Vicolo San Bernardino: un colpo al cuore

Vicolo San Bernardino: un colpo al cuore

Ancora una volta siamo in presenza di un forte contrasto tra gli altisonanti proclami reclamistici e la realtà dei fatti. Eppure siamo nel centro storico.

Non siamo in un vicolo di qualche sobborgo malfamato di Londra o della Parigi dell’Ottocento, ma in pieno Centro Storico a due passi dalla Piazza tre Martiri e in una traversa della centralissima Via Garibaldi. Ci troviamo in Vicolo San Bernardino, uno dei buchi neri della città dimenticato e svilito probabilmente perché non fellinizzabile o impossibile da snaturare oltremodo nel suo fascino particolare. Qui non arriva il beneficio del predicozzo sindacale declamato in occasione dell’inaugurazione dell’infelice passerella del Ponte Tiberio: «Rimini sta investendo sulle sue radici ed è attraverso il proprio patrimonio che si potrà generare lavoro, economia e allo stesso tempo, cura, bellezza e senso di appartenenza». Qui non ci sono radici, né bellezza e altre amenità varie, ma solo squallore. Questo luogo simboleggia più che mai l’ormai inesistente controllo del territorio da parte di chi ogni giorno recita il solito mantra della nuova visione della città che, a suo dire, cambierebbe in meglio.

Il vicolo è deserto e inquietante perché non offre alcun impatto rassicurante a chi vorrebbe percorrerlo anche di giorno, ma figuriamoci di notte. Il fondo stradale è sconnesso e malamente rattoppato, i muri degli edifici, anche quelli storici del complesso conventuale, sono tutti imbrattati insensatamente, fin dove vi era spazio, da individui che hanno voluto lasciare traccia del loro possesso del territorio, come peraltro fanno altri tipi di animali quando marcano il loro. Poi ovunque guano di volatili e qualche traccia di bisogni corporali (umani). L’unica attività commerciale che presidiava in qualche modo quel luogo, una libreria, ha ben pensato di trasferirsi altrove operando una scelta non certo biasimabile.

La viuzza poi accede infine alla Piazzetta omonima (parte del famoso anello delle piazzette), di cui è degna rappresentante di quel vacuo progetto. Inaugurata nell’estate del 2014, è già praticamente devastata dai soliti balordi che sguazzano in quell’area. Anche qui arredi urbani vandalizzati, le solite demenziali scritte sui muri e, fatto grave assai, la mutilazione del piede di un angioletto di una delle statue di Carlo Sarti. Ciò avveniva nel maggio del 2016 ma ancora oggi nessun restauro è stato fatto in proposito. Anche la telecamera posta a blanda deterrenza per ciò che accade, ha fatto la stessa fine del resto. E dire che nel 2017 l’assessore alla Polizia Municipale con grande enfasi, a proposito della contravvenzione elevata a tre ragazzi in centro storico sorpresi con i piedi sulle panchine, annunciava trattarsi di un segnale chiaro ribadendo l’intenzione dell’Amministrazione di utilizzare tutti gli strumenti a disposizione per contrastare questo tipo di situazioni. E questa piazzetta è lo specchio di quella forte determinazione.

Ancora una volta siamo in presenza di un forte contrasto tra gli altisonanti proclami reclamistici e la realtà dei fatti. La gente ha bisogno di assistere ad una parvenza di dinamismo, di sentirsi raccontare le cose in modo convincente, e questo chi ci amministra lo sa e bene. Come sa pure bene che poi dopo le chiacchiere ci si dimentica di tutto, e nessuno si prende mai la briga di andare a verificare se i risultati sono pari a quelli degli annunci, o come si spendono i denari pubblici e con quali risultati. Una vera visione della città non è fatta a spot del momento, magari perché balza l’idea della romanità piuttosto che della fellinizzazione quando non dell’assalto al Castello, ma va pensata e progettata globalmente non escludendo nulla. E non si tratta di ostilità nei confronti di questo o quello, ma di esercitare il proprio diritto di cittadino nel giudicare l’operato di un’Amministrazione, magari facendo anche proposte alternative; ma si è dimostrato che di ciò non vi è necessità, perché se è vero che i problemi si risolvono a cominciare dalle piccole cose, solo i piccoli personaggi credono che si affrontino a cominciare da quelle grandi.

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