La trans-sinistra: «vogliamo tutto»

La trans-sinistra: «vogliamo tutto»

I centri sociali foraggiati da Sadegholvaad e Bonaccini svelano l’inganno: il babbo-mammo dipinto era solo un pretesto per spingere il sindaco ad accodarsi a Sala & C. sulle trascrizioni. Contro la Costituzione, contro le leggi vigenti, contro il consenso (maggioranza alle elezioni), contro il buonsenso.

È arrivato a una svolta il caso del mural di Jamil. Soldi pubblici, spazi pubblici, visibilità pubblica, cancellare l’opinione di chi la pensa diversamente: questo vogliono, non altro – e oggi l’hanno detto chiaro e tondo – i fautori del transumanesimo in versione transfemminista. Non c’entrano nulla le bombolette spray, l’arte o presunta tale, la maternità, la paternità, il “magico mistero” e tutte le altre supercazzole sparate a vanvera dal sindaco di Rimini. I graffiti, l’arte urbana, l’allattamento del babbo-mammo sono meri pretesti usati e strumentalizzati per un solo fine: conquistare soldi pubblici, spazi pubblici, visibilità – in una parola sola: egemonia. Alla faccia delle leggi vigenti, della Costituzione, del consenso (vedi elezioni) e del buonsenso.
Mercoledì mattina il Centro Sociale Grottarossa, lamentando l’imbiancatura di via Savonarola, s’era preso la responsabilità del padre che allatta: «in questi anni – diceva un comunicato – come Grottarossa in rete con NUDM [Non una di meno, ndr] e Pride OFF abbiamo realizzato oltre al murales in questione una vasta gamma di iniziative… Un’opera realizzata in collaborazione col Comune di Rimini come gesto di riqualificazione urbana». Mica gratis, perché a quanto pare il Centro Sociale Grottarossa, insieme a Casa Pomposa e al Centro Giovani comunale RM25 sono beneficiari di un ventimila euro di soldi pubblici, di provenienza regionale (Bonaccini) e distribuiti dal Comune (Sadegholvaad) per promuovere l’arte di strada [leggi qui].
Oggi pomeriggio “Non una di meno”, associazione segnalatasi alle cronache per le denunce agli alpini, ha spiegato alla cittadinanza «quello che il murales voleva rappresentare», assumendosene la paternità politica e facendo la lista della spesa. Ecco che cosa pretende “Non una di meno” dagli enti pubblici: «le nostre vite, le vite delle persone trans* … continueranno ad attraversare lo spazio pubblico, a prendere spazio e parola, speriamo sempre più spazio e sempre più parola»; «rivedere la legge 164 del 1982 che regola il cambio di sesso e l’accesso alle terapie ormonali in Italia»; «riconoscere la legittimità della carriera alias come forma di tutela minima sia per chi studia sia per chi lavora»; «abbattere lo stigma che colpisce lə sex worker, stigma perpetrato a Rimini anche dalle ordinanze emanate dal Sindaco Jamil Sadegholvaad, dalle multe e dai fogli di via che vorrebbero eliminare la prostituzione dalle strade»; «parliamo di sfamiglie e chiediamo ai Sindaci di disobbedire a leggi ingiuste che vorrebbero eliminare la trascrizione degli atti di nascita de* bimb* con due mamme o due papà»; l’associazione spinge Sadegholvaad «a prendere posizione anche su questo tema», cioè ad unirsi al trenino degli altri sindaci Sala, Gualtieri, Nardella, Manfredi, Decaro e altri; «chiediamo che venga introdotta a scuola l’educazione alla sessualità e all’affettività… e lo stiamo già facendo»; «chiediamo tutele specifiche sul luogo di lavoro, accesso alla casa e alla salute e un reddito di autodeterminazione»; «chiediamo case rifugio e spazi di socialità»; «chiediamo che siano bandite le mutilazioni genitali sui neonati intersessuali»; e naturalmente, dulcis in fundo, l’associazione è così democratica da dichiararsi «in lotta ogni volta che viene affisso un manifesto di Pro Vita & Famiglia» (vale a dire che i graffiti transfemministi non si possono toccare, mentre i manifesti di chi la pensa diversamente, quelli no, non devono poter essere visti dalla cittadinanza).
Questi sono * compagn* di avventura che nei giorni scorsi il sindaco Jamil Sadegholvaad ha cercato goffamente di esaltare, qualificando come «immortale» la loro opera grafica, manco fosse la Cappella Sistina, e minacciando addirittura di mandare in giro la polizia politica in cerca degli imbianchini di San Nicolò al Porto.
Adesso toccherà all’inquilino di palazzo Garampi andare «oltre l’arcobaleno», come scriveva, andare fino in fondo con i graffitari cui già ha concesso provvidenze pubbliche.
Al Centro Sociale Grottarossa – spazio comunale gestito da alcune associazioni – stanno allestendo la festa del somaro, “Donkey Sunday”; in preparazione il nuovo numero della fanzine «BURRO», nota per titoli storici quali «Unzione estrema», «Sesso underground», «Abbattiamo il patriarcato», «Il mondo dopo la fine del mondo», «La Liberazione, intesa nel senso più ampio possibile»; il tutto nella festaiola atmosfera testimoniata dai manifesti quali “Vengo a Grottarossa”, “La Befana viene di notte a Grottarossa”, corredati di inequivocabili verghe.
È «arte». «Immortale».

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