Antonia de Barignano: una via intitolata alla madre di Sigismondo Malatesta

Antonia de Barignano: una via intitolata alla madre di Sigismondo Malatesta

Corre parallela tra le vie Bastioni occidentali e Circonvallazione occidentale, nel tratto che unisce Porta Montanara a Castel Sismondo. Atto importantissimo sotto il profilo culturale, la titolazione è omaggio che glorifica i meriti storici di una donna di potere, concretamente complice del signore Pandolfo III Malatesta, e “madre perfetta”.

Si è inaugurata ufficialmente il 24 settembre 2021 la via di Rimini intitolata ad Antonia de Barignano, madre del più noto Sigismondo Malatesta. Ex tracciato di raccordo ferroviario, è oggi una stretta via molto frequentata da pedoni e ciclisti, lunga meno di 200 metri, tra Castel Sismondo e Porta Montanara. Atto importantissimo sotto il profilo culturale, la titolazione è omaggio che glorifica i suoi meriti storici, di donna di potere, concretamente complice del signore Pandolfo III Malatesta, e “madre perfetta”.
Ma chi era Antonia?

Da sinistra: Piero Galli, Alberto Bargnani e Oreste Delucca alla inaugurazione della via Antonia de Barignano.

Donna straordinaria del Medioevo, nacque attorno al 1400 nel bresciano, da genitori col medesimo nome: lui Giacomino (Comino), lei Giacomina Celeri. Il padre, figlio di un Giovanni, era detto “bergamasco”, forse semplicemente perché sposato ad una donna di Lovere, paese di confine, sulla sponda bergamasca del lago d’Iseo. Ancor oggi Lovere è “conteso”: provincia di Bergamo, ma diocesi di Brescia. Mentre la famiglia di lui pare avesse origine nel paese di Bargnano, in provincia di Brescia, la famiglia di lei, i Celeri, era una delle più potenti famiglie ghibelline della Valle Camonica.
Non è facile individuare il luogo esatto di nascita di Antonia. Lo storico di famiglia Alberto Bargnani, che ha a fondo scavato negli archivi, ha individuato le case cittadine dei quattro fratelli di Comino, in Cittadella Vecchia (quartiere ad est del Broletto), ma non la sua dell’epoca in cui nacque Antonia. Anche nei documenti d’archivio Comino pare l’unico dei fratelli ad essere essente rispetto alla vita cittadina. Non è quindi certo che Antonia sia nata in Brescia, pur restando plausibile. In alternativa, potrebbe essere nata a Lovere, in ambienti materni o nella casa dei Bargnani (di cui è certa l’esistenza), oppure in una delle tante dimore di provincia, per esempio a Bargnano, o in una delle diverse località “Bargnana” sparse sul territorio.

Palazzo Broletto, Brescia: qui nacquero Galeotto Roberto, Sigismondo Pandolfo e Domenico Novello.

Molto probabilmente Comino, essendo di mestiere “condottiero di genti d’arme”, partecipò alla grande battaglia dell’ottobre 1401 tra la coalizione di re Roberto di Germania (ne facevano parte anche Firenze, Padova, Venezia, il Papato…) e i condottieri di Gian Galeazzo Visconti, svoltasi nella piana di Brescia, nella quale combatterono anche i fratelli Carlo e Pandolfo III Malatesta, al servizio del Visconti.
La madre di Antonia, Giacomina, era figlia di Bartolomeo Celeri, nobile di Lovere fedele ai Visconti che, nel 1390, grazie alle requisizioni fatte a danno dei guelfi, si era molto arricchito. Siccome stiamo trattando della futura madre di Sigismondo signore di Rimini, è bello far notare che stiamo parlando dei nonni di lui: il bresciano Giovanni Bargnani, padre di Comino (già residente a Brescia nel 1388), e il bergamasco Bartolomeo Celeri, padre di Giacomina (residente a Lovere). Delle madri/nonne, purtroppo, non sappiamo…
Il primo maggio 1404, grazie al contributo della fazione guelfa, Pandolfo III Malatesta fece il suo ingresso in città, da principio come signore “temporaneo” legittimato da Caterina Visconti, poi come autoimpostosi principe assoluto. Nel settembre dello stesso anno, Caterina Visconti concesse ampie immunità ai Celeri di Lovere, per l’ottimo presidio di confine che contava almeno sedici uomini.
Dopo il cambio di bandiera, una decina di anni più tardi, nel 1414, Pandolfo III era ancora alle prese con i ghibellini ribelli della Val Camonica, al punto da dover porre assedio a Lovere. I resti di quell’assedio sono ancora incredibilmente visibili, nel bosco a nord del paese, costituiti da una serie di “recinti” di poderose murature in pietra a secco, posti in vista di una torre difensiva urbana.
Così accadde, verso il 1416, che la giovane Antonia ebbe a conoscere, non sappiamo come, il bel Pandolfo III, signore del territorio, che aveva sottomesso con la forza anche la sua ostinata famiglia materna “bergamasca” ghibellina [per inciso, bisogna porre il dubbio che all’assedio di Lovere abbia partecipato non il Pandolfo III signore di Brescia, ma il Pandolfo Malatesta, suo omonimo, vescovo di Brescia, figlio di Malatesta di Pesaro, che, da un documento presente nell’archivio vescovile, pare fosse in quel periodo a Clusane e avesse suoi soldati a Lovere].
Nel giugno di quel 1416, Antonia si trasferì quindi nella casa dove, fino a quel momento, aveva vissuto Allegra de Mori, ex compagna di Pandolfo III e madre di suo figlio Galeotto Roberto, che venne allontanato in Romagna.

Di forte temperamento, Antonia si comportò a corte con autorità, gestendo cose di palazzo e facendo acquisti, per sé e anche per i suoi famigliari. Ben presto, mentre lontano dalle mura della Cittadella Nuova, si svolgeva l’epocale Concilio di Costanza, Antonia diede al mondo il suo primo figlio, Sigismondo Pandolfo Malatesta, alle ore 15:00 del 19 giugno 1417, futuro signore di Rimini. L’anno seguente, il 5 di agosto, partorì il secondo, Domenico Novello, futuro signore di Cesena. Così che ad ottobre 1418, quando il nuovo papa Martino V venne in Brescia, Antonia lo ricevette da madre, esibendo i due piccoli futuri famosi Malatesta, frutto dell’amore di Pandolfo.
La fine della signoria, esattamente seicento anni fa, tra febbraio e marzo 1421, portò Pandolfo III a trasferirsi in principio a Rimini, poi nella sua Fano. Antonia era con lui, almeno fino a Rimini, con i due figli e con quattro suoi fratelli Bargnani che, per convenienza, lasciarono Brescia.
In Rimini cambiò residenza varie volta, passando da una casa presso il palazzo comunale, in contrada Santa Colomba, ad una dimora in contrada San Giovanni. Ebbe poi varie abitazioni fra Rimini e Bellaria, sempre mantenendo stretti i rapporti famigliari: in una sua casa di Bellaria c’era una stanza solo per Sigismondo, che talvolta la visitava, mentre Novello, in punto di morte, nel 1465, la raggiunse per spegnersi fra le sue braccia. Padrona di poderi, terre arative e vigne, aveva un palazzo nel complesso fortificato di Giovedìa, una casa nel castello di Sant’Arcangelo e un’altra, con terreno, in San Mauro Pascoli, oltre a possedimenti nei suoi luoghi d’origine, in Bargnano, Longhena e altre località bresciane. Accanto a lei non vi erano solo i figli e i fratelli, ma anche aiutanti di origine bresciana con varie mansioni, che evidentemente si portò da Brescia in quella triste uscita del 1421, per essere servita.
Mentre il compagno d’amore seguiva nuove vie di vita a Fano, anche risposandosi, lei restò sempre a fianco dei figli, in atteggiamento comunque di piena autonomia, anche riscuotendo pedaggi sul fiume Uso, affittando possedimenti, o governando da signora, prima a San Mauro Pascoli, poi a Bellaria. La dobbiamo quindi immaginare accanto a Elisabetta Gonzaga, moglie di Carlo Malatesta, nell’educare il piccolo Sigismondo, e poi vicina all’amore di lui Isotta degli Atti, in silente complicità, e operativa nella gestione del proprio patrimonio. Sì, perché Antonia da Barignano visse una vita lunghissima, morendo per ultima, dopo Pandolfo III e dopo i loro due figli, il 20 maggio del 1471.
La sua sepoltura avvenne a Rimini, in quella che oggi è la chiesa di Sant’Agostino (allora San Giovanni degli Agostiniani), dove già riposava suo fratello Tomaso, il quale nel 1440 vi aveva fatto erigere una cappella per sé e per i suoi famigliari, compresa la moglie di suo figlio Margherita.

Da sinistra: Maurizio Bellavista, Amalia Picone, Alberto Bargnani e l’autore di questo articolo Piero Galli.

Ad inaugurare la via di Rimini a lei intitolata, oltre alle autorità, l’assessore alla cultura del Comune di Rimini Gianpiero Piscaglia e la responsabile per la toponomastica Anna Maria Rabitti, c’erano: lo storico riminese Oreste Delucca, l’operatore turistico Maurizio Bellavista e, da Brescia, il discendente Alberto Bargnani, con la compagna Amalia Picone, e il professor Raffaele Piero Galli.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

CADEI Pietro, Cronache loveresi – memorie storiche di Lovere, Lovere (BG) 1969;
CAPRIOLI Elia, Dell’istoria della città di Brescia, Libro VIII 1505;
DELUCCA Oreste, Atti Giornata di Studi Malatestiani di Brescia 2, Ateneo di Brescia-Centro Studi Malatestiani, Bruno Ghigi Editore, Rimini 1989;
DELUCCA Oreste, Sigismondo Pandolfo Malatesta controverso eroe, Bookstones, Rimini 2016;
FALCIONI Anna (a cura di), Le donne di casa Malatesti, Bruno Ghigi editore, Rimini 2005;
FRANZINI Bernardino, Annali della nobile famiglia bresciana Bargnani, Brescia 1676;
ODORICI Federico, Storie bresciane, vol. VII, edizione Tarantola 1973;
TABANELLI Mario, Pandolfo III Malatesta, Zanetti Editore, Brescia, 1978;
TRECCANI degli Alfieri Giovanni, Storia di Brescia, Vol. II, Morcelliana Editrice, Brescia 1961;
ZONGHI Aurelio, Repertorio dell’antico archivio comunale di Fano, Tipografia Sonciniana, Fano 1888.

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