Uno spazio nel Museo della Città per il grande fotografo riminese Marco Pesaresi

Uno spazio nel Museo della Città per il grande fotografo riminese Marco Pesaresi

Migliore cartolina – estetica e turistica – per la città non c’è.

Ennesima eccellenza riminese trattata più come un peso che come un tesoro. Eppure le sue immagini sono "l’omaggio a una città, l’offerta struggente e appassionata che un figlio tributa alla sua terra". E due protagonisti degli Stati generali della fotografia ne parlano così.

La rivoluzionaria ossessione degli Stati Generali.
Ormai quella degli Stati Generali è una moda – piuttosto stucchevole. Si fanno Stati Generali di ogni cosa: del turismo, della cultura, dell’enogastronomia, dello stato generale della nostra frustrazione di massa. L’umanità – soprattutto quella occidentale – si sa, ha la memoria corta. I veri Stati Generali sono quelli che si facevano in Francia, il giro tondo marziale tra Primo (Clero), Secondo (Nobili) e Terzo (borghesi e rurali) Stato, prima che arrivasse la Rivoluzione a metterci la ghigliottina e a segare la testa a ogni discussione. Insomma, se si fanno gli Stati Generali è per evocare un Robespierre che seghi le chiacchiere. Beh, il 6 aprile il Mibact – che sta per Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo – ha varato gli “Stati Generali della fotografia”. Erano tanti, erano in molti, c’erano tutti. Tranne noi. Che c’entriamo noi? Ve lo dico io. Facendo due nomi. Che agli Stati Generali l’han fatta da protagonisti. Il primo è Roberto Koch. Il secondo è Renata Ferri. Il primo è il guru di Contrasto, il punto di riferimento della fotografia e del fotogiornalismo in Italia – e non solo qui. La seconda, Renata Ferri, è stata una delle teste di genio di Contrasto, è caporedattrice e photoeditor di Io Donna, ha fatto parte della giuria del World Press Photo e sgorga autorevolezza fotografica da tutti i pori. Cosa unisce Koch e la Ferri? Marco Pesaresi. Proprio lui, il grande fotografo riminese che si è tolto la vita, 15 anni fa, nel porto della sua amataodiata Rimini.

Il bando del contendere.
In questo caso, il problema non è Rimini. Il problema è il Comune di Savignano sul Rubicone. Che per 25 edizioni consecutive ha ‘prodotto’, grazie all’Associazione Savignano Immagini il “SI Fest”, più che prestigioso festival ‘virale’ – nel senso che occupa tutti gli spazi civici o quasi della cittadina – di fotografia. Il Comune di Savignano, grazie a un accordo con Contrasto, l’agenzia fotografica per cui lavorava Marco Pesaresi, ha incorporato tutti gli scatti del fotografo riminese. Un bacino di immagini infinito, pubblicato dalle riviste di mezzo mondo, meraviglioso. Tra l’altro, il Comune di Savignano ha denunciato recentemente (Delibera di Giunta del 24 febbraio 2017) la volontà di essere “una Città per la Fotografia”. Probabilmente il Ministero non ha preso sul serio né il “SI Fest” né tali aurei proclami, perché agli “Stati Generali della fotografia” son stati reclutati in tanti, dal Museo Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo alla Fondazione Sella di Biella, da Fotografia Europea di Reggio Emilia a Fondazione Fotografia di Modena, ma del Comune romagnolo che vorrebbe essere una capitale dell’arte fotografica non v’è traccia – né tantomeno v’è cenno del velleitario festival “Foto d’autunno” creato a Rimini. Che succede? Scarsa capacità di comunicazione? Va detto che il Comune di Savignano, che investe gran parte delle sue relative risorse culturali nel “SI Fest” – per la scorsa edizione sono stati spesi 90.280 euro, a leggere la Delibera di Giunta del 12 maggio 2016 – continua a spendere. Questa volta in un “esperto per il supporto alla programmazione e realizzazione di Savignano Immagini Festival”, come recita il bando ancora in corso (scade il 22 aprile), stabilito per l’anno in corso – ma “con possibilità di rinnovo per l’anno 2018” – per chi abbia già lavorato nell’ambito fotografico “per conto di pubbliche amministrazioni o nell’ambito di manifestazioni di riconosciuto spessore” (badate all’aggettivo, spessore, manco fosse una crostata…), per “un importo complessivo di euro 10.000” comprese “le spese sostenute (viaggi, vitto, alloggio)”. Il bando ha mandato su tutte le furie Isa Perazzini, la mamma di Marco Pesaresi, che è anche presidente di Savignano Immagini – sostituendo il deposto Gimmi Baldinini, imprenditore delle calzature – che ha detto, grosso modo, che i soldi pubblici andrebbero usati per valorizzare il festival, e che “questo drone che vogliono imporci per vigilare sopra l’Associazione Savignano Immagini” non garba proprio. Ad ogni modo, resta un dato di fatto: Savignano ‘Città della Fotografia’ per il Ministero è inesistente. Fate i vostri relativi ragionamenti intorno.

Facciamo un rosario insieme al Sindaco Gnassi.
Torniamo a Marco Pesaresi, ora. Ennesima eccellenza riminese trattata più come un peso che come un tesoro. Visto che se ne parlo io, di Marco, pare che parli il solito rompiuova, uso le parole di altri, dei protagonisti degli “Stati Generali della fotografia”.
Così di Marco Pesaresi dice Renata Ferri: “Passione, amore, futuro, sogni, mondo, umanità, paure, sesso, visioni, dolore. Sono solo alcune delle parole che hanno affollato gli anni che ho condiviso con Marco.
Anni giovani e ribelli, incerti per loro stessa natura.
Marco usava il reportage per dare forma ai suoi demoni. Gli andava incontro e li guardava in faccia. Nani, storpi, prostitute, drogati e folli, accattoni e barboni, un’umanità senza speranza di riscatto”.
Così di Marco Pesaresi dice Roberto Koch: “Quando l’ho conosciuto, Marco Pesaresi era molto giovane e appassionato di fotografia e di avventura. Mi sono rapidamente convinto delle sue potenzialità. Abbiamo subito cominciato un percorso di lavoro insieme, durato tanti anni, che ha portato Marco a realizzare i suoi due più importanti progetti: la visione poetica di Rimini, diario intimo e universale delle particolarità e degli eccessi che caratterizzavano la sua città natale, e Underground, un grande reportage nelle metropolitane dei più popolosi centri urbani del mondo, da New York a Calcutta, da Mexico City a Parigi, a Berlino, a Madrid, Londra, Milano, Tokyo e Mosca”.
A proposito di Rimini, a Rimini Pesaresi, chi non lo sa, dedica il lavoro più lungo, tormentato, appassionato (ancora Koch: “Marco teneva particolarmente al suo lavoro su Rimini. Quelle immagini sono l’omaggio a una città, l’offerta struggente e appassionata che un figlio tributa alla sua terra, amata e detestata come ogni terra madre. La Romagna di Rimini è un territorio particolare, patria dello svago a tutti i costi, delle vacanze spensierate ed eccessive ma anche culla di valori e tradizioni rurali forti, di emozioni schiette, di un’affettività diffusa che si percepisce in ognuna di queste immagini”). Nessuno come Pesaresi ha eternato Rimini e la Riviera romagnola. Terra di riti ancestrali e di deliri eccezionali. E Rimini cosa fa per Pesaresi? Ci ha messo una pietra tombale sopra. Pardon, ci ha messo, sopra la tomba, la scultura di Jader Bonfiglioli, e buona lì, zitti tutti. Ma un artista non vive rimpiangendolo – per altro, a dirla tutta, Pesaresi non è neppure sepolto nel cimitero monumentale dove l’opera di Bonfiglioli lo rammemora: le sue ceneri veleggiano sopra sotto attraverso il mare Adriatico. Un artista è eterno grazie alla sua opera. Perciò, facciamo un rosario per impetrare l’attenzione dell’augusto Sindaco Andrea Gnassi: che nel Museo della Città si ricavi una stanza, un’alcova per le fotografie riminesi di Pesaresi. Madornali, micidiali bianco-e-nero. Migliore cartolina – estetica e turistica – per la città non c’è. Facciamo una preghierina anche al Comune di Savignano, però: cosa fanno di concreto per valorizzare l’opera di Pesaresi? Un suggerimento. Un bel museo on line dove sfogliare l’immenso catalogo di scatti – e di scritti – di Pesaresi. Contrasto – che ha ceduto le foto – ce l’ha, nel motorino di ricerca – a partire da qui: www.contrasto.it – sono 1661 fotografie di cangiante bellezza. La Romagna nostra non è mai stata così intensa

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