Sui muri di questa dimora zampillano frammenti ceramici d'ogni epoca, foggia e colore. E' uno spettacolo per gli occhi e per il cuore. Com'è nata, chi l'ha pensata e creata con tanta dettagliata cura e sapienza di accostamenti? Abbiamo suonato al campanello e ci è stato aperto. Il racconto per parole e immagini di una inattesa meraviglia.
Edificata probabilmente dopo il terribile terremoto che sconvolse Rimini il 16 agosto del 1916, Villa Susi risale agli anni 20 del ‘900. I danni più gravi causati alla città interessarono infatti il rione Montecavallo e le case lungo via Flaminia, dove sorge l’abitazione oggetto del mio interesse.
Gli attuali proprietari, una coppia molto cortese che mi apre il cancello, così come si apre senza remore alle mie domande, la abitano dal 1989. Nel giro di 3-4 anni, in virtù della passione del marito, le cambiano pelle, la trasformano, ne plasmano l’aspetto esterno con insoliti colpi di colore dovuti alla vernice di fondo, a migliaia di ceramiche, intere o spezzate, che in alcuni punti appaiono gettate in modo quasi casuale sull’intonaco, come se questo fosse una tela impregnata dalle famose gocciolature di Jackson Pollock.
Quando dipingeva, lo statunitense voleva “essere letteralmente nel dipinto”, come immerso nell’opera. Qui l’azione è concettualmente analoga. Ma l’artista in questione non è un pittore o meglio, il suo repertorio artistico contempla per forza di cose, il disegno, ma finalizzato a produrre un racconto attraverso una personale invenzione grafica oppure semplicemente riportandolo, per altrui creazione, sulla ceramica.
Quella festante composizione di colori e forme che movimentano gli altrimenti essenziali muri esterni della villa, mi incuriosiva da tempo. Quando finalmente mi decido e suono il campanello, dopo pochi minuti di conversazione scopro di avere diversi amici e conoscenze in comune con i proprietari.
La signora è una legale da poco in pensione e il marito è stato un antiquario, ma soprattutto, un ceramista che alla terracotta ha dedicato la vita. Fin da bambino. Il risarcimento si è perfezionato nel gratificante rito della creazione, cosa che accomuna molti artisti, anche quando le loro fatiche non sono compensate da riscontri economici. L’arte consola e comunque arricchisce sempre.
L’ex antiquario, per riservatezza, vorrebbe che il suo nome non comparisse nell’articolo. Una scelta che rispetto, anche se credo che molti lo riconosceranno. Sia come sia, d’ora in avanti lo chiamerò con l’iniziale della sua passione: la “C” di ceramica.
L’intera casa è la celebrazione dell’argilla. E non solo. Il tenero omaggio alla moglie tributato sotto il davanzale di una finestra svela una persona che non ha vergogna dei propri sentimenti. Tanto è vero che ha perfino adoperato i muri della loro abitazione come fossero pagine di un diario all’aria aperta.
E lo stesso tema si ripropone all’interno della dimora dove, ad esempio, le pareti che fanno da sfondo a una scala a chiocciola sono decorate da mattonelle di propria creazione con chiaro richiamo stilistico al liberty. Su di esse figurano i volti, perlopiù idealizzati, delle presenze femminili che hanno avuto un ruolo importante nella vita di C.
Il Liberty, come movimento artistico/culturale va visto anche come sontuosa celebrazione dell’universo mulìebre da cui ha preso vela l’emancipazione femminile. Tra le mura dell’abitazione si percepisce un’attenzione spontanea, mai forzata, al mondo femminile. Gli artisti, a differenza dei più, non hanno necessità di ricorrere alla parola. Lo fanno con le opere che escono dall’intima eloquenza delle proprie mani, così come espresso sui muri di villa Susi da cui zampillano frammenti ceramici d’ogni epoca, foggia e colore.
Le innumerevoli isole di maioliche che si rincorrono in ogni dove, coprono un arco di tempo tra il XIV e il XXI secolo. Molti pezzi rinascimentali si contendono gli spazi con piastrelle realizzate dallo stesso C. tra manici orfani di brocche, cocci che un tempo erano conche, crespine e piattelli, orcioli e ancora albarelli e versatoi.
Molti sono materiali recuperati da scarti della propria produzione poi regali di amici e colleghi o comperati ai mercatini del “bric – à – brac” oppure trovati lungo gli argini dei fiumi, omaggi del ritiro dell’acqua dopo una piena.
Sulla parete che accompagna la scala esterna al piano superiore, nell’accumulo colorato, vicino a uno spigolo si trovano i resti di un piatto in stile “compendiario”, la cui caratteristica è di essere decorato da raffigurazioni leggere, veloci, stilizzate mentre in un altro coccio tondo di terracotta poco distante si distingue l’immagine di un San Sebastiano databile, dallo stile del disegno, tra il ‘400 e il ‘500, come spiega il ceramista.
Su tutte le pareti C. trova immancabilmente qualche aneddoto curioso da riferire e mi offre spiegazioni su materiali e tecniche che si sono adottate nei secoli, poi pesca un ricordo che galleggia nel mare di cocci, lo collega a un vecchio amico e il racconto si anima di particolari gustosi, insoliti e mai banali.
Nel giardino sul fronte della casa c’è una grande rana di terracotta e accanto, un gatto certosino; ma questo è in carne, ossa e pelo e ci ha sempre seguito durante la visita. I gatti (ne hanno tre) sono un’altra grande passione di casa. Appena varcato il cancello, il primo ad accogliere il visitatore è però un ariete di ghisa che porta in testa e sul dorso due vasi di piante grasse e una capasanta sulla groppa, posizionate da C. dopo l’acquisto.
Anche la colorazione gialla è opera del ceramista. Del resto l’ariete è associato al sole, rappresenta il potere creativo della natura selvaggia, ma anche della primavera e dell’alba. È potenza ed energia creatrice. Non so se C. e la moglie lo tengano dov’è per questi motivi, ma trovo che non ci stia affatto male.
Una nota finale. Ho voluto condividere la mia interessante esperienza con voi lettori. Se vi capita di passare davanti alla curiosa casa di via Flaminia, fermatevi un momento ad osservarla e lasciatevi trasportare dall’allegria che sprigionano i mille colori delle decorazioni sotto gli occhi attenti dell’ariete giallo.
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