Borgo Sant’Andrea: tante potenzialità non valorizzate

Borgo Sant’Andrea: tante potenzialità non valorizzate

Una bella zona, molto ambita anche dal punto di vista residenziale, proprio per i servizi che offre ma anche per l’immediata vicinanza al Centro della città. Sembra però non godere della minima attenzione per migliorare il decoro e la qualità della vita dei residenti.

La terza tappa del nostro percorso nei Borghi cittadini, tocca il Borgo Sant’Andrea o Mazzini in cui dimoro da oltre 17 anni e per cui ho avuto modo di potere assistere a ciò che era in passato e a cosa è divenuto oggi.
Anche in questo caso qui si è mantenuto un ottimo ambiente in tema di socialità e botteghe di prossimità, molte delle quali di vecchia data, e due riconosciute con lo stato di Botteghe Storiche. Negozi che nel complesso offrono una vasta gamma di merci e, pertanto, frequentati non solo dai residenti ma anche da clienti provenienti da altre parti della città; specie nel settore della gastronomia, che annovera botteghe di considerevole qualità. Pochi i locali sfitti, presenti in minima parte in Via Montefeltro.
Esistono anche locali di mescita e ristorazione, ma in numero limitato e ben consoni e integrati al resto del contesto senza alcuna prevaricazione rispetto allo stesso. In sostanza la vita scorre sia di giorno che di notte con ritmi naturali.
Buona parte della comunità ruota attorno alla chiesa di San Gaudenzo, parrocchia ricca di iniziative e gestita con capacità organizzativa ed attrattiva che viene riscontrata da una grande partecipazione.
La zona risente di un importante flusso di traffico, specie proveniente da monte e diretto verso le varie destinazioni delle quali si trova al centro, e per altri motivi che vedremo in seguito.
Ritengo che questo Borgo abbia perso diverse buone occasioni per migliorare la qualità della vita, specie dei propri abitanti, alcune – forse – ancora recuperabili.

Negli anni del primo decennio di questo secolo la storica area dell’ex Foro Boario, consistentemente abitata, appariva in queste vergognose condizioni soprattutto se si considera che siamo alle porte del Centro città, ma evidentemente decorosa per gli allora amministratori pubblici. Non occorrono commenti per tutto ciò, ma solo caos e degrado ai confini della realtà.

La situazione dei parcheggi e del decoro urbano. Nella predetta zona un piano particolareggiato al tempo della giunta Ravaioli, prevedeva la creazione di alcuni parcheggi, diversi dei quali riservati ai residenti, e aree per la socializzazione in quei terreni – credo – ex Ceschina, destinati all’inedificabilità. Addirittura era prevista una piazza di quartiere in cui svolgere piccoli eventi, ed esercitare mercatini rionali; oltre ad altri siti destinati a verde attrezzato. Un’idea tesa a valorizzare la qualità della vita ed il benessere dei residenti, in concerto con quella sostenibilità ambientale di cui tanti si sono riempiti la bocca, ma mai collegandola ai meccanismi che regolano questo concetto alle conseguenti azioni.
Infatti successivamente cambiata l’amministrazione cittadina, peraltro sempre dello stesso colore politico, quell’interessante progetto è stato del tutto cancellato con la indistinta destinazione di tutte quelle aree a parcheggio, probabilmente in previsione dell’eliminazione di quelle nell’attuale piazza degli incubi©, ex Malatesta che sia. Si sa, come ormai è noto, certe pensate – diametralmente opposte al concetto di “progetto” – nascono senza nessuna pianificazione o visione generale. Poi la beffa data dall’incomprensibile asfaltatura con conglomerato bituminoso colorato di rosso in alcuni parcheggi, solitamente dedicata dalla spirata amministrazione alle aree di pregio (!). Con la conseguenza di un traffico smodato e tanto smog, specie in periodo invernale. E questa fu la prima occasione perduta.
Quindi se prima di quel progetto esisteva grande confusione nella zona, per via delle soste selvagge a cui era soggetta, in seguito esse venivano regolamentate e legittimate. Ma quello che è più più beffardo, è che questi parcheggi non servono alle attività o ai residenti, ma ai tanti che quotidianamente si recano in Centro per lavoro o altri scopi. Un quartiere parcheggio, sacrificato alla solita sgangherata visione urbanistica della città. Perché coloro che frequentano i negozi, sostano per lo più in altro modo, o comunque in quello che vedremo in seguito. Per il resto sono abbastanza bene distribuiti, con vari tipi di utilizzo, sia per il tratto della Via Saffi prossimo alla Piazza Mazzini, che lungo la Via Montefeltro e luoghi circostanti. Non tanti però dedicati ai disabili.

Poi i cosiddetti interventi di riqualificazione passati che ormai risultano datati nel tempo, che mostrano già i loro segni e le approssimative pianificazioni con cui sono stati realizzati. In realtà si è trattato di un assetto piuttosto “creativo” del concetto di mobilità, ad opera dei nostrani “fini” tuttologi. Un’urbanistica a buon mercato, quasi d’accatto, e generata dall’improvvisazione piuttosto che dalla competenza.
Una pista ciclabile in Via Saffi che ad un certo punto scompare nel nulla, e pericolosa per i pedoni data la sua complanarità con l’attiguo marciapiede, in forte promiscuità tra ciclisti e pedoni specie in Piazza Mazzini.
Poi, a causa della stessa il restringimento della carreggiata, con la creazione di una corsia dedicata ai mezzi pubblici provenienti in senso contrario, adiacente all’altra deputata al transito degli autoveicoli sempre costantemente occupata da auto quotidianamente indebitamente in sosta; di fatto ostruendola e costringendo coloro che provengono da monte, ad invadere contro senso di marcia la corsia riservata ai bus. E questo è un altro modo di parcheggiare da parte dei fruitori delle attività commerciali del Borgo; tollerato ovviamente perché – forse – anche coloro che sono deputati al controllo, qualora visibili (!), trovano assurda questa soluzione.
Il quadretto poi viene completato dalla situazione che discende dalla chiusura di via Saffi verso la vecchia Circonvallazione, e ciò che ne consegue. In quella via, ricca di negozi, molti autocarri sostano per causa di forza maggiore in parte sulla ciclabile per fornire di merce i negozi, cercando di non ostruire il flusso del traffico. Poi espletata quella funzione, procedono e si trovano a dovere fare i conti con la stretta curva che reca in via Montefeltro, e con manovre chirurgiche anche tra le auto parcheggiate in modo caotico.

La situazione afferente al decoro urbano è alquanto carente, lontana da altri Borghi più fortunati. Le poche aree destinate a verde, se così si possono qualificare, sono quelle contigue agli stalli dei parcheggi. Anche qui brulle, con erbacce incolte, defecazioni canine e ricettacolo di immondizie; poi, in qualche caso, impianti di irrigazione di dubbia funzionalità. Fa eccezione una certa cura in Piazza Mazzini, per le aiuole che, seppur modeste, hanno comunque un minimo di riguardo.

Poi strade abbastanza dissestate in alcuni casi, marciapiedi rattoppati alla bell’e meglio e la già citata pista ciclabile ridotta malamente in alcuni punti per via di malfatte riparazioni ai sottoservizi, o a causa della sosta degli automezzi pesanti che debbono inevitabilmente parcheggiare per rifornire le attività commerciali. Ma anche erbacce incolte, unico verde che prospera realmente. Tutti elementi che rendono una sensazione di sciatteria.

Ma arriviamo a quella che dovrebbe essere l’attrazione storica della zona, costituita dall’antico Lavatoio. Pressoché abbandonato a sé stesso, privo di una minima manutenzione e circondato da un’area verde malcurata e impropriamente utilizzata, anche ad uso parcheggio esclusivo, con arredi urbani fatiscenti come il cartello che ne narra la storia. Peccato che negli anni ’60 fu demolito quel simbolo di una piccola economia e socialità rionale, ma ancor peggio è vederlo ricostruito in tal modo e consegnato all’incuria.

Durante l’anno in corso in occasione della posa delle condotte del PSBO, in Via Melozzo da Forlì venne alla luce un importante ritrovamento archeologico consistente in un raro, per la città, edificio termale di epoca romana, ed altre evidenze di quello medievale (qui).
Ma il tutto fu seppellito nuovamente sotto una spessa coltre di calcestruzzo, tra l’indifferenza di tutti coloro che non ne hanno compreso l’importanza, e lo spunto per potere crearvi intorno una piccola oasi di verde attrezzato per valorizzarlo e renderlo visitabile. E questa fu la seconda occasione perduta.
L’episodio si aggiunge anche al declino della perdita della memoria storica locale, che è venuta a meno dal momento della cessazione di una bella Festa del Borgo che si teneva annualmente i primi due anni, nel periodo comprendente la festività di San Gaudenzo patrono della città e titolare della locale chiesa. In seguito poi con cadenza bi-annuale, sempre nello stesso periodo e a cura di un attivo comitato che ora non esiste più. Sebbene i primi anni non abitassi in quel Borgo, la frequentavo molto piacevolmente perché la vedevo con aspetti più veri e genuini, rispetto alle altre organizzate in altri simili quartieri della città.
Queste occasioni, di cui la prima nel 2002, erano per lo più basate su temi peculiari alla zona; l’ex Foro Boario, la scomparsa Fornace Fabbri e le acque da sempre presenti in questa zona, e da sempre utilizzate per molteplici scopi. Furono bei momenti molto partecipati anche da persone provenienti da altre parti della città, intesa come territorio riminese.
Qual è quindi la situazione complessiva odierna? Indubbiamente Borgo Sant’Andrea è una bella zona, molto ambita anche dal punto di vista residenziale, proprio per i servizi che offre ma anche per l’immediata vicinanza al Centro della città.
Sembra però non godere di quelle attenzioni che necessiterebbero, per migliorarne il decoro e la qualità della vita dei residenti; forse perché lontana e fuori dai canoni della politica della spritzeria massiva e intensiva, invece tanto premiata altrove. Quindi poco interessante nonostante funzionale a quel modello per via dei reduci di quel vicino mondo che nottetempo, specie nei giorni prefestivi, vi giungono per ritirare la propria vettura parcheggiata producendosi nelle loro prodezze ispirate dai conseguenti fumi alcolici. Un prezzo da pagare per il nuovo rinascimento riminese.
Siamo quindi lontani da quei progetti di riqualificazione realizzati o annunciati come imminenti altrove, ma di alcuni ve ne sarebbe necessità, poiché utili a migliorare la vivibilità e l’ambiente.
Innanzi tutto una migliore cura delle povere aree verdi, e una maggiore pulizia del suolo pubblico, specie per le vie interne. Poi la questione dei parcheggi.
A tal proposito si scontano due mancati aspetti: il primo non completato, ed il secondo sfuggito, ma entrambi figli della solita logica fai-da-te per trattare argomenti importanti inerenti alla mobilità.

Il parcheggio ex area Scarpetti, adiacente al Borgo e ben collegato allo stesso con una galleria, attualmente sottodimensionato nella sua capienza rispetto al progetto originale.
Ma torniamo in Via Melozzo da Forlì. Nell’area in cui attualmente insiste il maggiore parcheggio, si sarebbe potuto – ma lo si potrebbe tuttora – realizzare un piccolo multipiano da adibire a tale scopo; con un livello interrato, uno a raso, e l’ultimo utilizzandone la copertura. La sua capienza sarebbe pari al numero di auto contenute negli altri circostanti, creando oltretutto un miglior decoro. In tale modo così, le aree liberate potrebbero essere destinate a quelle funzioni soppresse già accennate, e negate per una maggiore vivibilità del quartiere.

Poi la conoscenza della storia del Borgo e del richiamo di visitatori oggi assenti, che potrebbero contribuire all’economia della comunità commerciale. Un percorso che proveniente dal Centro e partendo da Via Lavatoio contornata dalle tipiche casette, opportunamente sistemata e sottratta all’attuale sciatteria, fino all’antico Lavatoio restituito alla decenza, per terminare poi con lo scavo archeologico di Via Melozzo recuperato. Un’illusione.

In buona sostanza un luogo anche qui abbandonato dall’amministrazione cittadina, che si regge grazie alla sua intera attiva e caparbia comunità che interviene a vario titolo, ma non fino al punto di sopperire alle carenze strutturali che avrebbe bisogno di colmare.
Chi amministra una città dovrebbe conoscerla, magari immergersi nei quartieri per capirne le esigenze o intuirne le necessità e potenzialità, e semmai non farlo fintamente in occasione di una campagna elettorale. Ma resta un sogno, perché il dirigismo di questo ultimo decennio vede già il palese perpetuarsi di tale pratica che, purtroppo, ci accompagnerà anche per i prossimi anni.
È ormai chiaro che in quella compagine, ricca di precedenti attori politici, le poche nuove figure hanno poca voce in capitolo. E non riesce a svincolarsi dalle falsate visioni praticate in passato.
“Bisogna cambiare tutto affinché nulla cambi” è la frase diventata simbolo del Gattopardo, il romanzo capolavoro di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Ma nel caso delle attenzioni riservate alle criticità dei Borghi cittadini, l’aspetto appare assai meno furbesco: non cambiare nulla, per non cambiare nulla. Non siamo nella meravigliosa Sicilia dell’800, ma a Rimini nel 2021.

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