Una lettura del Codice di Camaldoli che porta acqua al mulino del Pd

Una lettura del Codice di Camaldoli che porta acqua al mulino del Pd

«Mi è parso che la preoccupazione fosse quella di spiegare la linea del professore e le ragioni del suo impegno in politica (come ha ricordato) nella prospettiva della presenza nel PD. Non è forse giunto il momento di un nuovo Codice che aiuti coloro che sono impegnati in politica ad assumere comportamenti e scelte coerenti con la Dottrina Sociale Cristiana?». L'intervento di don Gabriele Mangiarotti sulla conferenza di Ernesto Preziosi a Rimini.

Mi è parsa una occasione sprecata. Ho aderito all’invito a partecipare all’incontro col Prof. Ernesto Preziosi «Il Codice di Camaldoli. Il contributo dei cattolici alla Costituzione italiana», organizzato dal Progetto culturale della Diocesi di Rimini in collaborazione con l’ISSR “A. Marvelli”.
Avevo letto con attenzione il testo del Codice che doveva essere presentato, desiderando capire le ragioni, le proposte, l’esito di tale pronunciamento.
Certamente interessante da parte del Relatore l’inquadramento nel contesto del movimento cattolico, dagli inizi passando per l’Opera dei Congressi e raccogliendo l’insegnamento di Pio XII nel Radiomessaggio del Natale 1944: «Antitesi strana, questa coincidenza di una guerra, la cui asprezza tende a giungere fino al parossismo, e del notevole progresso delle aspirazioni e dei propositi verso un’intesa per una pace solida e durevole! Senza dubbio si può ben discutere il valore, l’applicabilità, l’efficacia di questa o di quella proposta; il giudizio su di esse può ben rimanere in sospeso; ma sempre vero che il movimento è in corso.
Inoltre — e questo è forse il punto più importante —, sotto il sinistro bagliore della guerra che li avvolge, nel cocente ardore della fornace in cui sono imprigionati, i popoli si sono come risvegliati da un lungo torpore. Essi hanno preso di fronte allo Stato, di fronte ai governanti, un contegno nuovo, interrogativo, critico, diffidente. Edotti da un’amara esperienza, si oppongono con maggior impeto ai monopoli di un potere dittatoriale, insindacabile e intangibile, e richieggono un sistema di governo, che sia più compatibile con la dignità e la libertà dei cittadini.
Queste moltitudini, irrequiete, travolte dalla guerra fin negli strati più profondi, sono oggi invase dalla persuasione — dapprima, forse, vaga e confusa, ma ormai incoercibile — che, se non fosse mancata la possibilità di sindacare e di correggere l’attività dei poteri pubblici, il mondo non sarebbe stato trascinato nel turbine disastroso della guerra e che affine di evitare per l’avvenire il ripetersi di una simile catastrofe, occorre creare nel popolo stesso efficaci garanzie.
In tale disposizione degli animi, vi è forse da meravigliarsi se la tendenza democratica investe i popoli e ottiene largamente il suffragio e il consenso di coloro che aspirano a collaborare più efficacemente ai destini degli individui e della società?
È appena necessario di ricordare che, secondo gl’insegnamenti della Chiesa, «non è vietato di preferire governi temperati di forma popolare, salva però la dottrina cattolica circa l’origine e l’uso del potere pubblico», e che «la Chiesa non riprova nessuna delle varie forme di governo, purché adatte per sé a procurare il bene dei cittadini» (Leon. XIII Encycl. «Libertas », 20 giugno 1888, in fin.)»
A me è parso, leggendo il Codice di Camaldoli, che vi siano presenti non solo alcune linee che hanno dato sostanza alla Costituzione della Repubblica italiana, ma che sia indicato un suggerimento di metodo che poi è stato ripreso dal notevole documento della Congregazione per la Dottrina della Fede: «Nota Dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica»: «La legittima pluralità di opzioni temporali mantiene integra la matrice da cui proviene l’impegno dei cattolici nella politica e questa si richiama direttamente alla dottrina morale e sociale cristiana. È su questo insegnamento che i laici cattolici sono tenuti a confrontarsi sempre per poter avere certezza che la propria partecipazione alla vita politica sia segnata da una coerente responsabilità per le realtà temporali.»
Avrei desiderato lo svolgimento di questo tema, rispettoso della linea che da Camaldoli ha portato all’insegnamento della Chiesa sul problema politico, evidenziando l’originalità del contributo cattolico e aprendo piste di lavoro e ricerca.
Purtroppo mi è parso che la preoccupazione fosse quella di spiegare la linea del Professore e le ragioni del suo impegno in politica (come ha ricordato) nella prospettiva della presenza nel PD. Alcuni accenni lo hanno fatto capire, mi pare.
Ha ricordato di non avere partecipato alla votazione sulle unioni civili, ha accusato di fondamentalismo coloro che si oppongono all’aborto, chiedendo modifiche sostanziali a quella legge che ha procurato più di sei milioni di aborti, ha invitato a «imparare dal mondo» come accaduto per Pio XII nella sua difesa della democrazia.
Non ho potuto assistere alle risposte alle numerose domande dopo che un bellissimo gabbiano ha fatto la sua irruzione nella sala della conferenza. Avrei desiderato comprendere come è stato possibile che dalle indicazioni programmatiche del Codice di Camaldoli, che ha avuto anche l’appoggio del santo sindaco di Firenze (di cui ricordo, per approfondita esperienza, l’insegnamento chiaro e coerente rispetto alla Dottrina Sociale cristiana) siano nate posizioni politiche che hanno sostanzialmente tradito i principi non negoziabili.
Le posizioni di tanti cattolici che hanno appoggiato partiti che hanno sostenuto i DI.CO, le DAT, l’aborto e il divorzio, la fecondazione eterologa… sono state posizioni conseguenti o difformi dalla intenzione dei promotori del Codice di Camaldoli?
Non è forse giunto il momento di un nuovo Codice che aiuti coloro che sono impegnati in politica ad assumere comportamenti e scelte coerenti con la Dottrina Sociale Cristiana, valorizzando tutti gli aspetti di ragionevolezza?
Il confronto su questi temi credo possa portare a quel protagonismo dei cattolici che lo stesso Prof. Preziosi ha auspicato alla fine del suo intervento.
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don Gabriele Mangiarotti

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