Unindustria Romagna: questo matrimonio non s’ha da fare (per ora)

Unindustria Romagna: questo matrimonio non s’ha da fare (per ora)

Salta la fusione delle tre associazioni industriali che si dovevano unire in Unindustria Romagna. Forlì-Cesena dice no, mentre Rimini e Ravenna vanno

Salta la fusione delle tre associazioni industriali che si dovevano unire in Unindustria Romagna. Forlì-Cesena dice no, mentre Rimini e Ravenna vanno avanti. Una separazione che viene dopo quasi due anni di lavoro. E il giorno dopo si moltiplicano le interpretazioni. Non tutto però sembra perduto.

Alla fine il matrimonio è saltato con gli sposi già sull’altare. E’ arrivato il no, e il giorno dopo tutti hanno una loro versione dei fatti per spiegare l’accaduto, soprattutto perché su quell’altare si univano i destini delle più importanti famiglie del paese.
Il matrimonio di cui stiamo parlando è quello che venerdì pomeriggio a Santarcangelo doveva celebrare la fusione tra le associazioni industriali di Rimini, Forlì-Cesena e Ravenna in Unindustria Romagna.
Tutto era pronto per il rito, mancavano solo le firme, quando è giunto il no di Forlì-Cesena. O meglio, alla riunione fissata nella biblioteca di Santarcangelo si è presentato anche Vincenzo Colonna, presidente di Confindustria di Forlì-Cesena, ma solo per dire che la sua giunta aveva manifestato contrarietà alla fusione.
A Paolo Maggioli (Rimini) e Guido Ottolenghi (Ravenna) non è restato che prendere atto di questa decisione. Per il momento dunque il matrimonio si è consumato solo tra Rimini e Ravenna, le cui rispettive giunte hanno firmato il corposo documento (40 pagine di testo e un centinaio di allegati) che regola questa prima e parziale fusione. Poi Maggioli e Ottolenghi si sono recati a Forlì come ospiti di Colonna alla riunione del Consiglio forlivese che ha detto no. Solo due i voti favorevoli alla fusione, uno dei quali era quello del presidente Colonna.
Il “fidanzamento” tra le tre associazioni di industriali era stato lungo e fino ad un mesetto fa niente lasciava trasparire nubi all’orizzonte. Come si ricorderà, tutto era cominciato con una riunione a Castrocaro nell’ottobre del 2014, dove era stata presa la decisione “politica” di procedere alla fusione delle tre associazioni di industriali in Confindustria Romagna. Il percorso è iniziato formalmente nel gennaio del 2015 con un’unione federativa che, secondo il programma predisposto, avrebbe dovuto arrivare ad una fusione vera e propria in un paio d’anni. Venerdì a Santarcangelo, in anticipo quindi sulla tabella di marcia, era previsto l’atto formale della fusione, ma, come detto Forlì-Cesena ha detto no e adesso si vedrà se cercare un atto riparatore o se ognuno andrà per la sua strada, con Rimini e Ravenna unite e Forlì-Cesena ancora single.
All’interno di Confindustria di Rimini e di Ravenna la decisione dei colleghi forlivesi e cesenati viene censurata aspramente. Come detto, già da un mese si era capito che il processo di fusione aveva rallentato, ma c’erano ancora speranze di trovare una soluzione comune.
Secondo quanto si racconta tra i soci riminesi, a imporre il no di Forlì e Cesena sono state le aziende di minori dimensioni, mentre le aziende più grandi e più importanti si erano mostrate d’accordo. Inoltre, come sempre succede con i processi di fusione, secondo i riminesi, qualcuno ha avuto paura di perdere una fetta di potere e ha deciso di dire no.
Da Cesena si ricorda che già tempo addietro si era verificata una spaccatura tra gli imprenditori del territorio quando si unirono Api e Confindustria. In seguito a questa fusione e alla necessità, in tempi di crisi, di sfoltire gli organici, ci rimisero il posto di lavoro soprattutto i dirigenti che venivano dall’esperienza di Api, cosa che non è mai andata giù alle aziende di piccola e medie dimensioni che quindi potrebbero aver voluto rallentare sulla nuova fusione per non ripetere l’esperienza di allora.
Il direttore generale di Confindustria Forlì Massimo Balzani fornisce invece una versione diversa e più pacata, specificando che la sua è una interpretazione personale di quello che è successo, e di non voler essere scambiato per il portavoce della giunta confindustriale forlivese (che nel caso specifico è chiamato consiglio generale), dove ogni membro ragiona e vota con la sua testa: “Già dalla riunione di Castrocaro era stato previsto un percorso che avrebbe dovuto portare alla fusione. Si è lavorato in questi anni e Rimini e Ravenna hanno considerato sufficiente il documento redatto, che è comunque certamente corposo, per arrivare alla fusione. Il consiglio di Forlì, a mio giudizio, ha giudicato necessari ulteriori passaggi e approfondimenti per dire di sì in maniera convinta alla fusione. Non mi sembra che ci sia una volontà di distacco, anzi Forlì si rende disponibile a continuare il ragionamento, semplicemente non si riteneva pronta per questa accelerazione. Insomma due associazioni partiranno subito con questa avventura, Forlì aveva chiesto approfondimenti, tempo e contenuti diversi. Comunque non è un no irrevocabile, non c’è una distanza incolmabile. Adesso il dialogo andrà avanti, da una parte Rimini e Ravenna discuteranno della loro fusione e dall’altra assieme parleranno con Forlì-Cesena”. (f.f.)

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