Darsele di santa Costituzione: il mondo cattolico fra sì e no

Darsele di santa Costituzione: il mondo cattolico fra sì e no

Posizioni opposte nel mondo cattolico riminese sul referendum costituzionale. Che hanno scatenato polemiche accese. E oggi il gruppo "Fede e Ragione",

Posizioni opposte nel mondo cattolico riminese sul referendum costituzionale. Che hanno scatenato polemiche accese. E oggi il gruppo “Fede e Ragione”, che dalla scorsa estate si è messo al lavoro per il no, tira una riga e rilancia: “Avanti, popolo!”. Con le parole di don Giussani.

Il referendum ha diviso non solo gli schieramenti politici. Ha creato polemiche accese all’interno del mondo cattolico e fatto emergere visioni opposte dentro i movimenti.
Tanti gli incontri organizzati in città. Da quello della Consulta delle aggregazioni laicali della Diocesi di Rimini e dalla Papa Giovanni XXIII sulle ragioni del sì e del no, all’iniziativa del Portico del Vasaio che ha fatto dialogare Luciano Violante e Mario Mauro, agli appuntamenti del gruppo “Fede e ragione” che con la Fondazione Internazionale Giovanni Paolo II per il magistero sociale della Chiesa ha messo in campo un lavoro sfociato in ben due occasioni pubbliche sul referendum costituzionale. La prima con Alfredo Mantovano e l’ultima con Robi Ronza e Gaetano Quagliariello. Ma anche al Meeting di Cl dello scorso agosto il referendum aveva diviso non poco, e il ministro Maria Elena Boschi, ripartito da Rimini senza tenere il suo discorso, era stato accolto con grande calore dai vertici ma con una certa freddezza dalla base, tanto che il salone si presentava semivuoto.

A metà novembre la scintilla è stata accesa da un articolo (“Referendum costituzionale, cattolici e posizioni strumentali”) schierato per il sì sulla testata online Buongiornorimini, che ha schiaffeggiato i ciellini del no su un tema molto caro soprattutto a chi si è formato sotto la guida di don Giussani, quello della sussidiarietà. Si concludeva con queste parole: “Il dibattito, fuori o dentro il mondo cattolico, dovrebbe essere liberato di pre-giudizi. O si sta sul merito della riforma (ma ormai sembra non interessare più nessuno) o si può votare pro o contro Renzi purché lo si dica apertamente, senza usare argomenti che puzzano di strumentale lontano un miglio”. Fra le varie reazioni, quella favorevole di Nedo Pivi e quella contraria di Bruno Sacchini. Ma a demolire le tesi di Buongiornorimini è stato Marco Cobianchi, riminese, attualmente giornalista economico a Panorama e ideatore nel 2015 di Truenumbers.it, sul quale ha fra l’altro fatto a pezzi, numeri alla mano, quelli che il fronte del sì declamava come i benefici della riforma in termini di minori costi, velocità di approvazione delle leggi e altro.
Il suo intervento pubblicato su marcocobianchi.it, dal titolo A Rimini votano Sì perché “sennò è peggio”, pur confondendo Rimini 2.0 con Buongiornorimini, si rivolgeva senza troppi complimenti all’estensore di quel pezzo e così terminava: “E’ vero. La puzza della strumentalità delle tue argomentazioni è insopportabile. Vado a tirare lo sciacquone”.

All’indomani del risultato prende posizione il gruppo “Fede e ragione” e si toglie qualche sassolino: “Questa frase, «Avanti, popolo!» oggi la ripetiamo con ancora maggiore consapevolezza, dando un giudizio chiaro su quanto deciso dagli italiani, fra l’altro con schiacciante maggioranza nella nostra stessa Rimini: è stato sconfitto il disegno tecnocratico di chi voleva rottamare con un tratto di penna e senza alcun dialogo con nessuno, ciò che era stato costruito faticosamente 70 anni fa dai rappresentanti di pressoché tutte le componenti del popolo italiano dopo la guerra. Un disegno tecnocratico che avrebbe favorito un centralismo anti-sussidiario, avrebbe ridotto la sovranità del popolo (un Senato non eletto dai cittadini!) e per giunta ci avrebbe ammanettato a una costruzione europea oggi asfittica e dannosa”.
Spiegano: “In questi mesi abbiamo fatto un lavoro di base fra molti amici cattolici e laici, ed abbiamo promosso due importanti incontri pubblici, mettendo a tema la nostra preoccupazione culturale – e non “di schieramento” – circa il ruolo della persona, della famiglia, dei corpi intermedi nella carta fondamentale della Repubblica italiana”. E poi fanno capire di non avere dimenticato: “Siamo stati accusati da qualcuno di “strumentalizzare” il tema della sussidiarietà, principio cardine della dottrina sociale della Chiesa fatto proprio da molte costituzioni e prassi politiche del mondo occidentale. Al contrario di quanto sostenuto dai nostri accusatori, il popolo italiano (e pure quello riminese) ha capito benissimo che cosa era in gioco: una eventuale vittoria del sì avrebbe messo il cerotto in bocca alla gente, con tanti saluti alla partecipazione dei cittadini e dei corpi intermedi allo svolgersi della convivenza civile e istituzionale. La parola sussidiarietà formalmente sarebbe rimasta al suo posto, ma svuotata di ogni significato e di ogni possibilità concreta di attuazione. Una beffa, respinta dal voto”.
Per la sfida che attende Rimini e la società italiana, il gruppo “Fede e ragione” richiama le parole che nel 1992 (un altro momento di passaggio non facile della storia repubblicana) don Luigi Giussani pronunciò intervistato dal Corriere della Sera: “Un ideale di vita umana o più umana, non può non suscitare l’interesse della gente, che in qualche modo si riconosce amica e collabora in vista di un percepito o supposto ideale di migliore umanità e cerca di trovare anche gli strumenti per realizzare questo ideale. Questo è un popolo”. Disse Giussani che dentro una società segnata dal “dio denaro o una sicurezza di vita agiata, di vita senza rischi” si poteva comunque sperare: “Chissà se questo desiderio di rendere meno difficile la vita dei propri figli, o di un dato gruppo di persone, sfondi a un certo punto l’orizzonte. Cioè, se chi ha questo desiderio, capisca che per poterlo realizzare, ha bisogno di un ideale, di una speranza. Io penso che si possa sperare questo”.
“Fede e ragione”, invitando al gesto del vescovo di Rimini in programma nel pomeriggio dell’8 dicembre in piazza Cavour per l’affidamento della città a Maria Immacolata, conclude: “Anche noi oggi, in mezzo alle macerie provocate da chi ha voluto il braccio di ferro con il popolo facendo sorgere un terremoto, pensiamo che si possa sperare. Approfondendo il dialogo tra fede e ragione, lavoreremo affinché il nostro bisogno e desiderio “sfondi l’orizzonte” ricostruendo il popolo italiano”.

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