Un parcheggio da Guinness

Un parcheggio da Guinness

Due ore, almeno, nel bel mezzo della strada. Passi che ci troviamo nel luogo che concentra diversi uffici pubblici e con una scarsa dotazione di posti auto. Ma...

In via Rosaspina ci sono sedi distaccate del Comune di Rimini, della Regione, dell’Enel e diversi altri uffici e attività. Considerando anche il nutrito numero di residenti, va da sé che il parcheggio (gratuito) tra via Rosaspina, via Bramante, via Monte Titano e via della Fornace Fabbri, spesso registri il tutto esaurito. Come ovvio, specialmente in orari di punta, l’autogestione anarcoide del posteggio vede diverse auto fuori dagli stalli, la qual cosa restringe di molto la principale via di transito di chi vi entra o ne esce. Non di rado, capita che alcuni estremisti della doppia fila facciano fumare i “cabbasisi”, per dirlo alla Camilleri, a chi debba colà transitare. Il vademecum del “bravo automobilista” suggerirebbe di armarsi di calma, pazienza e bere un Cynar, come il Calindri della vecchia pubblicità di Carosello. Questo succede di mattina. Dopo pranzo, quando gli uffici cominciano a svuotarsi, normalmente si torna al regolare via vai. Non così qualche giorno fa.

Mi dirigo verso via della Fornace Fabbri, ma sono costretto a fermarmi davanti a un monolite giallo. Sembra imitare quello comparso lo scorso novembre nel deserto dello Utah. Quando mi imbatto nell’estemporanea installazione piantata nel bel mezzo della strada, sono circa le cinque del pomeriggio. Ne rimango rapito. Nel quartiere Sant’Andrea siamo abituati a vedere parcheggi piuttosto creativi, ma questo è a un livello superiore. È opera di un fuoriclasse. A pochi metri c’è una tabaccheria. Allora penso che l’artista (maschio o femmina che sia) ha inchiodato la macchina in mezzo alla strada perché in preda a una crisi d’astinenza da “gratta e vinci”. Immagino che sia in tabaccheria a grattare come un forsennato/a.

Mentre sorseggio un Cynar, aspetto placido che esca dal negozio. Ma non accade. In preda a nausea da carciofo, fotografo il blocco di acciaio giallo e scivolo via come un refolo del deserto. Torno sul luogo del delitto un paio d’ore dopo. L’opera è ancora là. Dell’artista, nemmeno l’ombra. L’unico cambiamento che colgo sulla scena è questo: in precedenza non mi ero accorto che sotto il tergicristallo c’è un biglietto che plaude la geniale inventiva del “maestro”. Meno male, non sono l’unico ad essere rimasto senza parole. Torno a casa e mentre ceno mi viene un dubbio atroce. Hai visto mai che dentro al monolite c’era il corpo del povero proprietario accasciatosi dopo un malore? Mi assale il rimorso di non aver pensato a un’eventualità del genere. Con l’affanno di quando non c’è tempo da perdere, mi precipito fuori di casa senza nemmeno finire la cena. Infatti, quando mi ritrovo in ascensore davanti allo specchio, mi accorgo di avere in mano la banana che stavo per mangiare allorché sono stato folgorato dall’oscuro presentimento. Me ne devo liberare. Non vorrei mi impedisse nel soccorso. In fretta e furia, prima di arrivare al piano terra, ho giusto il tempo per appiccicare la banana a una parete della cabina con del nastro adesivo che casualmente ho nella tasca del cappotto. Nessun condòmino si lamenterà per questo. Penseranno che sia stato Cattelan. La venderanno all’asta. Quando arrivo nel parcheggio, come accaduto nello Utah, il monolite è sorprendentemente scomparso. Tiro un sospiro di sollievo e contemporaneamente, qualche somma.

Posso affermare con sicurezza che l’auto è rimasta nel parcheggio per almeno due ore (dalle 17 circa alle 19 e qualcosa) ma non è detto che non fosse là già da tempo prima. In ogni modo, nella migliore delle ipotesi, ha occupato la carreggiata per almeno 120 minuti. Incredibile, ma vero. A volte ne bastano cinque di ritardo e ti becchi una contravvenzione per divieto di sosta. Quella specie di Magoo ha lasciato per ore il monolite a ostruire il passaggio e, a meno che non l’abbiano rimosso con il carro attrezzi, l’ha passata liscia. Se qualcuno avesse notizie al riguardo, ce lo faccia sapere. Quanto alla banana nell’ascensore, è scomparsa pure quella: dovrò chiedere alla Sotheby’s.

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