Voglio una vita schiaffeggiata dalle onde

Voglio una vita schiaffeggiata dalle onde

Luca Rosetti, 27 anni, un forte legame con il Club Nautico di Rimini, ha deciso di fare della sua grande passione un lavoro a tempo pieno. Si è trasferito a Lorient, la piccola città della Bretagna affacciata sul golfo di Biscaglia considerata la capitale della vela. Ecco come l'ha scelta, cosa sta facendo e quali obiettivi insegue.

Luca Rosetti, 27 anni, nasce tra il “Sàvena e il Reno”, come da dantesca identificazione dei bolognesi. Fino da giovanissimo, quasi a replicare il corso delle acque del fiume e dell’affluente dopo essersi uniti, finisce per tuffarsi nell’Adriatico per seguire l’irresistibile richiamo della barca a vela, passione che non lo abbandonerà più. I primi rudimenti alla scuola del circolo nautico del Savio, quando aveva 6 anni. Poi le uscite in mare sul minuscolo “optimist”, all’età di 10, presso il Circolo Nautico Amici della Vela Cervia. Da “cadetto” passa a “juniores” per approdare quindi agli scafi monoposto “laser”. Si dedica anche all’insegnamento della vela ai giovanissimi presso il Club Nautico Rimini. Con la “RiMini650”, competizione velica in Adriatico, acchiappa il vento giusto per arrivare alla “Mini Transat”, regata in solitario che nel 2019 gli permette di contrastare con successo gli schiaffi potenti delle onde dell’oceano. E poi… poi forse è meglio chiederlo direttamente a lui.

Luca, ci siamo conosciuti più di due anni fa al Club Nautico di Rimini. È corretto dire che il cordone ombelicale con il “CNR” è stato un positivo punto di partenza per allargare il tuo orizzonte di velista?
«È indubbio che il Club Nautico Rimini sia stato un passaggio molto importante e la similitudine con il cordone materno è più che azzeccato. Come succede con una mamma, è fisiologico reciderlo, ma il legame rimane forte e continua anche a distanza. Mi preme sottolineare che sono e rimarrò sia socio che un atleta del club. Pur senza rinunciare alla strada che ho appena imboccato, sono legato alle mie origini. Comunque sia, quello che sto vivendo è un anno particolare, forse decisivo. Da qualche tempo a questa parte cerco di fare della mia passione un lavoro a tempo pieno».

Far defluire la propria passione verso un’attività lavorativa è di chi crede nelle proprie possibilità.
«È vero, ma il mondo della vela professionistica non è facile, non è uno sport con rotte già tracciate. In Italia, eccettuato il “Team Maserati Multi 70” capitanato da Giovanni Soldini, al momento non esistono Team di vela d’altura solidi, duraturi, per cui molti velisti tentano di realizzare da soli il proprio progetto».

Partenza Pornichet La Select 2022 (foto March Ervouet).

Mi stai dicendo che ti sei messo nella loro stessa scia?
«Per fare un salto di qualità e progredire nella preparazione, ho deciso di giocare una carta che spero sia determinante, in senso positivo, per il mio futuro di uomo e di sportivo. Ho il privilegio di essere entrato nel team Race=Care, un’equipe che coniuga il piacere di andare per mare con nobili valori umanitari. Infatti, con i nostri sponsor, soprattutto CEL Components ed M-Pharma, aziende entrambe emiliano-romagnole, raccogliamo fondi per l’associazione “Medici con l’Africa Cuamm”, una delle più prestigiose “ong” italiane. Da parte mia è anche doveroso aggiungere che il team mi aiuta ad avere a disposizione una barca di nuova generazione, molto performante».

Quindi, quale carta hai calato?
«Ho giocato il Jolly: Lorient. Viste le premesse, il passo di trasferirmi nella “capitale della vela”, era doveroso. La piccola città bretone affacciata sul golfo di Biscaglia, vive anche grazie a questa attività sportiva, ospita tutti gli equipaggi più importanti della “Course au large” (competizione di lunga distanza in solitario, in doppio o in equipaggio; ndr). È il bacino perfetto dove poter apprendere dall’eccellenza di questo sport e a stretto contatto con la particolare natura e la storia di quel luogo eletto. Con i suoi cinque porti, Lorient non poteva che essere votata alla nautica. È con queste motivazioni che a gennaio ho fatto i bagagli e puntato la prua dei progetti, tenendo convintamente la barra verso la Francia».

Da una rapida ricerca sul web, vedo che Lorient è a quasi 1200 chilometri dalle nostre zone…
«Sì, è lontana, ma non così tanto come può sembrare e legàmi con l’Italia ce ne sono. Ho saputo che agli inizi degli anni ’20 del secolo scorso, diversi italiani poco inclini ad accettare il regime fascista, si stabilirono qui a lavorare. Buona parte di essi, provenienti dal mondo dell’edilizia, artigiani, muratori, cementisti costruirono molti edifici nello stile in voga in quegli anni. Dopo le devastazioni del conflitto mondiale è rimasto ben poco, ma nella parte nord della città c’è ancora un’intera via con case edificate dai nostri connazionali.
Tra le costruzioni rimaste in piedi c’è la “Base sottomarina di Lorient”, un imponente complesso di bunker costruiti dai nazisti a fortificazione della base dei sommergibili U-Boot sulla penisola di Keroman. Conservati per il valore storico, oggi i fortini sono utilizzati diversamente: è stato creato un importante centro diviso in cinque sezioni: regate d’altura, strategie navali, prevenzione dei rischi in mare, archeologia subacquea, pesca e acquacoltura. Il porto dove attracco io si chiama “La Base” proprio perché è l’ex base dei sottomarini. Questa è una località densa di storia. Al di là dell’isolotto di Saint Michel che divide in due la rada di Lorient si trova, affondato dai tedeschi nel magio del ’45, il relitto della fregata Isère che trasportò la Statua della Libertà negli Stati Uniti. Ma mi fermo qui, non voglio annoiarti».

Tutt’altro! La tua scelta è stata dunque ponderata e anche interessante culturalmente. Risultati?
«Evidentemente, per concretizzarsi, i desideri hanno un prezzo. Non nascondo che i primi mesi sono stati duri. A causa anche di piccoli ritardi nel programma dovuti a imprevisti durante il cantiere invernale, è iniziato a crescere in me un senso di disagio, il timore di non essere all’altezza. Settimana dopo settimana, la preoccupazione di avere fatto qualcosa al di là delle mie possibilità cresceva, mentre si affievoliva via via la voglia di navigare. Ho iniziato ad avere paura del vento, di entrare ed uscire dal porto a vela. Il primo trasferimento, parlo di 30 miglia, l’ho fatto “in doppio” perché temevo fortemente di causare danni. E dire che stavo portando la barca per partecipare a una regata in solitario. Combattevo una strana battaglia contro un avversario inatteso quanto imprevedibile: me stesso. Quando due forze dentro di te, una negativa e una positiva si contrappongono con ugual intensità, può riuscire difficile venirne fuori».

Luca Rosetti ormeggiato a La Base.

Sono problemi comuni a coloro che prendono decisioni importanti.
«È vero. Fortunatamente arriva il giorno della partenza. Mentre te lo racconto, lo rivivo con uguale intensità. Sono previsti 18 nodi, in calo. Sono combattuto tra mettere la prima mano di terzaroli (significa ridurre di un terzo della sua superficie l’esposizione al vento della randa; ndr) oppure no. Le angosce sono ancora lì e mi portano a guardarmi intorno. Gli altri cosa fanno? Li hanno messi o no? Ancora non navigo libero come vorrei. È come se mi stessi auto-sabotando. Devo uscire al più presto dall’amletica palude dell’indecisione».

Ne esci oppure no, dalla melma del dubbio?
«Alla fine mi impongo di non mettere la mano. In passato ho già gestito la stessa situazione e in più il vento è in calo. Pronti… via! Buona la partenza e anche le prime miglia. Man mano che navigo inizio a ricordarmi cosa so fare, inizio ad apprezzare il tocco leggero e veloce dell’acqua mentre scorre da prua a poppa e a lasciarmi alle spalle tutte le ansie che mi bloccavano, che non mi facevano navigare sereno. E man mano che le miglia passano sotto la chiglia, la confidenza con la barca, ma soprattutto con me stesso, aumenta, mentre gli scafi che conto davanti a me, diminuiscono. La prima regata della stagione è un successo. Da quel momento il mio umore, l’intensità in navigazione e negli allenamenti, comincia a crescere. Causa un problema meccanico, nella seconda regata mi devo ritirare. Sono cose che in uno sport meccanico possono succedere, ma noto che il feeling creato è positivo».

2.500 miglia divise in due tappe: Les Sables d’Olonne – Azzore e ritorno, percorsa in solitario.

Hai colpito e affondato lo stato psicologico che ti condizionava.
«A mente lucida, credo che superare certi disagi alla fine fortifichi. Così, con rinnovato entusiasmo, mi preparo per la terza prova della stagione. La regata è condizionata da pochissimo vento e da una flotta iper compatta. Potevo anche fare il colpaccio. Ci è mancato davvero poco. Un errore verso la fine, dovuto a una scelta meteo sbagliata e a una gestione tutt’altro che perfetta delle energie che mi fa scivolare di qualche posizione proprio negli ultimi bordi prima del traguardo, mi tagliano fuori. Tuttavia la sensazione è buona. E si arriva alla regata più importante della stagione, la SAS (Les Sables d’Olonne – Azzore – Le Sables d’Olonne), 2.500 miglia divise in 2 tappe, da percorrere in solitario. Il ragazzo incerto e timoroso è solo un brutto ricordo. Sulla linea di partenza c’è un navigatore affamato di competizioni, che ha voglia di mangiarsi ogni miglio di gara e dare filo da torcere agli avversari. Voglio mostrare tutto il mio orgoglio nazionale in una contesa sportiva che sulla linea di partenza conta solo tre italiani in mezzo a più di 80 stranieri. La nuova attitudine ha aperto le porte a due super tappe. La prima, dovendo nuovamente superare una piccola noia meccanica, mi vede 7° in graduatoria, mentre nella seconda, dopo 9 giorni a lottare per le posizioni di testa, giungo 3° al traguardo e mi isso perciò al terzo posto assoluto.»

Partenza SAS 2022, Les Sables D’Olonne (foto Olivier Blanchet).

Un buon successo che fa ben sperare per il futuro e sancisce l’ottima scelta di Lorient… E ora?
«Per la prossima stagione l’obiettivo è la Mini Transtat, la regata più importante del circuito. Per questa stagione la “Monas Race=Care” e io siamo carichi e ci faremo trovare con “albero e vele”, “testa e braccia toniche”, preparati e allenati sulla linea di partenza, pronti a giocarcela fino all’ultima boa e all’ultimo miglio».

Allora inviaci una foto del traguardo. E senza scafi avversari davanti…!

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