Cinquant’anni di promesse affogate nel Surcioun

Cinquant’anni di promesse affogate nel Surcioun

Sull'arenile di Viserbella sbuca il Marecchia. Vi sembra poco? Non sarebbe da valorizzare in chiave turistica una simile opportunità? Basterebbe un piccolo sforzo, ma i tanti appelli rivolti a palazzo Garampi sono sempre sprofondati nelle uniche sabbie mobili (quelle della politica e di innominabili interessi) reali di questa incredibile storia.

Le storie tramandate di generazione in generazione, si fronteggiano nel seducente territorio sospeso tra fantasia e realtà che a volte assume, velatura dopo velatura temporale, fisionomia di leggenda. Quella del contadino di Castellabate che in un nebbioso pomeriggio di fine ‘800 sprofonda in una larga polla d’acqua insieme con il carretto e i buoi che lo trainano, probabilmente è una di queste. Ciò premesso, non è detto che l’episodio non abbia un fondo di verità, magari via via ingigantito negli anni sicché per scongiurare si potesse ripetere è stato costruito una sorta di parapetto circolare in cemento che ha resistito fino agli anni ’60.

La drammatica vicenda si svolge a Viserbella di Rimini, città natale di Bruno Militi (1927–2019), personaggio del tutto singolare, con la testa così saldamente ancorata alle nuvole che negli anni ’70 ha saputo, con un velivolo costruito nel proprio giardino di casa, trasportare Viserbella al risalto delle cronache sulle ali del proprio spirito creativo di costruttore/aviatore autodidatta e artista eclettico. Militi, per evocare quell’antico racconto popolare, nel 1997 descrive pittoricamente la sventurata fine del contadino, travolto dalla tregenda meteorologica, quindi sparito nel nebuloso vortice liquido che le persone del luogo erroneamente hanno da sempre considerato “sabbie mobili”.

In realtà, nella zona semi paludosa a pochi metri dal mare di Viserbella, tra le caratteristiche dune di allora sgorgava acqua dolce di sorgente che si mescolava con la sabbia. Qualcuno, chissà quando, ha battezzato la sorgente “E’ Surcioun”. L’origine del nome è incerta e controversa. Forse la più accreditata è che provenga dal francese “source” (sorgente). A tal proposito, ho letto un interessante articolo a firma “Enrico Morolli” in cui l’autore afferma che «l’origine di Viserbella si perde nella notte dei tempi e pare abbia inizio con i Galli Senoni che qui vi dimorarono, come dimostra il dialetto locale che si avvicina ad un francese maccheronico». Non a caso taluni, frugando tra le ipotesi avanzano quella vernacolare di “cerchione”.

La sorgente attira la curiosità di tutti i turisti che passeggiano in quel punto.

In tutti i casi, etimo a parte, ho voluto capire meglio da dove provenga quell’acqua cristallina che (ora) si incontra, annunciata da un cartellone molto scarno, passeggiando sulla battigia all’altezza del bagno 43. Una laurea in ingegneria, una in idrogeologia e quasi mezzo secolo di molteplici esperienze professionali hanno visto Giovanni Gurnari operare in più di 70 paesi diversi. Attualmente Vice Presidente di FEMTEC, Federazione mondiale del Termalismo e Presidente della relativa Commissione Tecnica, a Rimini egli vanta una collaborazione ventennale con AMIR (dal ’77 al ’96).

Chi mi ha suggerito di contattarlo, sapeva che avrei depositato i miei interrogativi sul Surcioun tra le braccia più capaci ed esperte in materia. Riporto brevemente alcune delle informazioni storiche e tecniche che l’ingegnere ha avuto la cortesia di darmi. «L’età della fonte potrebbe essere compresa tra 40/60.000 anni. In realtà l’asset del fiume risale ad almeno 250/300.000 anni. Il substrato del Surcioun è composto da una sabbia molto grossa che già a una profondità di pochi metri diventa graniglia, quindi è impossibile che ci sia mai stato il fenomeno delle sabbie mobili. Prima dell’arrivo dei romani c’era una zona semi paludosa perché la linea di costa era molto più alta. Se si ha presente l’odierna linea ferroviaria, si può affermare che il mare allora si infrangeva contro quello che oggi è il rilevato della ferrovia. In realtà erano i depositi continentali che venivano portati via dal moto ondoso per cui si spandevano verso il mare, ma il profilo della terra, fino a 200.000 anni fa, là era all’altezza di via Sacramora. Se sul lato della conoide del Marecchia si traccia una retta tra San Martino in Riparotta e la perpendicolare sulla linea di costa, si finisce sul Surcioun. Quella frazione di Rimini appena citata era una zona in cui il fiume sconfinava continuamente e si mangiava ogni cosa per arrivare al mare, poi una serie di cambiamenti dal punto di vista morfologico e antropico hanno fatto sì che il fiume deviasse verso Rimini. Ma l’alveo di un antico ramo del Marecchia è rimasto. È una zona di permeabilità molto alta e quindi l’acqua arriva freschissima perché fa un lungo e profondo percorso sotterraneo che incide anche sulla sua purezza, ma è quello di sempre. La temperatura dell’acqua è sempre molto costante, intorno ai 4/5 gradi centigradi così come la portata media annua, intorno ai 5,5 litri al secondo».

I dettagli ora esposti, certificano che anche i profani come me possono considerare l’antica fonte meritevole di grande interesse e attenzione da parte dei residenti e degli amministratori pubblici. Durante l’estate si notano continui capannelli di persone attorno al miserando tubo di plastica da cui fluisce acqua limpida e fresca da qualcuno scambiata, causa il sospetto convogliatore arancione, per liquido di altra natura. L’ultima considerazione espressa dall’ingegnere è stata questa: «Il Surcioun è una risorsa eccezionale, un dono della natura veramente favoloso. Avere trascurato questo aspetto e avendolo fatto in maniera metodica è un affronto al buon senso».

Dalla giunta Pagliarani del 1975, passando per gli organi collegiali presieduti da Diotallevi, Zaffagnini, Conti, Moretti, Chicchi (forse l’unico che a detta dell’ingegner Gurnari sia stato sensibile a un progetto di riqualificazione della fonte e dato il via a una serie di studi al riguardo) poi Ravaioli fino ad arrivare a quella in via di dismissione guidata da Andrea Gnassi, gli abitanti di Viserbella (di tutte le età) mi dicono di essersi battuti perché venisse riportata alla luce e alla pubblica fruizione l’antica fonte del “Surcioun”. Di certo non, come ventilato nel 2018 dal Comitato Strategico all’interno del progetto “Parco del Mare Nord” del sindaco Gnassi, con un’esile fontanina (“con il rivolo di acqua limpida e di fonte che scivola verso il mare”) tra via Porto Palos e ciò che rimane dell’accesso in spiaggia di fronte a viale V. Busignani. Ma tranquilli, non s’è fatto neppure quella. Negli ultimi decenni le cronache (giornalistiche e giudiziarie) si sono più volte occupate del caso “Surcioun & Company”. Per esempio, ma di articoli se ne trovano diversi, il 4 gennaio del 1991 su un quotidiano locale si legge che «i cittadini di Viserbella hanno deciso di ricorrere all’autorità giudiziaria per contrastare la realizzazione di un campo da tennis e una piscina in corso di costruzione sull’arenile, all’altezza del bagno 43 (proprio sopra alla sorgiva naturale “E’ Surcioun”; ndr) dove è già stato gettato un plafond di 60 centimetri di cemento armato che dovrà reggere la vasca».

E’ qui che potrebbe risorgere il Surcioun, al posto di due ruderi di cabine, su area demaniale.

Nell’articolo si riporta che i cittadini, nell’esposto alla Procura della Repubblica, fanno notare come «il nuovo centro sportivo andrebbe ad ostruire l’accesso alla battigia» e creerebbe un «pericoloso precedente per le decine di passaggi privati del quartiere che allo stesso modo rischiano di essere chiusi», senza contare che il centro sportivo, come «struttura provvisoria» coincide con il luogo dove il locale Comitato Turistico anni prima aveva intenzione di creare un parco giardino come simbolo di Viserbella. Ma l’allora assessore all’edilizia Stefano Barbiani (sindaco Massimo Conti), replica indignato ai cittadini. «Non capisco assolutamente questa polemica. È stata rilasciata un’autorizzazione a termine, pienamente in regola (grazie all’articolo 24 bis del regolamento edilizio, introdotto dalle precedenti amministrazioni in attesa del Piano Regolatore Generale; ndr). La struttura ha carattere precario e la giunta ha già deciso che sarà smantellata».

Meglio tenersi questo spettacolo o ridare la dignità che merita al Surcioun?

L’autorizzazione rilasciata dal Comune alla fine del ’90, riferendosi sia alla piscina che al campo da tennis, parla di una “struttura provvisoria”. Peccato che in seguito il PRG fornirà alla piscina una magnifica, definitiva verginità edilizia in virtù di un delicato intervento di “ricostruzione plastica”. Questo con buona pace di tutti coloro che credevano veramente nella precarietà dell’opera. Infatti, nell’area che fu del Surcioun insiste tuttora beatamente la piscina che tra l’altro ha soppiantato trenta alberi ad alto fusto, naturalmente abbattuti. Mica vorrete mettere un impegnativo verde brillante con un sobrio grigio cemento che va su tutto… ! Quanto a piante e cemento, il recente comunicato emesso dalle associazioni ambientaliste locali al termine della legislatura Gnassi–bis, se mai ce ne fosse stato bisogno, conferma che dalle nostre parti c’è grande continuità nei “modus operandi” che si perpetuano come frattali nella dimensione spazio/tempo. Dopo proclami, promesse non mantenute, favori e lavori, ricorsi al T.A.R., proteste e poi ancora livori, sta di fatto che il passaggio per accedere all’arenile davanti a viale V. Busignani è di 160 centimetri solamente e il campo da tennis, (a tutt’oggi considerato struttura precaria, mi dicono) è ancora spiattellato là. Regolare? Dopo mezzo secolo di dibattiti forse sarebbe arrivato il momento per considerare seriamente i molti progetti annegati (quelli sì) come il contadino con i buoi e il carretto, non a causa di “sabbie mobili”, ma per umana mano. Noi torneremo ancora sull’argomento. E forse con qualche novità. Il chimico e fisico inglese ottocentesco Michael Faraday confessò che “’acqua è per me un fenomeno che risveglia nuovi sentimenti di meraviglia ogni volta che la vedo”. Ci piacerebbe molto, ma non tra un secolo!, meravigliarci a nostra volta, nel vedere l’acqua che esce da un Surcioun finalmente riportato alla dignità che merita.

Fotografia d’apertura: il Surcioun come appariva nel 1958 (immagine gentilmente concessa dall’associazione l’Ippocampo di Viserba).

COMMENTI

DISQUS: 0