Spulciando nel programma della kermesse di fine agosto non si trovano solo i tecnocrati e i padroni del vapore, ma anche un intellettuale francese che non le manda a dire: “i grandi di questo mondo (questi nani morali), parlando di guerra, vogliono ancora una volta fare di noi, le loro risorse umane, carne da cannone”.
Finalmente al Meeting di Rimini sbarca un “eretico”. Non in senso religioso, ma civile. Parliamo di Miguel Benasayag, psicanalista e sociologo sessantanovenne, autore di titoli anticonformistici quali “L’epoca delle passioni tristi”, “Elogio del conflitto”, “Il cervello aumentato, l’uomo diminuito”, “La tirannia dell’algoritmo” e il recente “Il ritorno dall’esilio. Ripensare il senso comune”.
Gli organizzatori del Meeting sono andati a prenderlo “dalla fine del mondo”, si direbbe, perché Benasayag è di origine argentina. Le sue biografie riferiscono che è stato “militante guevarista e prigioniero politico sotto la Giunta militare”, poi, in Francia, sua seconda patria, ha approfondito la sua teoria critica della società e della cultura contemporanee.
Sono già cominciate le polemiche sul Meeting apparentemente “sdraiato” al cospetto dei potenti di turno in passerella a Rimini (Draghi, Gentiloni, Colao, Amato eccetera eccetera eccetera). In questo quadro c’è da sperare che Benasayag tiri fuori il meglio del suo repertorio al dibattito cui parteciperà il 25 agosto sul tema “La macchinizzazione dell’uomo e l’umanizzazione della macchina”.
Ma qual è il pensiero del sulfureo psicanalista di Buenos Aires? Lo possiamo trovare condensato nel “Manifesto” del Collettivo “Malgré tout” (malgrado tutto) da lui fondato, gruppo di intellettuali che ha come marchio di fabbrica una stella dall’eloquente colore rosso. [testo integrale in italiano]
Ne diamo di seguito alcuni saggi che non abbisognano di commenti.
Globalizzazione e corpi umani
«Negli ultimi quarant’anni almeno, siamo stati testimoni del trionfo e del dominio incontrastato del sistema neo-liberista in ogni angolo del pianeta. Tra le diverse tendenze che attraversano questo tipo di sistema, una in particolare sembra costituire la forma mentis dell’epoca. Si tratta della tendenza a considerare i corpi come il rumore di fondo che disturba la “recita” del potere, poiché i corpi reali, sempre troppo “pesanti” e troppo opachi, desideranti e viventi sfuggono alle logiche lineari di previsione. […] In ambito tecnico-scientifico questa tendenza si esprime nella formula del “tutto è possibile”, che non riconosce alcun limite biologico o culturale al desiderio patologico di deregolazione organica […] Si tratta niente di meno che della volontà di produrre una vita post organica in cui si potranno oltrepassare i limiti dei corpi, per loro natura imperfetti e troppo fragili. L’accelerazione catastrofica dell’Antropocene negli ultimi trent’anni testimonia gli effetti nefasti del “tutto è possibile” tecnicista che non soltanto ignora, ma calpesta le profonde singolarità dei processi organici. […] Stupefatti, i leader della finanza mondiale hanno capito che l’economia, il loro mostro sacro, non poteva fare a meno di schiavi vivi per funzionare.»
Vaccini, la soluzione?
[…] «Di fronte a questa nuova situazione, vediamo emergere due interpretazioni opposte. Da un lato, chi afferma che questo è un fatto molto grave, per il quale dovrebbe essere trovata una soluzione sotto forma di un vaccino o di un farmaco. In questa comprensione della crisi evidentemente non si mette in discussione il paradigma del pensiero e dell’agire dominanti. D’altra parte, un’altra interpretazione, a cui desideriamo contribuire, consiste nel vedere in questa rottura un evento autentico che sfida irreversibilmente l’ideologia produttivista fino ad ora egemonica.»
Pandemia e biopotere
«L’esperienza che viviamo offre al biopotere un terreno di sperimentazione senza precedenti: la possibilità di disciplinare e controllare le popolazioni di interi paesi e continenti. E’ sempre sorprendente (e allo stesso tempo inquietante) osservare con quale rapidità gli individui si lascino disciplinare quando la bandiera della sopravvivenza viene agitata. […] La servitù volontaria è al suo apice quando il braccialetto elettronico del prigioniero diventa un telefono acquistato a caro prezzo. […] Questa esperienza inedita di controllo sociale potrà allora servire come prova generale. È facile immaginare che in futuro non sarà difficile invocare l’emergenza di nuove minacce per giustificare tali pratiche di sorveglianza. In questo contesto la questione se siamo o no in guerra con il virus non è solo un dibattito retorico. Primo, perché ha implicazioni giuridiche concrete. In secondo luogo, perché ci fornisce un’indicazione di come questa crisi possa generare pratiche autoritarie durature. Non siamo in guerra. Questa visione virile e di conquista è essa stessa parte del problema. Stiamo subendo le conseguenze di un regime economico e sociale aberrante e mortifero. Diffidiamo di questi discorsi marziali e dei rulli di tamburo che precedono sempre il sacrificio del popolo. Il nostro obiettivo non è vincere una battaglia, ma assumere la fragilità del mondo, cambiando radicalmente il modo in cui lo abitiamo. Altrimenti una volta terminata la pandemia, il potere non esiterà, con i suoi toni da maresciallo vittorioso, ad arruolare la popolazione in nome della causa della patria economica.»
Che fare nel presente
«Di fronte alla complessità del mondo, la tentazione reazionaria ci invita a delegare il nostro potere di agire ai tecnocrati, quando non direttamente alle macchine algoritmiche. In questa visione oligarchica, gli scienziati sanno, i politici seguono e il buon popolo obbedisce. Ora, esiste un rapporto molto più conflittuale tra il pensiero critico e il senso comune, che non possiamo contrapporre. Il ruolo del pensiero strutturato non è certamente quello di ordinare e disciplinare il senso comune, ma piuttosto quello di aggiungere dimensioni di significato che possano diventare poi maggioritarie ed egemoniche. Per questo ogni progetto di emancipazione, lungi dal rappresentare la rivelazione di una scena nascosta di verità, è sempre una creazione libera di una nuova soggettività.»
«Non sappiamo cosa ci aspetti e non abbiamo alcuna pretesa di prevederlo. Sappiamo, tuttavia, che le forze reazionarie di tutto il pianeta saranno pronte a trarre profitto dal disorientamento in cui saremo ancora immersi. Così, nel cuore di questa situazione oscura e minacciosa, dobbiamo assumere questa realtà, non attendendo saggiamente che “andrà tutto bene”, ma preparando già qui le condizioni e i legami che ci permettano di resistere all’avanzata del biopotere e del controllo. Questa situazione di crisi non deve indurci ad aumentare la delega delle nostre responsabilità. Si sarà visto che i “grandi di questo mondo” (questi nani morali), parlando di guerra, vogliono ancora una volta fare di noi, le loro risorse umane, “carne da cannone”. Solo una chiara opposizione al mondo neoliberista della finanza e del puro profitto, solo una rivendicazione dei corpi reali non sottomessi al puro virtuale del mondo algoritmico possono oggi essere i nostri obiettivi.»
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