Dai palazzi del governo al monastero di Pietrarubbia, la straordinaria storia di Tina

Dai palazzi del governo al monastero di Pietrarubbia, la straordinaria storia di Tina

Un'inquietudine di fondo, nonostante un lavoro molto gratificante e una vita intensa. Una lunga ricerca, una serie di richiami, il viaggio a Medjugorje e tante coincidenze. Fino a quando, nonostante la scarsa collaborazione di un satellitare "indemoniato", ha suonato al campanello delle Monache dell'Adorazione Eucaristica, vicino a Carpegna. Dove domenica farà la sua professione temporanea davanti al vescovo di San Marino e Montefeltro.

Non so se l’ironia del Padreterno abbia qualche fondamento teologico, certo avvicina parecchio l’uomo a Lui. Tuttavia la storia di Annunziata (per tutti Tina) ha un filo divertente di ironia. Annunziata è una donna ora sulla cinquantina, piena di energia e simpatia, che non si è mai stancata di domandarsi che cosa ci sta a fare nel mondo e chi l’ha voluta.

Tina

Tina

Ad appena dieci anni, dopo la prima Comunione, s’è presentata davanti a una suora di un convento francescano di Sabina, che i genitori conoscevano, e le ha chiesto di potere entrare a farsi monaca. Non è difficile immaginare lo sguardo perplesso della religiosa quando s’è trovata di fronte questa bambina. “Casomai – le disse – potrai tornare fra sei anni, ma solo se i tuoi genitori saranno d’accordo”.
La vita continua e la bambina cresce e a qualche mese dai suoi sedici anni incontra il primo amorino e così Gesù, come l’intenzione di andare in convento, scende di diversi gradini dai pensieri di quella bella e vivace ragazza. Era cristiana praticante, ma quello di farsi suora era allora proprio l’ultimo dei suoi pensieri, anche se nella sua vita Dio ha disseminato diversi segni della sua benevolenza. A questo punto il racconto di Tina si fa più sfumato, lei dice “per non farti perdere troppo tempo” ma è una innocente bugia, perché è palese che questa donna vuole accendere l’attenzione non sulla sua persona ma sull’Amore della sua vita. Diciamo che negli anni giovanili lei ha sempre oscillato tra un forte attaccamento a Gesù Eucaristico e amori più umani e terreni. Una serie di “peripezie, errori e peccati”, così li chiama lei, la portarono in quegli anni alla convivenza con un uomo, molto amato e col quale avrebbe voluto formare una famiglia numerosa. Aveva già una casa e un lavoro ben retribuito nel più importante palazzo politico-istituzionale di Roma. Umanamente non le mancava nulla ma lei stessa racconta che proprio allora riaffiora quella inquietudine cui nessuno, a ben pensarci, può sfuggire: “Mi mancava qualcosa – spiega – convivendo con questo mio compagno e pur vivendo pienamente nella chiesa, non potevo comunicarmi. E questa cosa cominciò ad andarmi stretta. Tutto questo e qualche problema esterno alla nostra coppia, ci ha diviso e fatto allontanare”.

Ma poi, che cosa è successo?
“Non era una semplice voce ma una certezza che sentivo dentro: Qualcuno che mi chiamava ma io non volevo né ascoltare né andargli incontro e quindi questa certezza la soffocavo o meglio, sentivo che il Signore voleva qualcosa da me ma io non ne volevo sapere, anzi fuggivo”.

Quindi cerchi di allontanare e dimenticare questa ‘presenza presente’ buttandoti anima e corpo nel lavoro e nella tua vita…
“Nel dicembre 2007 feci un ritiro di totale silenzio di cinque giorni. Alla fine di questi giorni ho avuto la certezza. Ho visto chiaramente Maria venire verso di me sorridendo e dietro di Lei c’era Gesù. Chiaramente mi voleva dire qualcosa. Ancora non era chiaro del tutto cosa”.

Chi ti ha messo sull’avviso?
“Una suora clarissa ad Assisi (dov’ero andata con tutta la mia famiglia e anche col mio ragazzo) mi disse di stare tranquilla: ‘Quando capirai qual è la volontà del Signore, avrai la pace’. E così è stato. In quel momento ho solo capito che avrebbe dovuto cambiare in me qualcosa, ma la mia vita mi
piaceva e io ancora non ero del tutto disponibile a farlo. In un viaggio a Gerusalemme ho sentito una spinta molto forte ad andare a Medjugorje. Quando il richiamo è così forte, viene da Lassù”.

Sei così ‘disarmante quando dici ‘viene da Lassù’… come ne sei sicura?
“Ho avuto la fortuna di seguire un padre spirituale, un sacerdote sacramentino. Mi decisi ad andare, nel settembre del 2010, a Medjugorje solo dopo aver letto che Giovanni Paolo II aveva avuto parole di ammirazione per il ‘caso’ Medjugorje. Alla fine, dopo una serie di rocambolesche circostanze, sono partita e quel viaggio è stata una grande grazia perché ho detto sì a Dio. Si a Lui perché erano due anni che fuggivo da Lui anche se gli dicevo spesso: ‘dimmi che vuoi da me. Poi lo farò’. In verità avevo in mente non tanto una richiesta ma una sorta di trattativa: parliamone! Mettiamoci d’accordo… Sul monte della croce ho detto sì e per la prima volta ho capito lì il ‘sì di Maria’, che non è un sì conseguente all’aver capito e pianificato tutto, magari ritagliandosi un piccolo spazio per te. Ho detto sì e da lì è venuto tutto il resto”.

Tina con suor Gloria Riva

Tina con suor Gloria Riva

Appunto, racconta il resto…
“Anche se avevo capito che il Signore voleva da me qualcosa di forte, non avevo ancora capito se questa chiamata fosse alla consacrazione monastica. Ogni tanto mi ritagliavo alcuni giorni di preghiera e silenzio prevalentemente in luoghi francescani però succedevano spesso imprevisti: o non c’era la possibilità dell’adorazione eucaristica o non potevo entrare in chiesa perché era chiusa. Per la Quaresima 2011 sapevo che nella settimana santa (da qualche anno vivevo in ritiro i giorni della passione) non avrei potuto prendere ferie così provo a ritagliarmi un weekend prima di quaresima. Ho guardato su internet i luoghi dove avrei potuto fare l’adorazione eucaristica mi uscivano sempre due siti: quello di Pietrarubbia e le clarisse di Albano. Subito scelsi Albano, vicino a Roma e le clarisse perché le conoscevo meglio. Al telefono feci una bella conversazione con la superiora che fu cordialissima ma, quando le dissi la data in cui sarei andata, dopo un attimo di silenzio rispose: ‘No, tutte le date fuorché quella. Quel weekend non abbiamo disponibile neppure uno sgabuzzino’. Tutte due siamo rimaste male e così le promisi che sarei andata dopo Pasqua… invece”.

E come sei capitata invece a Pietrarubbia?
“Questa Pietrarubbia non capivo proprio dov’era e non sapevo che posto splendido è in verità. Io amo la montagna ma andavo spesso in Trentino. Mando una e-mail a suor Maria Gloria, che non avevo mai conosciuta né sentita, spiegandole cosa avrei voluto fare ma per lungo tempo non ricevo risposte e io rimango un po’ male. Penso: saranno piene o forse non gli piaccio, ma almeno una risposta me la devono. In me c’erano due contrastanti impulsi: quello di chiamare un’amica, suor Paola, che sta in monastero ad Assisi, e invece un altro sussurro che mi diceva di aspettare. Questa ‘tortura’ dura più d’un mese arriva il 14 aprile (avrei dovuto partire il 16) e dopo essere tornata a casa stanca dal lavoro, accendo il pc (cosa che non facevo quasi mai) e vedo la risposta di suor Gloria. Che meraviglia! Ma ancor più grande è il tono della sua risposta, che mi ha subito conquistato. Si scusa infatti del ritardo perché era all’estero e mi scrive: ‘Sicuramente avrai già programmato la tua partenza però, se per caso vuoi ancora venire, c’è il posto: sei la benvenuta’. Le ho risposto subito: ‘Arrivo’.

Suor Gloria Riva

Suor Gloria Riva

Fu un viaggio avventuroso con la tua Ford…
“Mi faccio prestare il satellitare perché ero sicura che senza quello non avrei mai trovato il convento. Mi ha fatto passare sull’Appennino in strade piene di tornanti; tutto fila liscio fino a 10 chilometri dall’arrivo. Poi non so cosa sia successo al satellitare, ma impazzisce: mi faceva fare strade che da asfaltate diventavano bianche poi la sua voce metallica mi diceva ‘tornate indietro quando potete’. Così per non so quante volte fino a sfinirmi. Mi faceva fare sempre il ‘giro de Peppe’ per riportarmi sempre allo stesso punto. Il clou è stato quando mi manda sulla Carpegna finche la strada si restringe sempre più e s’inoltra in un bosco; mi fermo e quando scendo, davanti a me c’era un burrone. Ho dovuto tornare in retromarcia in una discesa molto ripida. Se il satellitare fosse stato mio l’avrei lanciato dal finestrino, invece l’ho spento. Ho chiesto informazioni a due signore che mi volevano mandare a Rimini pensando stessi cercando una discoteca. Finalmente trovo un deposito di autobus di linea con due autisti. Mi avvicino a chiedo loro: dov’è Pietrarubbia? Uno di loro vede il satellitare sul cruscotto e mi fa ‘scusi ma non c’ha il satellitare?’. ‘Lasci perdere’ gli rispondo ‘quello è indemoniato e mi fa tornare sempre sui miei passi’. Così dopo essersi fatto una bella risata mi dice che le strade sulle quali mi aveva mandato erano mulattiere che praticamente non venivano più usate da nessuno dai tempi della guerra. Finalmente arrivo in via Ca’ Baldisserra, mi inerpico sul monte fino al bosco, nuovamente… No è un incubo! Ho pensato e ridiscendo piano piano finché non vedo finalmente la facciata di una chiesa. Erano le 7 della sera, scendo dall’auto e suono al campanello più volte: non mi risponde nessuno. Chiamo al telefono mi risponde suor Gloria che mi chiede dove sono. ‘Credo di essere arrivata’ ma non sono sicura; finché lei si presenta alla porta col suo vestito bianco e rosso, che bello: ero arrivata. Sono stati due giorni da favola e di grazia. Sembrava io fossi stata qua da sempre. Sono tornata a casa e il giovedì santo Gesù mi ha chiamata e mi ha dato il primo segno. Una cosa umanamente quasi incomprensibile”.

Quale?
“Nella mia parrocchia il giovedì santo si fa di solito l’adorazione eucaristica e io sono andata in chiesa nella tarda serata pensando di trovare poca gente. Invece la chiesa era piena e c’era posto solo in piedi così mi sono seduta in terra proprio davanti a Gesù. In tutta sincerità e con cuore gli ho chiesto cosa volesse da me. Lì ho sentito una spinta imperiosa ad aprire la bibbia. Così ho fatto e ho trovato il passo di Matteo del giovane ricco: ‘Va vendi tutto quello che hai e seguimi’. Da quel momento questo invito mi ha ‘perseguitato’ fino al mio ingresso in convento”.

"I adore you". Le monache dell'Adorazione Eucaristica s'intendono anche di marketing: acquistando la loro maglietta si può contribuire a sostenerle

“I adore you”. Le monache dell’Adorazione Eucaristica s’intendono anche di marketing: acquistando la loro maglietta si può contribuire a sostenerle (adoratrici@culturacattolica.it)

Suppongo che la tua decisione non sia stata così netta da subito…
“Tutt’altro, cercavo di mettere sempre dei paletti e di chiedere a Dio se fosse proprio sicuro di avere scelto me. Ma sempre quell’invito riaffiorava. L’ultima volta di fronte a quella che chiamerei una sorta di ‘chiarimento finale’, il penultimo giorno di lavoro in serata stavo pregando e guardavo la riproduzione del Volto della Sindone e mi sono rivolta a Lui: Gesù, domani è il mio ultimo giorno di lavoro. Ho messo tutta la mia vita nelle tue mani, fra pochi giorni entro in convento dove Tu mi hai voluta ma se io aprissi di nuovo la Bibbia, tu mi ripeteresti quell’invito? Non ho neppure finito di pensare questo, che già gli stavo chiedendo perdono perché di segni ne avevo ricevuti tanti e me ne sono tornata a casa. La mattina dopo in macchina raggiungo l’ufficio e durante il percorso recito il rosario che durava esattamente il tempo che ci impiegavo da casa al lavoro. Quel giorno stranamente il rosario finisce un po’ prima e accendo Radio Maria che a quell’ora trasmette la messa proprio prima che si inizi a leggere il Vangelo. Oh, era proprio il passo del racconto del giovane ricco! Ho cominciato a piangere e lacrimare come una fontana… poi ho detto: Gesù ho capito, basta devo entrare in ufficio non posso continuare a piangere così”.

Va bene la consacrazione ma ci sono consacrati che vivono nel mondo e non nel convento…
“Ho capito subito che il segno che il Signore mi chiedeva era quello della consacrazione monastica; io sono una persona molto libera e finora ho sempre molto viaggiato in Italia (Umbria, Toscana e Trentino e anche all’estero). Mi piaceva la montagna e spesso sono andata sulle Dolomiti. Per cui a Gesù continuavo a ripetere che mi piacevano i monti, i pini, la neve, la natura. Insomma davo a Lui indicazioni sul posto dove mi avrebbe dovuto mandare. Devo dire che se questo è stato un ‘peccato’ me l’ha perdonato, perché tutto quello che gli ho chiesto me l’ha dato. Qua di fronte abbiamo il monte Carpegna che ha una roccia dolomitica; dalla finestra della mia camera vedo i pini; non parliamo poi della neve che in inverno qua non manca. La certezza su Pietrarubbia è venuta crescendo mano a mano che ho conosciuto queste sorelle ma, come dire, la prova del nove è stata la mattina dopo del mio arrivo, quando alla messa, andando a fare la comunione cantarono ‘Va, vendi tutto quello che hai e vieni con me’ (la canzone del Giovane ricco, composta da Claudio Chieffo, ndr.)”.

I colleghi di lavoro, amici e conoscenti quando hanno saputo della tua decisione?
“Nel momento in cui ho presentato le dimissioni: per loro è stato uno choc. Conoscevo una marea di persone, la maggior parte non credenti. Questa mia scelta ha costretto tutti a riflettere sulla presenza nella nostra vita di una realtà che spesso non vediamo. Una presenza che invece è talmente vera che ti fa decidere di lasciare tutto. Quindi i colleghi che ben mi conoscevano, e perciò sapevano che non ero impazzita, hanno detto: ‘Questa per andare in clausura deve avere incontrato Qualcuno per cui vale veramente la pena fare questo. Non lo fa certo perché non ha altro di meglio da fare o non ha risolto la sua vita. In tanti questa notizia ha scatenato ‘crisi benefiche’. Di questo sono stata contenta perché il Signore s’è servito di una miserabile creatura indegna come me per scuotere delle coscienze addormentate e qualcuno s’è riavvicinato a Dio”.
Starei ancora altro tempo a chiacchierare con Tina, ma la campana del convento la richiama alla preghiera e la lascio, ma questa storia mi fa venire in mente un amico riminese il cui figliolo, Davide Matteini, diventerà prete nella Basilica di Santa Maria Maggiore il 27 giugno, insieme ad un altro giovane riminese, Francesco Facchini, e ad un altro di Cattolica che invece diventerà diacono, Stefano Tenti, tutti e tre usciti dalla Fraternità sacerdotale di San Carlo Borromeo. Quando Davide entrò in seminario il padre gli chiese le ragioni e il giovane che già era diventato ingegnere rispose: “Caro babbo, se tu chiedi qualcosa a Cristo (per esempio che devi fare nella vita?) non ti devi meravigliare che Lui poi ti risponda”.

Chi sono le monache dell’Adorazione Eucaristica di Pietrarubbia

adoratrici-eucarestiaDomenica 31 maggio alle ore 18 nella chiesa del monastero delle Monache dell’Adorazione Eucaristica di Pietrarubbia (poco prima di arrivare a Carpegna) ci sarà la professione temporanea di suor Tina Giacometti, una 50enne romana d’origine. Presiederà il rito liturgico monsignor Andrea Turazzi, vescovo di San Marino Montefeltro. Nello stesso monastero il 7 giugno farà invece la sua professione solenne come monaca suor Maria Adriana del Santissimo Sacramento (Adriana Csoke). Questa comunità si ispira alla spiritualità e alla vita della Beata Maria Maddalena e vengono professati i voti di castità, povertà e obbedienza secondo la regola di Sant’Agostino. Si è stabilita nel Montefeltro quando vescovo era mons. Luigi Negri, che nel 2009 ha concesso l’approvazione diocesana come Associazione pubblica di fedeli in vista di diventare Monastero sui juris. Accanto alla contemplazione adorante del Mistero Eucaristico le monache curano un centro di spiritualità per la diffusione della Bellezza. La comunità claustrale in questo momento ospita una decina di sorelle. La madre superiore è suor Maria Gloria Riva, che ha anche pubblicato numerosi volumi dedicati all’arte, collabora con quotidiani, riviste e siti (come culturacattolica.it) e con Andrea Pamparana ha scritto il libro intervista “Una suora per Amico” (edito da Ancora).

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