l’Ici. Alberghi con un valore unitario medio fra i più bassi d’Italia. Solo 61 appartamenti censiti come di lusso in tutta Rimini, nemmeno uno signorile e circa dieci appartamenti in villa nella zona censuaria al di sotto della ferrovia, come se a Marina Centro e in viale Principe Amedeo ci fossero delle case popolari. Benvenuti nelle anomalie delle rendite catastali a Rimini, dove se qualcuno si volesse porre l’obiettivo della “equità” avrebbe parecchio da lavorare.
La materia è tecnicamente abbastanza complessa e ad entrare troppo nel dettaglio si rischia di essere noiosi. Ma qualche informazione di base occorre darla.

Il valore delle unità immobiliari può essere considerato su una scala che va dalla categoria più bassa, A/6 (fabbricato rurale), salendo alla A/5, poi A/4, A/3, A/2, A7/, A/1 e A/8 (di lusso), come risulta dalla tabella che pubblichiamo qui a fianco e che sarà bene tenere presente per capire le diverse anomalie di cui parleremo.
La città di Rimini è suddivisa in tre zone censuarie. 1: va dalla ferrovia alla statale; 2: a mare della ferrovia; 3: dalla statale verso l’interno.
Diciamo subito che il classamento, che definisce il “valore” di un immobile, determina anche l’imposta di compravendita, l’Imu, la Tares, l’Irpef e altro. Calcolare la rendita in maniera corretta significa dunque anche equità fiscale per i contribuenti e minori o maggiori trasferimenti dello Stato verso i Comuni.

Ci conduce in questo viaggio alla scoperta delle anomalie catastali un vero esperto in materia, il geometra Fabio Lisi (nella foto in primo piano), direttore generale di Car-Tech, con sedi a San Marino, Rimini e in altre città italiane. Su questa materia vanta una competenza come pochi altri a livello nazionale e non a caso si occupa di formazione per le amministrazioni comunali sul versante della anagrafe immobiliare, sviluppa software sofisticati per classificare in maniera corretta gli immobili, ed è impegnata in progetti innovativi che sono stati presentati proprio in questi giorni allo Smart City di Bologna e all’Assemblea ANCI a Firenze, in sinergia con IBM Italia. Emblematico lo slogan scelto per il convegno promosso da IBM: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva…” (art. 53 della Costituzione Italiana).
Lisi parte da una considerazione generale: “L’iniquità delle rendite catastali esiste ed è evidente, e peraltro è stata esasperata dalla recente imposizione Imu. Di frequente però si scambia per caccia grossa quella che in realtà è piccola selvaggina. Vengono messi sotto accusa dagli enti locali i classamenti di immobili in prossimità dei centri storici per la differenza tra la rendita catastale di unità immobiliari spesso classificate in categoria A/4 ed il loro reale valore di vendita”. Problematica che esiste, aggiunge l’esperto, ma rappresenta una minima parte del vero problema. I veri “buchi neri” che spesso sfuggono alla Agenzia delle Entrate (che ha assorbito l’Agenzia del Territorio) e ai Comuni sono altri. “Le incoerenze maggiori sono individuabili nei fabbricati non dichiarati o non dichiarati correttamente, nella mancata identificazione degli immobili di lusso, negli errori nei classamenti tra fabbricati e nello stesso fabbricato, passando per piscine non accatastate, l’incidenza delle aree pertinenziali, parchi non dichiarati, unità immobiliari che hanno perso la caratteristica di ruralità, ed altro”.
Per farla breve, di solito ci si sofferma sulle anomalie catastali maggiormente conosciute, trascurando però quelle che solo un occhio “tecnico” riesce a portare a galla, che però sono anche quelle di maggior peso economico.

Facciamo il caso dei fabbricati di lusso con una sorta di perlustrazione a volo d’uccello sulla città di Rimini: “Nella zona censuaria 2, a mare della ferrovia, non sono state previste tariffe catastali per la tipologia A/1, vale a dire le abitazioni signorili. In tutta Rimini, fra A/1 e A/8, se ne contano 61”. Il dato è aggiornato al 31 dicembre 2011 ed è addirittura in calo rispetto al 2006 quando se ne segnalavano 66. Le categorie di lusso, insomma, sono ridotte al lumicino, stando almeno al catasto. Le A/1 da 9 che erano nel 2006 sono diventate 6 e le A/8 da 57 del 2006 sono diventate 55. Ma la realtà qual è? Sorride il geometra Lisi, forse perché basterebbe una osservazione empirica per rispondere. “Penso che un valore realistico dovrebbe attestarsi sul 3-4% del totale mentre oggi è lo 0,01% per le A/1 e lo 0,07% per le A/8. Direi quindi almeno 10 volte il numero attuale”. Il dato del nord Italia per le A/1 è lo 0,13% e lo 0,15% per le A/8, quello nazionale rispettivamente 0,11% e 0,10%.
A quanto pare non ci sono solo case fantasma (di recente l’Agenzia delle Entrate ne ha scoperte parecchie anche in provincia di Rimini, pari a 2,8 milioni di euro di rendite catastali accertate, ma si parla di tutto il territorio provinciale) ma anche ville. E non solo a Marina e dintorni. C’è una villone da favola, ad esempio, sulla collina verso Coriano, di fronte a Cerasolo Ausa, ma in territorio di Rimini. E’ di proprietà di un noto industriale. Come sarà stato accatastato? Non come abitazione di lusso, né A/8 e né A/1 ma ad un gradino ancora sotto, A/7: un vano, quindi, ha una rendita di 198,63 euro. Probabilmente 50 o, più realisticamente, 100 euro in meno rispetto al valore del suo reale classamento. Fra l’altro l’A/7 se fosse abitazione principale il fortunato e danaroso imprenditore non pagherebbe nemmeno l’Ici.
Siamo solo ad uno dei giganteschi paradossi della situazione del catasto a Rimini, che avrebbe bisogno di un approfondito scandaglio e di un bell’aggiornamento. L’altro, enorme, riguarda gli alberghi. Partiamo sempre dai dati ufficiali aggiornati al 2011: 609.013 euro è il valore medio di un hotel calcolato ai fini dell’Imu. E, attenti bene, l’Ici e poi l’Imu, relativamente agli immobili di categoria D, per il 50% dell’entrata a Rimini (dal 2013 per la sola quota eccedente l’aliquota del 0,76% che è riservata allo Stato) deriva dagli alberghi (D/2), pari a 1.375 e ad un valore Imu di 837.394.173,63 euro.
Giusto per fare qualche raffronto, la piccola Gatteo si piazza a euro 536.170, Camaiore 830.721, Forte dei Marmi 866.842, Bologna 1.994.156, Casamicciola Terme (attaccato ad Ischia) 1.293.513. “Il valore medio di un albergo a Rimini è comparabile con il valore di tre unità abitative”, commenta Lisi. “E’ vero che si tratta di un dato riferito al 1988-89, epoca censuaria di riferimento sulla quale sono calcolate le rendite, però mi sembra abbastanza basso e non a caso a livello nazionale fra i 101 comuni capoluoghi di provincia Rimini si trova al settimo posto tra quelli con la rendita più bassa, praticamente ha davanti a sé 94 comuni che hanno rendite più alte sugli alberghi”. E sempre bassi sono gli immobili D/1, vale a dire gli opifici (fabbriche o stabilimenti industriali) per i quali Rimini è al penultimo posto della classifica con 70 mila euro (l’ultimo posto è attestato a 40.000 euro). “Il dato è molto anomalo nonostante vada considerato che nelle D/1 sono censiti anche i manufatti delle cabine elettriche, che quindi hanno un valore basso, ma per gli opifici la rendita tiene conto anche del valore degli impianti e dunque dovrebbe essere comunque più alta rispetto a quella che si registra a Rimini. Altra anomalia, gli immobili D/7 e D/8, che sono strutture specifiche a servizio dell’opificio e quindi dovrebbero avere rendite più basse dei D/1, in realtà ce li ritroviamo con rendite anche molto più alte”.
Avanti. Sempre nella zona censuaria a mare della ferrovia, la tariffa catastale delle A/2 è superiore a quella delle A/7 e questo avviene solo nella zona turistica (non, per intenderci, dalla ferrovia alla statale e da qui all’interno). E’ quindi vantaggioso dichiarare una A/7 piuttosto che una A/2.

Lisi mette in luce anche un’altra anomalia bella grossa. “A Rimini sono moltissime le abitazioni accatastate come A/3, ben il 70%”. Lo fece rilevare anche l’assessore Brasini, bisogna dargliene atto, ma poi è successo qualcosa? No. Anche se a livello nazionale è un dato davvero eccezionale perché al nord le A/3 non superano il 42%, al centro il 27% e al sud il 32% (dato nazionale 36%). E ci sarà un buon motivo per questa corsa al classamento basso? Certo, perché le A/3 sono unità abitative di tipo economico e quindi con tariffe unitarie abbastanza basse (a Rimini in particolare).
L’elenco delle stranezze catastali potrebbe continuare ancora. Diciamo però che quelle elencate fanno risaltare le principali “sviste”, i trucchetti e le anomalie.
Resta da porsi la domanda delle cento pistole: perché nessuno interviene come si dovrebbe per assicurare un po’ più di equità? “Sono anni che esistono strumenti software e professionalità in grado di affrontare seriamente la questione delle anomalie dei classamenti catastali, purtroppo però sono ancora pochi i comuni che dimostrano di voler fare sul serio”, risponde Lisi. Come dire che forse manca la volontà politica. E come si potrebbe porre rimedio alle anomalie? “Ci sono norme di controllo, precisate e confermate circa un anno fa anche dalla Cassazione”, spiega Lisi. In buona sostanza l’amministrazione comunale ha varie modalità di intervento per non far passare sotto silenzio i classamenti anomali, sia muovendosi direttamente e sia con segnalazioni alla Agenzia delle Entrate. “Monitorare i classamenti significa equità per tutti perché aumentare la base imponibile permette di abbassare le aliquote”. E’ bene comunque informare il cittadino che l’utilizzo di rendite catastali non coerenti, se scoperto dall’Agenzia, fa decadere dall’utilizzo dell’agevolazione che permette di determinare il valore automatico, ad esempio, in una compravendita.
Ma la strada da percorrere sembra ancora lunga per poter parlare di equità.

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