Delitto nel Castello: ecco la traduzione italiana di “Francesca da Rimini” di Yriarte

Delitto nel Castello: ecco la traduzione italiana di “Francesca da Rimini” di Yriarte

A cura di Moreno Neri. Tutto da leggere. Soprattutto in questa estate in cui i distruttori stanno cambiando i connotati al luogo dell'assassinio dei due amanti che lo scrittore francese collocò nel Gattolo di Santa Colomba. Non a Pesaro, o Ravenna e nemmeno a Santarcangelo. E men che meno a Gradara, neppure nominata, che però sfrutta una chiacchiera popolare e una furba strategia di pubblicità turistica.

Partiamo con due notizie. Abbiamo la prima e unica traduzione italiana dello storico e intramontabile volume di Charles Yriarte dedicato a Francesca da Rimini. La seconda: reca la firma di un riminese.
Sono da pochi giorni in libreria per Angelo Pontecorboli le quasi 300 pagine del volume che raccolgono la ristampa anastatica dell’opuscolo (circa 150 pagine) arricchito coi bellissimi fregi, i capilettera e le illustrazioni coi quali fu dato alle stampe nel 1883, oltre la traduzione in italiano e un gustoso e approfondito apparato di note, più un’appendice iconografica e la biografia dell’autore che tanti significativi legami ha avuto con Rimini.
Lo scrittore, giornalista e critico d’arte francese compose Françoise de Rimini dans la légende et dans l’histoire, avec vignettes et dessins inédits d’Ingres et d’Ary Scheffer per l’editore J. Rothschild. E Francesca da Rimini nella leggenda e nella storia con fregi e disegni inediti di Ingres e di Ary Scheffer è il titolo che ci troviamo adesso fra le mani grazie alla traduzione di Moreno Neri.
Non c’è nulla di tramontato in questo testo che Yriarte scrisse quasi un secolo e mezzo fa. Intanto perché gli studi successivi sul mito sviluppatosi a partire dall’episodio che Dante (non a caso il libro esce nel VII centenario della morte del Sommo Poeta) colloca nel V Canto dell’Inferno, e che Yriarte scandaglia con uno stile che somiglia molto alla inchiesta giornalistica, hanno avuto in Francesca da Rimini un caposaldo, dal punto di vista del merito, che ha goduto di sostanziali conferme anche in tempi recenti. Poi perché è sempre tempo ben speso leggere le belle pagine di questo viaggiatore dallo stile inconfondibile, e infine perché la vicenda di Paolo e Francesca ci consente di spaziare “in casa nostra” e in particolare di chiederci: come è stato possibile che Rimini si facesse scippare senza colpo ferire la famosa coppia di amanti da Gradara? E fa un po’ ridere che nel tentativo di cucirsi addosso la nomea di wedding destination, nessuno a Rimini abbia pensato a Paolo e Francesca e al Castello nel quale Yriarte, al termine della sua ricerca documentale e dopo avere passato in rassegna «le opinioni dei cronisti e degli storici», colloca «la scena crudele» che «si è svolta a Rimini, e molto probabilmente nel Gattolo di Santa Colomba, sull’area attuale della fortezza conosciuta oggi sotto il nome di “Avanzi della Rocca”». Chi cura i destini turistici della wedding destination è invece arrivato a segnalare Castel Sismondo come «luogo dell’amore di Sigismondo per Isotta degli Atti, un matrimonio fondato su un amore autentico e passionale. Un castello in pieno centro storico che sta per essere restituito con la nuova veste di Museo Fellini» (qui). Cuori trafitti, piangete.
Diciamo subito che la nostra città dovrebbe avvertire un debito di riconoscenza enorme verso Yriarte, mentre invece, beata ignoranza, non ha mai fatto tesoro di quel regalo immenso che ci fece l’élite di viaggiatori eruditi quando nel XIX secolo richiamò l’attenzione dell’Europa su Rimini, aprendo la strada anche al turismo (mica sardoncini e dj, fra l’altro) lungo la costa romagnola.
«…di tutto questo viaggio nel quale ho soggiornato in più di venti città, la graziosa città di Rimini mi ha sedotto più di tutte le altre». E’ quanto fissa Charles Yriarte del suo lungo tour dalla Dalmazia a Otranto in Les Bords de l’Adriatique nel 1878. Nel 1861 era stato inaugurato alla presenza del re Vittorio Emanuele II il tratto ferroviario Bologna-Rimini e nel 1862 quello Rimini-Ancona, come ricorda Moreno Neri nella prima lunga nota: «Nel breve volgere di qualche lustro lo sviluppo delle strade ferrate nella nuova Italia unita aveva consentito a Charle Yriarte, proveniente dai Balcani, di percorrere a tappe la dorsale adriatica, dall’Istria, ancora tutta austriaca, fino a Bologna, e da qui a Ravenna fin giù a Otranto».
Perché Rimini dovrebbe essere riconoscente a Yriarte? La ragione, che Moreno Neri sviluppò anche su questo giornale online, e in particolare nella rubrica “saluti da Rimini”, è che sulla scorta dei reportage di viaggio di Yriarte «Rimini ha avuto i suoi visitatori celebri: Ezra Pound, Adrian Stokes, Gabriele d’Annunzio, Bernard Berenson, E.M. Forster, Aldous Huxley, Henry de Montherlant, Charles Mitchell, James Laughlin, i primi testimonials della nostra città che hanno contribuito a renderla celebre, anche se i riminesi, provinciali come sono, non lo sanno. Possiamo mettere dei punti fermi: se oggi Rimini è nota nel mondo lo è per Paolo e Francesca e per il Tempio Malatestiano» (qui). Eppure, di fronte a tanta grandezza culturale internazionale, mentre la formazione di fuoriclasse elencata da Moreno Neri è stata bellamente ignorata (e nel caso di Pound anche osteggiata con puntiglio ideologico), pur riempiendosi la bocca di cultura i nostri sapienti politici e grand commis del turismo si sono messi a inseguire calibri molto, ma molto inferiori.

«Portiamo, se possiamo, un po’ di luce sul fatto storico grandemente controverso che è servito da testo per il celebre episodio del V Canto dell’Inferno della Divina Commedia: l’assassinio di Francesca da Rimini e quello di Paolo Malatesta da parte di Giovanni, sposo di Francesca e fratello di Paolo». Questo l’incipit di Francesca da Rimini che nelle prime battute già mette in guardia il lettore: «Questa leggenda, grazie all’incomparabile genio di Dante, ha assunto una vita più reale di quella della storia». E poi il disvelamento dell’impresa investigativa: «noi abbiamo avuto la curiosità di cercare a Rimini, a Pesaro e a Santarcangelo, le tracce di Francesca e di Paolo, e quelle del loro assassino, Gianciotto». La ricostruzione è avvincente e scandaglia la situazione storico-politica al momento dei fatti, le due famiglie, i Polenta e i Malatesta, ma anche il passo di Dante che incastona nella Divina Commedia le due «anime affannate che fluttuano nell’aria» e il commento di Boccaccio. Ma non mancano i ritratti delle figure principali: lo “Sciancato”, Giovanni Malatesta, Paolo il Bello e Francesca. C’è la complessa indagine sulle date «esatte»: la nascita di Francesca, la verosimile età del matrimonio e quella del delitto. Yriarte si occupa anche del coinvolgimento di Dante, che «è un contemporaneo» rispetto ai fatti, «aveva dieci anni il giorno del matrimonio di Francesca e lo Sciancato… e già poetava» e che non «poteva restare insensibile all’emozione che fece nascere un’avventura del genere». Sì, ma «dove l’assassinio ha avuto luogo»? Non a Pesaro, non a Santarcangelo come vorrebbe il monsignore clementino, Marino Marini, e nemmeno a Ravenna. Ne spiega le ragioni, si sofferma sui dettagli, fino a convincersi che «la conclusione dello storico Tonini sarà anche la nostra»: teatro dell’evento fu «la Città di Rimini al Tempo dei Malatesta».
Si diceva delle note, che illuminano il testo e anche qualcosa di più. Moreno Neri: «A proposito di leggende che si fanno e che si vogliono, è facile osservare che Gradara, a 15 chilometri da Pesaro e a 30 da Rimini, non viene neppure nominata. Giacché, anche se poco noto ai più, la localizzazione dell’assassinio nel suo castello è invenzione degli anni ’30 del secolo scorso, basata su una dubbia tradizione popolare» (segue bibliografia). «Questa chiacchiera popolare si rafforzò con strategie di pubblicità turistica nei successivi anni ’50 e ’60 con indubbia generosità o noncuranza da parte della città di Rimini, allora più affaccendata in materiali opere di cementificazione che in quelle culturali (riminizzazione con rapalizzazione sono i neologisimi che indicano l’occupazione selvaggia delle coste con una scriteriata occupazione di edifici, finalizzata alla nascita e allo sviluppo del turismo di massa, a scapito di un equilibrato assetto ambientale e urbano)». Su quest’ultimo punto emerge fra l’altro una totale sintonia di vedute fra Moreno Neri e il prof. Giulio Zavatta (intervento di pochi giorni fa su Rimini 2.0). Continua la nota di Neri: «La stessa rocca di Gradara, con la camera da letto di Francesca che si mostra ai turisti adriatici con il lettone a baldacchino, il leggio senza il libro «galeotto», l’abito trapuntato del secolo decimoterzo sul manichino e l’immancabile botola di fuga, è una Francescaland, un discutibile rifacimento novecentesco ad uso turistico di un maniero con tutti i lessici da pro loco adottati dal culturame retorico».
Yriarte nel suo Les Bords de l’Adriatique mostrava di essere già stato stregato dal bisogno di diradare le nubi sul «dramma terribile consacrato dal canto immortale della Divina Commedia» e aveva compiuto una descrizione della Rocca legata col suo fossato: «…il suolo su cui noi camminiamo intorno alla Rocca era un fossato profondo chiuso da una prima cinta, ed un ponte levatoio dava accesso alla porta che vediamo sul davanti. Prima del 1446, data assegnata dalla bella iscrizione posta al di sopra della porta, si alzava là il palazzo dei Malatesta, palazzo fortificato, roccaforte (castello), che si chiamava Gattolo di Santa Colomba, a causa di una chiesa che si alzava nella parte nord-est e più tardi, Gattolo dei Malatesta. E’ in questo castello che sarebbe accaduto il fatto dell’assassinio di Paolo e Francesca. C’erano sei torri di ottanta piedi d’altezza, un fossato di cento piedi di larghezza e profondo trentacinque. Nel 1625, il papa Urbano VIII lo fece riparare, e gli diede il suo nome: Castello Urbano. Nel 1826, con un atto di barbarie per sempre rincrescioso, si distrusse la prima cinta, si colmarono i fossati, e naturalmente si distrusse il ponte levatoio. Se ne sono fatte prigioni per i misfatti comuni…». Ecco, gli atti di barbarie. Si distrusse… Qualcosa ci dice che il passato non passa e che siamo così arrivati al presente. Dove “tutto si immagina” mentre si dovrebbe solo ricordare: Yriarte, il Gattolo, i Malatesta, Paolo e Francesca… «Nessun altro canto della Commedia intera ha inspirato così tanta attenzione e così tante interpretazioni artistiche» annota Moreno Neri. Da Doré a Rodin, dalla poesia di d’Annunzio e di Jan Neruda alla musica di Rachmaninov, a Borges… Ma ora il Gattolo ospiterà Scureza ad Corpolò. E caddi come corpo morto cade.

Immagine: la copertina del libro a cura di Moreno Neri sulla illustrazione (Avanzi della Rocca: fortezza dei Malatesta, Signori di Rimini) tratta da Les Bords de l’Adriatique di Charles Yriarte.

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