gli stranieri della Riviera di Ravenna aumentano del 7,89% mentre quelli di Rimini si inchiodano allo 0.90% (anche sugli italiani vanno meglio i nostri "concorrenti": -1,72% contro un -4,10%). E analizzando la componente estera balza agli occhi un dato che lascia a bocca aperta: in quel di Ravenna (si parla sempre delle località balneari) i russi aumentano del 26,46% contro un incremento del 5% nel riminese, che comunque anche negli anni migliori ha registrato variazioni inferiori al 10%. Ma come, l'aeroporto di Rimini non avrebbe dovuto fare la differenza in termini di presenze russe?
Lo “shock giudiziario” che si è abbattuto su Aeradria costringe ad aprire gli occhi sull’aeroporto di Rimini. Al di là delle vicende personali, sempre spiacevoli e che ci si augura possano chiudersi in maniera positiva per tutti coloro che ne sono coinvolti, gli ultimi avvenimenti (la relazione depositata dal consulente del Tribunale Renato Santini e l’azione della magistratura che sembra coinvolgere anche il sindaco di Rimini e il presidente della Provincia) hanno avuto la forza di dare una scossa improvvisa alla città costringendola, seppure di mala voglia, ad aprire gli occhi e a chiedersi se mantenere in vita Aeradria con trasfusioni costose sia davvero la scelta che fa gli interessi di Rimini o piuttosto se non sia meglio staccare la spina. Non è mai tardi per fermarsi da una corsa che potrebbe farci finire nel burrone.
Rimini perde presenze straniere e anche russe, nonostante l’aeroporto
Per capire la situazione dell’aeroporto e della sua società di gestione non si parte da zero. Nel corso degli anni via via si sono alzate voci critiche e documentate non solo all’interno delle forze politiche chiamate a votare delibere e aumenti di capitale, ma anche di figure terze competenti. Vengono in mente, ad esempio, le analisi piene di numeri di Mario Ferri, non solo dottore commercialista di professione ma anche navigato amministratore pubblico. O, più di recente, la presa di posizione del prof. Alessandro Berti, perfettamente delineata nell’intervista pubblicata da Rimini 2.0.
Dinnanzi ai numeri e alla cruda constatazione dei risultati conseguiti, all’interno dei soci di riferimento di Aeradria e in buona parte anche del mondo economico riminese è sempre prevalsa la linea di riaffermare la indiscutibile strategicità turistica del “Fellini”. Lo ripetono anche in queste ore due parlamentari del Pd, il sindaco e il presidente della Provincia, nei giorni scorsi il presidente della Fondazione Carim, Massimo Pasquinelli (“è una infrastruttura necessaria per la città”), ancor prima i vertici della stessa banca e così via. La realtà dice però di una destinazione turistica, la nostra, che continua a perdere presenze e ad assottigliare i fatturati, e che – dato quantomeno clamoroso – nonostante un aeroporto si vede superare per numero di presenze straniere, e russe in particolare, da località vicine che l’aeroporto non ce l’hanno ma si accontentano di rimanere collegati con lo scalo di Bologna attraverso delle semplici “navette”. A differenza di Rimini, però, queste località hanno potuto investire in infrastrutture e servizi quel che da noi è finito nel pozzo senza fondo di Aeradria facendoci ritrovare con un pungo di mosche in mano. Le fogne, ad esempio, e quindi la garanzia di un mare pulito, rimandate per decenni e che adesso ci vengono prospettate con una soluzione parziale al 2016 e completa al 2020, però al prezzo salato di incrementi tariffari del 4-5% annui, a partire dal 2015 e per 7-8 anni (il tempo previsto di esecuzione dei lavori), sul groppone di ogni residente non solo del Comune di Rimini ma di tutti i 27 comuni della provincia.
I lidi ravennati hanno performance migliori della Riviera di Rimini
Un semplice confronto fra la Riviera di Rimini e i lidi ravennati mette in luce che la stagione 2013 (periodo gennaio – agosto) fa registrare nel primo caso un -2,90% e nel secondo un +0,15%. Ma ancor più significativo è notare che gli stranieri della Riviera di Ravenna aumentano del 7,89% mentre quelli di Rimini si inchiodano allo 0.90% (anche sugli italiani vanno meglio i nostri “concorrenti”: -1,72% contro un -4,10%). E analizzando la componente estera balza agli occhi un dato che lascia a bocca aperta: in quel di Ravenna (si parla sempre delle località balneari) i russi aumentano del 26,46% contro un incremento del 5% nel riminese, che comunque anche negli anni migliori ha registrato variazioni inferiori al 10%. Ma come, l’aeroporto di Rimini non avrebbe dovuto fare la differenza in termini di presenze russe?
Se poi ci si vuole spingere ancora più avanti ed osservare la variazione della domanda turistica nel periodo 2000-2013 mettendo accanto alle performance della Riviera di Rimini il mondo, l’Europa e il bacino del Mediterraneo, queste sono rispettivamente le percentuali: -0,02, +0,61, +0,45, +0,52.
Ecco perché è ora di chiedersi: è davvero così indispensabile l’infrastruttura aeroporto per Rimini? E il “salvataggio” (ora parecchio vacillante) da parte di banca Carim è stato davvero una “operazione straordinaria mai vista in questi anni nel rapporto tra pubblico e privato” (come ha detto Pasquinelli al quotidiano La Voce di Rimini), oppure così come lo stesso presidente della Fondazione Carim ritiene che il Teatro Galli non sia una priorità, ugualmente si possa dire dell’aeroporto?
Atti di fede postuma per Aeradria
Si sono letti veri e propri atti di fede postuma recitati su Aeradria e le magnifiche sorti e progressive dello scalo riminese. Ma negli ultimi tempi gli unici che hanno dimostrato di crederci sono stati il presidente Massimo Masini e gli albergatori.
Ci ha creduto la Regione Emilia Romagna? Pare di no, e lo si deduce leggendo non un documento di parte avversa ma il ricorso per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo con continuità aziendale che Aeradria ha presentato al Tribunale di Rimini – sezione fallimentare – lo scorso giugno.
Titolo “Il c.d. “Sistema aeroportuale regionale” e l’andamento dei passeggeri dal 2000 al 2012”. Perché la Regione non ha cercato di evitare le disastrose guerre di campanile fra gli scali emiliano-romagnoli che hanno lasciato per ora due morti sul campo (Forlì e Rimini)?
“Negli anni 2006-2008 non hanno avuto esito positivo ed attuazione le ipotesi, attivate dalla Regione Emilia – Romagna, per dar vita al c.d. Sistema aeroportuale regionale, nonostante i due studi in materia elaborati e redatti dalla società di consulenza KPMG e il conseguente Protocollo d’intesa formulato dalla Regione, che dall’ultima riunione sull’argomento del 10 dicembre 2007 non ha più avuto alcun seguito”. Sta scritto nero su bianco nel citato ricorso. E poi: “Del pari negli anni 2010-2012 non hanno avuto esito positivo ed attuazione neppure le ipotesi, sempre attivate dalla Regione Emilia-Romagna con la costituzione della nuova Società Aeroporti Romagna (SAR), per incardinare in detta ed unica società la gestione degli Aeroporti di Rimini-San Marino e di Forlì, anche sulla base dei piani elaborati e redatti sull’argomento, che ne hanno escluso la fattibilità e sostenibilità economica. L’andamento dei passeggeri dal 2000 al 2012, dei quattro Aeroporti della Regione Emilia – Romagna (Bologna, Forlì, Rimini-San Marino, Parma) e, per evidenti ragioni di concorrenza commerciale e di comunanza di bacini di riferimento, dell’Aeroporto di Ancona, risulta evidenziato dalla seguente tabella”… (seguono i numeri che qui si possono omettere).
Ci hanno creduto gli enti pubblici riminesi? Quante volte si è fatto ricorso a ripetuti aumenti di capitale, deliberati dall’assemblea ma non sottoscritti dai soci? Il Comune di Rimini ha sottoscritto l’aumento di capitale per la somma di 1.165.653 euro ma quando l’ha versato? Con un ritardo di oltre due anni. Però adesso tutti a dire di crederci, e anzi di averci sempre creduto: “L’impegno che abbiamo profuso negli ultimi anni – da parte mia come sindaco e più in generale dalla collettività – è stato, è e sarà esclusivamente finalizzato alla difesa di una infrastruttura strategica qual è l’aeroporto di Rimini”, commenta oggi Andrea Gnassi. “Abbiamo sempre agito con la massima trasparenza, per raggiungere un obiettivo condiviso da tutti, ovvero salvaguardare un’infrastruttura che non rappresenta un simbolo, ma genera economia, indotto, porta centinaia di migliaia di arrivi e milioni di presenze sul nostro territorio e senza la quale avremmo migliaia di posti di lavoro in meno, gente per strada e imprese chiuse”.
E ha dimostrato di tenere all’aeroporto chi ha evitato di svolgere i necessari controlli anche quando l’indebitamento cresceva fino a superare i 50 milioni di euro? Oppure chi non ha mai perseguito la strada della privatizzazione, continuando però a “buttare” milioni e milioni di euro in un buco nero accumulando perdite e debiti?
Ora non si può accusare il tecnico del Tribunale di remare contro
Chi dall’esterno ha analizzato i bilanci degli ultimi 8-9 anni, ha sempre avuto pochi dubbi circa la crisi strutturale dell’aeroporto di Rimini.
Il prof. Berti spiegò a Rimini 2.0 che “il problema di Aeradria non è finanziario ma economico, ha cioè a che fare con la dura realtà dei costi e dei ricavi. Dai bilanci della società di gestione del “Fellini”, che io ho potuto esaminare, emerge che i ricavi non sono sufficienti a coprire i costi d’esercizio. Coi volumi di passeggeri che si possono raggiungere a Rimini non si coprono le spese. Questo significa che si avranno sempre delle perdite, che genereranno sempre dei deficit e qualcuno dovrà mettere mano al portafoglio. Non si è cioè in presenza di una iniezione di denaro una tantum, ma invece di continue iniezioni”.
Però quando da Rimini si sono alzate voci che hanno esaminato criticamente il “salvataggio” di Aeradria, i poteri direttamente coinvolti hanno accusato senza mezzi termini di remare contro e hanno fatto quadrato.
Ma la musica cambia necessariamente se a mettere il dito nella piaga è un commercialista bolognese, chiamato ad esprimersi in veste di commissario giudiziale.
Dalle indiscrezioni che filtrano pare che nella sua relazione punti il dito sui conti disastrosi di Aeradria, che però non sono stati un fulmine a ciel sereno e sui quali si sarebbe potuto – e dovuto – intervenire tempo addietro. Pare che evidenzi rischi di varia natura, legati a crediti inesigibili, all’indebitamento crescente, al fatto che l’aeroporto potrebbe continuare a perdere. Se si aggiungono la relazione del nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza e gli ultimi sviluppi che coinvolgono le società partecipate da Aeradria e pure i nuvoloni che si addensano sulla testa del sindaco e del presidente della Provincia (pare iscritti nel registro degli indagati con le ipotesi di reato di falso in bilancio e ricorso fraudolento al credito), il quadro si fa complicato e costringe a chiedersi non solo se l’aeroporto meriti davvero di continuare ad essere quel pozzo senza fondo che drena montagne di soldi, ma se valga la pena giocare sul filo del rasoio. L’inchiesta in corso da parte della Procura potrebbe poi rendere scivoloso per chiunque, anche per chi si era già impegnato nella ricapitalizzazione e in primis Banca Carim, continuare nell’azione di “salvataggio”, con possibili ripercussioni pesanti in casa propria. Un salvataggio che appare sempre più tardivo e presenta i contorni di un tentativo disperato, insomma.
D’altra parte non si capisce perché una società per azioni non debba mettere in conto di finire in una procedura fallimentare. Non sarebbe la prima e nemmeno l’ultima e va sempre considerato che sul piatto della bilancia pesano di più le scelte a lungo termine che determinano il futuro di una collettività che non il “salvataggio” di pochi attori sulla scena pubblica.
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