Castelsismondo: la prova della paternità di Brunelleschi e l’insipienza dei nostri governanti

Castelsismondo: la prova della paternità di Brunelleschi e l’insipienza dei nostri governanti

Presentiamo il documento di alta cultura internazionale a confusione di quanti, indigeni e pellegrini, credono che Rimini sia solo spiaggia e movida. E a confusione soprattutto dell'amministratore fellinomane che ha manomesso il grande fossato di Castel Sismondo per creare la pozzanghera della nebbia.

LE RIGHE MANOSCRITTE DI ANTONIO MANETTI: “EDIFICÒ UNO CASTELLO FORTEZZA MIRABILE AL SIGNORE GISMONDO DI RIMINI”

Il dottor David Speranzi, della sezione manoscritti della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze ha trovato per noi, nel ms. Uomini singolari in Firenze dal MCCCC innanzi di Antonio di Tuccio Manetti – Conv. Soppr, 6.II. 1501 – la frase “Edificò uno castello fortezza mirabile al Signore Gismondo di Rimini” che ha permesso agli studiosi del Brunelleschi – che è il soggetto di “edificò” – di elencare il progetto di Castel Sismondo nel regesto delle opere dell’architetto più grande di ogni tempo subito dopo la consacrazione da parte di papa Eugenio IV del miracolo della cupola di Santa Maria del Fiore il 21 marzo 1436.
In quell’occasione Sigismondo Pandolfo Malatesta, capitano del papa, ordinò cavaliere il gonfaloniere di Firenze Giuliano Davanzati. Il ms. del Manetti è stato pubblicato in Operette storiche edite ed inedite di Antonio Manetti raccolte per la prima volta e al suo vero autore restituite da Gaetano Milanesi, Le Monnier, Firenze, 1887.

Presentiamo questo documento di alta cultura internazionale, su consiglio di Giulio Zavatta, a confusione di quanti, indigeni e pellegrini, credono che Rimini sia solo spiaggia e movida. Motu proprio a confusione anche dell’amministratore fellinomane che ha manomesso il grande fossato di Castel Sismondo per creare la pozzanghera della nebbia.

CHI ERA ANTONIO MANETTI?

Sfruttiamo la splendida edizione del Dizionario Biografico degli Italiani della Treccani on line, voce MANETTI, Antonio di Luciano Tanturli – vol 68 (2017) -.
Antonio di Cosa Adimari e di Tuccio Manetti (6 VII 1423-26 V 1497) apparteneva ad una ricca famiglia fiorentina di produttori e mercanti di sete. Oltre al mestiere di famiglia, si occupava di lettere toscane con perizia filologica e storica, trascrisse poesie e scritti del ‘200 e ‘300, e compose qualche poesia. Scrisse la prima Vita del Brunelleschi, con perizia di mestiere, distinguendo i progetti del Brunelleschi da quello che venne modificato nell’esecuzione, tanto da far prendere in considerazione la tarda qualifica di “civis et architectus“. Partecipò alla gestione della cosa pubblica, dapprima di parte medicea, poi vicino al Savonarola.

Paolo Uccello: ritratti di Giotto, autoritratto, di Donatello, di Antonio Manetti, di Filippo Brunelleschi.

L’ENIGMA DEL RITRATTO DI ANTONIO MANETTI DIPINTO DA PAOLO UCCELLO

Nella sua casa il pittore fiorentino Paolo Uccello teneva per uso proprio una tavola lunga con i ritratti di Giotto (c.1267-1337), il proprio (1397-1475), di Donatello (1386-1466), di Antonio Manetti ragazzino (1423-1497) e di Filippo Brunelleschi (1377-1446), oggi conservata nel museo del Louvre.
Di questa opera parla anche il Vasari; nella seconda edizione delle Vite sbaglia il nome del Manetti, ma rivela il significato nascosto poco in profondità del dipinto: Giotto e l’autore rappresentano la pittura, Donatello la scultura e Filippo Brunelleschi l’architettura fiorentine. E il Manetti scambiato? Rappresenterebbe la matematica. Tramandano vera l’amicizia tra questi personaggi, ovviamente escluso Giotto, e il ragazzino che forse doveva sembrargli un bambino prodigio, ma non pare si sia interessato di matematica. L’enigma di questi ritratti permane.
Qualcosa però si può argomentare cercando di indovinare la cronologia del dipinto speculando sull’età apparente del ragazzo, diciamo dai 14 ai 17 anni; quindi tra il 1437 e il 1440, che sono gli anni della consacrazione della grande cupola, della progettazione di Castel Sismondo e della venuta a Rimini di Filippo Brunelleschi.

La grande cupola, 1420-1436.

ELIMINARE LA ROZZA VERGOGNA DELLA CEMENTATA DELLA NEBBIA SUL FOSSATO DEL BRUNELLESCHI

La nuova amministrazione comunale ha esordito cementando la rampa verso la città del ponte di Augusto e Tiberio – 14-21 d.c. – continua cioè la politica anticulturale alla grande dell’amministrazione precedente. Purtroppo queste ultime amministrazioni continuano la politica distruttiva e cementizia delle giunte comuniste del dopoguerra – ma non solo comuniste – ben diversa dalla politica comunista bolognese che ha salvato dalla cementificazione tutto il centro storico di Bologna e ha impedito l’espulsione delle classi popolari dalle meravigliose periferie della città.

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