La Cgil spiega che il turismo è una cosa seria e l’ottimismo a buon mercato no

La Cgil spiega che il turismo è una cosa seria e l’ottimismo a buon mercato no

«Una volta usciti dall’emergenza sanitaria il modello turistico riminese rischia di portare con sé ancora più contraddizioni di quante ne contenga oggi». Analisi sulla quale riflettere. Anziché cullarsi sulla illusione (perché priva di solide fondamenta) che Rimini brucerà la concorrenza con un filo di gas.

«Una volta usciti dall’emergenza sanitaria il modello turistico riminese rischia di portare con sé ancora più contraddizioni di quante ne contenga oggi.
Il Sindaco del Comune capoluogo, Andrea Gnassi, ha dichiarato, a proposito del 2020, anno orribile del turismo, che la provincia di Rimini a differenza di tanti altri competitor ne uscirà prima e meglio. Ce lo auguriamo tutti anche se “meglio” non è una parola neutra e neppure potrà riguardare soltanto imprenditori e mercato, noi ne vogliamo discutere». Così la Cgil di Rimini (per voce di Mirco Botteghi, Filcams, e della segretaria generale Isabella Pavolucci), alla quale va dato atto di tenere sul turismo, e non da oggi, una linea improntata ai contenuti, ai dati di fatto, alla realtà e non alla sua rappresentazione sognante, a costo di andare controcorrente e di dover spegnere qualche facile ottimismo di troppo.
Il testo integrale si può leggere in fondo. Ma ci sono alcune analisi che meritano di essere sottolineate.

Turismo fieristico e sport. «Il 2021 si profila come un anno ancora più difficile del 2020 per alcuni comparti turistici, quali ad esempio il turismo fieristico, congressuale e sportivo. Allo stato attuale, sia pure con la campagna di vaccinazioni in corso, è difficile immaginare a breve termine eventi in grado di coinvolgere migliaia di persone, per i quali sono stati fatti imponenti investimenti pubblici negli scorsi anni, quali la nuova Fiera, i Palacongressi e le grandi strutture sportive del territorio. Eppure proprio questo tipo di turismo (compreso il termale se si darà vita a nuovi investimenti), è quello maggiormente in grado di spingere verso la riqualificazione della nostra offerta turistica e ad una concreta destagionalizzazione, grazie alla quale le strutture ricettive, i ristoranti, il complesso dell’indotto turistico possono offrire qualità del servizio e del lavoro in termini di professionalità e tutele per migliaia di lavoratrici e lavoratori. Perciò, dopo la crisi sanitaria, non si può correre il rischio di perdere terreno su questi pezzi importanti del comparto turistico provinciale».

Le risorse specializzate non vanno lasciate in panchina. «Servono prospettive d’inserimento lavorativo dignitoso e professionale alle tante ragazze e ragazzi che stanno frequentando gli Istituti alberghieri (oltre 1.800 e 300 adulti nei corsi serali), la formazione professionale regionale (circa 1.300), l’Istituto tecnico per il turismo (oltre 800). Si dovrebbe partire da una verifica dell’adeguatezza delle esperienze di stage e tirocini presso le aziende locali e della disponibilità delle imprese a favorire un corretto e regolare ingresso nel mercato del lavoro». Uno dei paradossi della riviera è che a stagione alle porte comincia ad alzarsi il lamento: “manca il personale”. I bacini ai quali attingere ci sono, si tratta poi di capire se chi esce dagli istituti di formazione preferisce dirigersi altrove e per quali motivi (stagione troppo corta a Rimini, stipendi troppo bassi, ecc.?).

Ampliare la platea dei decisori. «L’economia turistica territoriale non può continuare ad essere tratteggiato con il solo contributo delle associazioni di impresa. Gli incontri tra Pubbliche Amministrazioni e Associazioni di imprese sono periodici, per la condivisione e discussione su progetti e iniziative turistiche. Rarissimi, se non nulli, con le Organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori del turismo.
Un esempio, che a nostro avviso rappresenta una delle peggiori torsioni nella progettazione di un pezzo del sistema turistico, è la propensione delle Amministrazioni pubbliche locali ad accondiscendere generalmente agli interessi particolari degli imprenditori balneari ogni qual volta si tratta di decidere “sul demanio”. Ogni anno, per esempio, si replica l’iniziativa degli imprenditori balneari che rivendicano (e ottengono) il contenimento del servizio pubblico essenziale di salvataggio. Nella stagione 2020 sono state tratte in salvo 7 persone da marinai fuori servizio perché l’ordinanza era terminata da una settimana».

Legalità. «Riteniamo non più rinviabile, alla vigilia di importanti appuntamenti elettorali, il momento che anche la politica locale metta al centro della propria agenda i temi della qualità del lavoro e della legalità per orientare il progetto di sviluppo territoriale». E’ una vecchia e purtroppo irrisolta questione seria, che si declina così: «Commercio, turismo e ristorazione, secondo dati INPS, sono i settori economici nei quali si annida il più alto tasso di lavoro irregolare con stime dell’11,4% su media nazionale. Dal nostro osservatorio possiamo affermare che nel settore turistico riminese almeno un 25% del lavoro presenta elementi di irregolarità».
Cgil mette anche l’accento sull’impoverimento del reddito. «La dimensione del problema è rilevante dal momento che i lavoratori stagionali del turismo (alloggio e ristorazione) sono stati 18.518 nel 2019. La già breve durata della stagione (95 giorni medi – dati INPS 2019) si è ulteriormente accorciata nel 2020 con gravi conseguenze per il reddito complessivo. Stiamo parlando, per essere espliciti, di quasi 20.000 persone che durante l’anno possono contare su un reddito che mediamente non copre nemmeno 5 mesi (tra lavoro stagionale e disoccupazione). Dal 2009 al 2019 la percentuale di disoccupati è passata dal 10,7% al 13% della popolazione e il tasso di lavoro part-time sfiora ormai il 50%. E’ chiaro che il turismo contribuisce in maniera significativa a determinare questi preoccupanti dati.
Un settore così ampio e centrale nell’economia territoriale può andare avanti continuando a basarsi su lavoro povero, precario e dequalificato? Parrebbe di no, stando anche all’annosa questione del “non si trova personale” che s’innesta esattamente in questa diffusa dimensione di illegalità, sfruttamento e povertà».

Il testo integrale diffuso dalla Cgil.

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