Chi sta con Emma nell’elettorato che decide il risultato a Rimini?

Chi sta con Emma nell’elettorato che decide il risultato a Rimini?

L'appello rosa, tutto a sinistra, che lancia la candidata Petitti esprime mondi che, elettoralmente parlando, non sono sufficienti per decretare la vittoria nelle urne. C'è un 15-20% di consenso che risulta determinante per il risultato finale e che non subisce il fascino di valori e contenuti ideologici.

Sul piano della tattica politica, del cerimoniale di partito, delle mosse studiate a freddo e servite al momento giusto, della ragnatela di relazioni a sinistra e soprattutto della capacità di giocarsi al meglio tutto il «fuffismo» luogocomunista (dal zingarettismo al sardinismo, dal kamalaharrismo a tutto quello che vi viene in mente perché va bene comunque) Emma Petitti se ne mangia tre, in un sol boccone, di candidati col nome strano.
Lei resiste, sempre. Attende e non si scompone. Sa stare nell’ombra anche a lungo, per poi uscire allo scoperto, colpire e tornare in folle. Sembra uscita dalla scuola comunista.

La sortita «Io sto con Emma» descrive proprio questo. Il rito viene celebrato dando l’impressione di essere officiato quasi all’insaputa di Emma e vuole farci intendere che esista un’onda rosa che la innalza sopra il suo stesso volere e sopra il suo essere parte della contesa. Che la reclama nonostante tutti e tutto. Perché Rimini ha bisogno di lei.

La recita è stucchevole nella sua banale riproposizione di frasi fatte che frullano intorno al nulla cosmico, ma sono le parole che certi mondi amano sentirsi ripetere. Una spruzzata di orgoglio donna, una di allarme sul vento sovranista e sullo spettro della vittoria delle destre, un pizzico di cultura-ambiente-solidale e l’atto di fede è servito. #Iostoconemma (hashtag furbo che si inserisce nel solco di un’Emma un pochino più popolare di quella di Rimini, e che di cognome fa Marrone).
Un centinaio le adesioni, qualche nome di spicco e molta normalità, dove a contare è la qualifica (avvocata, pensionata, artista, mondo del volontariato, e compare anche la regista, giusto per ricordare a Gianfreda che non deve montarsi la testa) o l’ente che fa da specchietto (consigliera della Fondazione Zoebeli, imprenditrice-direttrice Cinema Fulgor – il Fulgor di Gnassi? – consulente legale Federconsumatori, eccetera eccetera).
Poi sta con Emma anche una donna che si trova sotto alla lettera D: «Donati Sara, Presidente del Consiglio comunale di Rimini». Il suo sassolino alla causa di Emma lo porta in quanto
presidente del Consiglio comunale, che come ricorda non solo Fratelli d’Italia, ma anche qualche sentenza, deve essere un ruolo, «proprio dell’organo, super partes di neutralità politica».

Ma, detto tutto questo, il tema vero che si pone parlando della corsa alla poltrona di sindaco, è un altro: chi sta con Emma fra gli elettori che decideranno il risultato e che non sono attratti dal fuffismo di sinistra ma da ben altra mercanzia? Chi sta con Emma nel ceto medio? In quella percentuale di votanti intorno al 15-20% che alle precedenti amministrative andò in soccorso a Gnassi e che attrasse il consenso di settori delle categorie economiche (albergatori, commercianti, venditori d’ombra) della società civile, del voto potenzialmente di centrodestra? Probabilmente pochi o nessuno. In questo campo pare più attrattivo Jamil SadegholvaadEd è qui che si aprono non poche incertezze sul destino della candidata Emma Petitti. Si tratterà anche di capire se il suo «suggeritore», Maurizio Melucci, possa essere un trampolino di lancio o una zavorra.

Se la partita è arrivata a questo punto lo si deve a più fattori. Un partito che si è volatilizzato, un segretario provinciale che sconta il suo essere in quota Gnassi, una mai superata frattura interna al Pd di Rimini, un sindaco uscente che ha giocato sempre da solo e che ha pensato di poter condizionare la scelta del suo successore senza dialogare con l’area avversa, e che ha tentato varie carte ma senza riuscire a portarne a casa nemmeno una. Negli ambienti politici si sostiene che per il suo erede a Palazzo Garampi abbia sondato prima un magistrato, poi un avvocato e infine gli sia rimasto il suo assessore alla sicurezza.

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