Via Borghi, il Consiglio di Stato dà ragione al Comune ma ridimensiona il «peso» del masterplan

Via Borghi, il Consiglio di Stato dà ragione al Comune ma ridimensiona il «peso» del masterplan

Su cosa si basa la sentenza che ha ribaltato il pronunciamento del Tar Emilia Romagna? Sul fatto che il no al piano particolareggiato non sarebbe stato radicato sul fondamento del Masterplan strategico.

L’amministrazione comunale ha cantato vittoria (qui il comunicato stampa), e in parte ne ha tutte le ragioni, in merito alla sentenza del Consiglio di Stato che ha accolto l’appello presentato da palazzo Garampi nel 2018, respingendo il ricorso in primo grado avanzato da privati sulla vicenda del “Piano particolareggiato in variante Via Borghi”. Ma è una vittoria su tutta la linea? C’è qualche ragione per dubitarne.
Il pronunciamento del Tar era stato netto: «Dando ragione ai proprietari delle aree di Santa Giustina, il Tar ha di fatto rottamato il vangelo urbanistico che il sindaco Andrea Gnassi ha posto quale pietra angolare del suo mandato amministrativo», scrivevamo nel 2017. Aveva definito il «cosiddetto Masterplan strategico» un «atipico atto pianificatorio» accogliendo il ricorso con la motivazione che risultano «fondati i mezzi di impugnazione con i quali si rileva l’illegittimità del provvedimento di diniego di approvazione del piano particolareggiato proposto dai ricorrenti per carenza di motivazione e per illegittimità derivata e l’illegittimità del presupposto atto pianificatorio “Masterplan” per violazione dei principi generali di tipicità degli atti di pianificazione urbanistica».

Cosa dice il Consiglio di Stato? Ecco uno dei passaggi cruciali: il Tar “con la sentenza impugnata ha quindi accolto il ricorso, ritenendo che il diniego gravato fosse stato adottato sulla base del Masterplan, cioè in relazione ad un atto di pianificazione atipico e dunque illegittimo». Ma «il Comune di Rimini nei motivi di appello sostiene che il diniego non sarebbe stato adottato all’esito di quanto contenuto nel Masterplan, ma anche sulla base di circostanze relative alla contrarietà del piano proposto con la disciplina pianificatoria vigente ratione temporis (PRG del 1994) e di altre circostanze indicate nella stessa delibera di rigetto». Ed è questa tesi che il Consiglio di Stato fa propria per ribaltare la sentenza dei giudici amministrativi di Bologna. Ripercorrendo l’iter procedurale del piano particolareggiato, il Consiglio di Stato sottolinea che «la proposta di PP presentata dagli appellati non era effettivamente conforme alle previsioni del PRG che ammetteva un’altezza degli edifici di solo 10,50 metri (mentre quella prevista dalla proposta prevedeva l’edificazione di edifici di altezza fino a 13,50 metri), comportando pertanto un aumento della capacità edificatoria consentita (per questa ragione era stata chiesta una variante)».
Non solo. Il diniego espresso dal Comune è stato posto «in relazione al rispetto delle condizioni previste nell’adottato PSC» e ad una serie di pareri contrari, come quello della III Commissione consiliare permanente “Territorio-Ambiente-Mobilità”, del consiglio di circoscrizione n. 5 e del consiglio comunale. «Il piano strategico è stato poi nel PSC adottato con delibera del Consiglio comunale n. 65 del 29 marzo 2011, rappresentandone uno dei principali antecedenti. Comunque, indipendentemente dal piano strategico, lo stesso PSC esprimeva come propri criteri-guida il contenimento del consumo di suolo e la ristrutturazione/riqualificazione urbana, anche mediante una riduzione degli indici di fabbricabilità (nel caso di via Borghi da 8.000 mq di Su a destinazione residenziale e funzioni compatibili previsti dal previgente P.R.G. a circa 4.900 mq di Sc – UT 0,12 mq/mq)».

Di seguito arriva poi un altro passaggio decisivo: «Quanto al rinvio al Masterplan operato dalla delibera di diniego, va osservato che lo stesso si è concretizzato in un inciso nel quale si afferma che la proposta deve essere oggetto di un approfondimento organico di coerenza e compatibilità con le linee di indirizzo dello stesso Masterpaln. Ciò significa che non ci si riferisce, contrariamente a quanto affermato dal Tar, a prescrizioni urbanistiche contenute in uno strumento atipico, ma alle linee di tendenza (ad una visione e alla sua trasparente esplicitazione) della programmazione e pianificazione urbanistica che l’Amministrazione intende seguire. La stessa qualificazione della delibera n. 77/2012, come mero “Atto di indirizzo” depone chiaramente in questo senso».
Cioè, alla fine dei conti, il no del Comune al piano particolareggiato non è stato radicato sul fondamento del Masterplan, considerato solo un atto di indirizzo, ma su strumenti urbanistici “classici”. In poche parole non sarebbe vero, sempre secondo il Consiglio di Stato, che il Comune di Rimini avrebbe assunto la decisione contestata «in ragione della precedente delibera del consiglio comunale n. 77 del 13 dicembre 2012, avente ad oggetto l’approvazione del “Masterplan strategico – Interventi per la realizzazione di una città sostenibile».

Resta il fatto che dai medesimi atti amministrativi, il Tar ha dedotto una cosa e il Consiglio di Stato il suo contrario, ma nella sostanza a “salvare” l’amministrazione comunale è stato un minor peso dato al Masterplan, pur in una cornice che ragionevolmente evidenzia come il «consiglio comunale, anche al di là dei tipici atti di pianificazione urbanistica, possa porre in essere, nella sua funzione politica, atti di indirizzo (cfr. art. 42 TUEL e Cons. Stato, sez. V, 30 dicembre 2020, n. 8507)». Secondo le ragioni poste all’amministrazione comunale a difesa del proprio operato, «il Masterplan sarebbe dunque semplicemente l’atto con cui si è proceduto a specificare (e non a modificare nella loro essenza) gli obiettivi strategici dell’Amministrazione, fra cui quelli urbanistici dettati nel Piano strategico e nel Piano strutturale (che a sua volta ha espressamente recepito il Piano strategico del 2010). In sostanza, esso sarebbe un mezzo per garantire la trasparenza e l’imparzialità dell’Amministrazione nel perseguimento di detti obiettivi strategici ed in ultima analisi un riferimento concreto per le decisioni degli organi di indirizzo politico in tema di interventi da attuare sul territorio (cfr. p. 5 della delibera). Pertanto, la metodologia e la “griglia” fornita dal Masterplan altro non sarebbe che il modo di rendere effettivamente più chiaro il percorso decisionale di detti organi, ossia uno strumento di supporto per l’attività dell’Amministrazione e una garanzia per i privati. In questo quadro, il Masterplan sarebbe stato previsto ad abundantiam e non ad substantiam con una visione coincidente con gli obiettivi del PSC e del Piano strategico (che il PSC recepisce)».

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