Se il sindaco nonché presidente della Provincia Andrea Gnassi, e la parlamentare Emma Petitti, sono impegnati per salvare il futuro lavorativo dei dipendenti dell'ente di corso d'Augusto, tacciono invece sui 133 lavoratori di Cna che sono diventati "esuberi". Tace anche il segretario provinciale del Pd Yuri Magrini. Ricostruiamo alcuni passaggi inediti del clamoroso crollo di Cna, che ha accumulato quasi 4 milioni di "buco". E che aveva elaborato un piano industriale di salvataggio che si è sciolto come neve al sole.
L’anno che sta per terminare passerà alla storia anche per il clamoroso tonfo di Cna Rimini. Una organizzazione che per radicamento, relazioni (anche politiche), volume d’affari, iscritti e incidenza nell’economia locale, sembrava solidissima e con un sicuro avvenire. Invece il sistema Cna Rimini ha chiuso il 2013 con una perdita complessiva di quasi 4 milioni di euro, la sola Cna servizi ha registrato un “buco” di 1.865.148 euro, quindi è stata messa in liquidazione e per i 133 dipendenti si è aperta la strada del licenziamento collettivo: entro fine anno saranno a casa in 27 e il sequel si conoscerà a gennaio. Alla faccia delle tante rassicurazioni arrivate negli ultimi mesi, la realtà è quella che emerge, nero su bianco, dal mancato accordo sottoscritto in Provincia il 24 novembre scorso alla presenza dei rappresentanti sindacali, del liquidatore e del funzionario dell’ufficio crisi aziendali della Provincia (assente invece quello della Regione): “l’Azienda procederà al licenziamento di n. 133 unità lavorative, seppure in via scaglionata”. Resta aperta solo una porticina, una prospettiva di “possibile salvataggio di una parte del complesso aziendale” attraverso la cessione di rami aziendali.
Il primo aspetto stridente di questa storia è che i lavoratori riminesi della confederazione nazionale dell’artigianato e della piccole e media impresa, da sempre vicina alla sinistra, si sentono abbandonati e privati delle minime garanzie. Addirittura si è interrotto il dialogo fra i sindacati e i vertici di Cna, con i primi che hanno stilato un comunicato di fuoco qualche giorno dopo il mancato accordo provinciale, stigmatizzando “l’impossibilità per le organizzazione sindacali e i lavoratori di confrontarsi su percorsi di riorganizzazione concreti, di prospettiva e di tutela del patrimonio associativo e dell’occupazione”. Al tavolo provinciale i sindacati hanno detto senza mezzi termini che Cna ha fornito sulla crisi rassicurazioni che si sono poi rivelate “del tutto inconsistenti e non corrette”. La confederazione che nel corso degli anni ha fatto anche da “paracadute” a molti esponenti politici della sinistra, dichiara un esubero strutturale per l’intero organico. La festa è finita. E se il sindaco e presidente della Provincia Andrea Gnassi si preoccupa del futuro dei dipendenti dell’ente di corso d’Augusto, e lo stesso fa l’onorevole Emma Petitti, il grido di disperazione lanciato dai lavoratori di Cna sembra cadere nel vuoto. Forse che gli uni valgono meno degli altri? Nemmeno una parola dal segretario provinciale del Pd Yuri Magrini, che pure in Cna ha lasciato molti colleghi. C’è stato fino ad oggi quanto meno imbarazzo ad affrontare il tema Cna da parte degli uomini pubblici della sinistra locale. Non solo. Sempre a proposito di relazioni sindacali, a fine agosto Cna Servizi e Cna associazione artigiani della provincia di Rimini hanno eletto la rappresentanza sindacale interna, che Cgil, Cisl e Uil considerano illegittima, perché sarebbe avvenuta senza applicare le regole di elezione delle Rsu, le cui procedure sono regolamentate da un accordo interconfederale.
Partiamo dalla fotografia del quadro economico-finanziario: la perdita complessiva registrata nel 2013 dal sistema Cna Rimini ammonta a 3 milioni e 800 mila euro e la situazione debitoria è seria.
Se qualcuno aveva sperato che l’uscita di scena del grande capo di Cna, Salvatore Bugli, avrebbe aperto nuove strade, rinnovato il gruppo dirigente e salvato i posti di lavoro, la realtà si è invece incamminata su sentieri dissestati. Alla testa di Cna nel 2013 è stato chiamato Fabrizio Moretti, che per circa dieci anni è stato a fianco di Bugli, altre figure centrali sono rimaste al loro posto e attualmente alla guida dell’associazione ci sono coloro che con Bugli sono cresciuti. Come l’hanno gestita la pesante crisi aziendale?
Il 28 agosto scorso alla assemblea dei dipendenti è stato presentato anche un piano industriale aggiornato per il decollo di “Nuova Cna Servizi”. Prefigurava l’affitto di rami d’azienda, l’accorpamento di due sedi, il licenziamento di parte del personale ma mantenendone una buona fetta (circa 100, per i quali il contratto sarebbe cambiato da terziario e servizi a grafici artigiani), ed altro. Un centinaio di dipendenti lo approvarono quel piano, che però si è sciolto come neve al sole. L’obiettivo del piano era quello di garantire la continuità aziendale e assicurare al meglio i posti di lavoro. Si muoveva sostanzialmente su tre filoni: un accordo con i dipendenti finalizzato alla riduzione del costo del personale, un accordo con le banche e con con Unifidi per la ristrutturazione del debito e il sostegno finanziario, e, decisivo, il supporto di Cna regionale e nazionale.
In una comunicazione ai dipendenti inviata ad agosto, lo staff di direzione di Cna Rimini scrive che “banche e sistema Cna stanno aspettando di vedere se c’è compattezza al nostro interno e di verificare il livello di condivisione del piano industriale. In caso contrario nessun supporto sarà fornito.” Di compattezza ce n’è stata a sufficienza ma a quanto pare a fare difetto è stato altro. La “copertura” del livello regionale e nazionale di Cna, ad esempio. E probabilmente per ragioni ben ponderate. Il piano industriale messo a punto a Rimini non ha avuto l’avallo dei vertici emiliano-romagnoli e nazionali della confederazione. Forse per l’impegno finanziario gravoso, forse anche per altre ragioni, tutto si è arenato, e non certo per mancanza di coesione da parte dei dipendenti.
A metà ottobre il segretario di Cna Rimini informava i dipendenti che “sarà pronto entro la settimana un nuovo piano industriale”. Come sia andata a finire, invece, ormai è noto. Al tavolo provinciale del 24 novembre il liquidatore ha detto che “al momento non è stato possibile elaborare alcun piano di riorganizzazione che possa prevedere un passaggio dell’Azienda e/o uno dei suoi rami, né dai vecchi vertici aziendali è pervenuta una possibile proposta in tal senso”.
In questo quadro i primi dipendenti licenziati sono impegnati a pararsi le spalle. Pare che tutti impugneranno i licenziamenti in forza del fatto che le lettere ricevute difetterebbero di giusta causa. Il benservito dato ai primi che sono stati lasciati a casa avrebbe infatti la motivazione che il dipendente ricopre un ruolo non più economicamente sostenibile. Ma agli stessi dipendenti non sarebbe mai stata fatta una concreta proposta di ricollocazione, magari di part-time o altro. Licenziati e basta.
Va detto che anche altre Cna in regione attraversano qualche difficoltà, ma nulla a confronto col caso di Rimini. Al massimo si parla di disdette dell’applicazione del contratto di lavoro in alcune sedi territoriali, ma non di licenziamenti.
Fra le possibilità ancora aperte per uscire dal vicolo cieco che si è venuto a creare a Rimini, c’è l’area vasta romagnola di Cna, che prevede una sorta di collaborazione fra le sedi di Ravenna, Forlì, Cesena e Rimini, ipotesi che però non è mai approdata concretamente ai tavoli di confronto sindacale. Qualcosa compariva nel piano industriale naufragato, dove si parlava di “appoggio operativo strutture provinciali (Fc e Ra)”.
Alla fine di tutta questa storia è lecito chiedersi: non è strano che il presidente di Cna, Fabrizio Moretti, sieda oggi ancora al timone della Camera di Commercio di Rimini? Alla fine della fiera se Bugli ha lasciato la poltrona e pure due dei suoi familiari non lavorano più in Cna, Moretti sta invece comodamente seduto sia in Cna che in Cciaa.
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